Nella rivista «Comunicazioni
sociali» (Vita e Pensiero, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015, n. 3,
313-322), Andrea Vaccaro, con Postumanizzazione
e divinizzazione, propone un accostamento tra i
fenomeni tecnologici contemporanei e le immagini escatologiche dei Padri della
Chiesa e si sofferma ad analizzare tre aspetti: a) il farsi uno dell'umanità,
b) la dematerializzazione, c) la deificazione.
Riportiamo la parte finale
dell'articolo
c) la
deificazione
Tra gli autori del
farsi uno tecnologico al punto a) non è stato menzionato deliberatamente il
nome di Francis Heylighen, l'autore oggi forse più impegnato nello studio del super
organism o global brain. La sede più adatta per la sua citazione è
infatti proprio questo punto c). Nel suo recente Return to Eden? Promises
and Perils on the Road to a Global Superintelligence (2014) trattando di
questa nuova creatura cosmica, elenca schematicamente le sue quattro peculiari
abilità: onniscienza, onnipresenza, onnipotenza, onnibenevolenza. Gli esiti più
avanzati delle tecnologie più innovative (semantic web, collective
learning, living earth simulator, brain-computer interface, ubiquitous
computing …) fanno presagire all'autore che una condizione di divinità è
a portata di mano per la creatura postumana.
Il già citato
patternista Kurzweil addita la stessa direzione nella sua opera maggiore
sulla Singolarità. Ecco il passo: “L'evoluzione va nella direzione di una
maggior complessità, una maggior eleganza, una maggior conoscenza, una maggior
intelligenza, una maggior bellezza, una maggior creatività e livelli più alti
di attributi fini come l'amore. In ogni tradizione monoteistica, Dio viene
analogamente descritto con tutte queste qualità (…). Perciò l'evoluzione
procede inesorabilmente verso quella concezione di Dio, anche se non raggiunge
mai esattamente quest'ideale. Dunque possiamo pensare che il liberarsi del
nostro pensiero dalle gravi limitazioni della sua forma biologica sia
sostanzialmente un'impresa spirituale”.
La tecnologia
dunque non teme di parlar di una sorta di deificazione.
Dal versante del
giudeo-cristianesimo, chi propende per il 'giudeo' vive con gran timore la
prospettiva del nuovo Adamo che coglie del frutto e della conseguente ira di
Dio; coloro che invece tendono più sul polo 'cristianesimo' confidano con gioia
nel Dio che “brama la divinizzazione degli esseri umani” come insegnava san
Massimo il Confessore. Il concetto della 'divinizzazione' è al cuore della
teologia dei Padri greci, tanto da far dire loro che il vero peccato di Adamo non
sia stato il voler diventare come Dio, ma il credere all'insinuazione diabolica
che Dio sia geloso della propria esclusiva divinità e non voglia condividerla
con essere umano alcuno. Sono certi del contrario sant'Ireneo (“il Figlio
divenne quello che noi siamo, affinché noi potessimo diventare quello che Egli
stesso è”), sant'Atanasio (“il Figlio si è fatto uomo perché noi fossimo fatti
dei”), san Basilio Magno (“l'umanità è nient'altro che una creatura che ha
ricevuto l'ordine di diventare Dio”),
Clemente Alessandrino (che conia l'espressione), Origene, Cirillo d'Alessandria, Dionigi l'Areopagita e
molti altri che all'unisono cantano l'admirabile commercium di un Dio
che scambia la propria divinità per la corruttibilità dell'umano, e non lo fa
certo per guadagno.
Quando i cristiani
apprensivi additano al pericolo di un'umanità che vuol farsi Dio senza Dio o,
peggio, contro Dio, non tengono bene in conto che tale divinizzazione non potrà
mai accadere né 'senza Dio' (perché 'ormai' Dio c'è), né 'contro Dio' (perché
Dio più di tutti la vuole e, dunque, come potrà non accadere?).
Verso la
divinizzazione, via tecnologia, sembra introdurre anche la Gaudium et Spes
n. 33, quando sostiene che “specialmente con l'aiuto della
tecnica ... molti beni, che un tempo l'essere umano si aspettava dalle forze
superiori, oggi se li procura con la sua iniziativa e con le sue forze”. I beni
impetrati al Cielo hanno qualcosa di molto simile al concetto di 'miracolo
divino'.
E infine ci sono le descrizioni
escatologiche. Una delle principali caratteristiche dei corpi risorti sarà il
'sapere tutto': sarà a disposizione, si legge ne La città di Dio XXI,
21, “la scienza di tutte le cose, perché si potrà attingere alla fonte del
sapere”; Bruno d'Asti, nella sua Expositio in Apocalypsim II, 8 spiega:
“Aperto il settimo sigillo è fatto silenzio in Cielo perché non sarà più
necessario parlare l'un l'altro: tutti, infatti, sapranno tutto”; Cassiodoro,
nel De anima XII, entra nel dettaglio: sarà acquisito senza studio il
contenuto di ogni disciplina, “quanto è grande il numero, la discrezione delle
linee, l'armonia della musica, il moto degli astri ...”. Motori come
Wolfram/Alpha non ci offrono al momento tutto lo scibile immediatamente, ma gli
attimi di attesa non sono poi così lunghi. Aldilà delle specifiche nozioni
disciplinari, poi, i beati avranno un'altra prerogativa conoscitiva secondo La
città di Dio XXI, 29: “anche i nostri pensieri si apriranno
scambievolmente”. E intanto il settore del mind reading o thought
identification (John Dylan-Haynes, Jack Gallant, Gerwin Schalk …), mira a
decifrare ciò a cui una persona sta pensando analizzando, via computer, le aree
del cervello attivo. L'attiguo esperimento, in cui eccelle Henrik Ehrsson
dell'Istituto Karolinska di Stoccolma, del cosiddetto 'scambio dell'io' -
tramite la deviazione delle percezioni del sé fisico - rinvia invece alla
domanda del discente curioso dell'Elucidarium (III, 17) di Onorio: “I
beati possono dunque fare quello che vogliono. E se io volessi essere come
l'apostolo Pietro?”, a cui il maestro spiega: “Essere simile a Pietro sì,
essere lui stesso no”. Lo stesso maestro spiega che il santo in paradiso è
“tanto onnipotente da poter creare un nuovo mondo” (non lo farà solo perché il
bene che sta provando è così perfetto che non è neppure immaginabile uno
migliore). La casistica parallela è corposa: il programmatore Tom Pittman, in Deus
ex Machina, confessa che, in certi momenti cruciali del suo lavoro: “io che
sono cristiano sento di potermi avvicinare al tipo di soddisfazione che deve
aver sentito Dio quando creò il mondo”, e così ratifica l'antropologo Stefan
Helmreich quando, visitando i laboratori di Vita artificiale di Santa Fe,
apprese che per i programmatori di “Tierra”: “descriversi come una specie di
dio è strategia frequente e un ricercatore mi chiese esplicitamente di 'pensare
teologicamente per un momento'”. Gli esempi abbondano. Aubrey de Grey, il
paladino della 'guerra all'invecchiamento', pronostica un imminente
ringiovanimento cellulare che donerà la perenne giovinezza e gli esperti del
paradiso, compreso san Tommaso, sono convinti che l'età dei corpi risorti sarà
al vertice della parabola delle energie vitali, intorno ai trentatré anni
insomma. Pier Damiani, nell'Opusculum quinquagesimum (XV),
prevede che “tutti gli elementi obbediranno interamente alla felicissima
volontà dei santi” e Eric Drexler, pioniere della nanotecnologia, assicura che,
intervenendo a livello atomico, possiamo trasmutare il vile in prezioso e il
malato in sano.
L'elenco potrebbe continuare.
Conclusione
È teologicamente entusiasmante
notare come, in quest'epoca tra umano e post-umano, le descrizioni
escatologiche dei Padri, sempre credute dai cristiani, ma fino a poco tempo fa
inimmaginabili, stiano acquisendo, in virtù degli avanzamenti tecnologici, una
forma 'possibile'. Certo tra le due realtà sussistono ancora molte differenze,
ma occorre considerare che si tratta pur sempre di tentativi umani di
“affrettare” il Regno (2Pt 3, 12) mentre sarà la Trascendenza a fare il resto.
Una Trascendenza che mantiene sempre le sue promesse, anche se in forme non
proprio aspettate, come l'avvento del Messia ha insegnato.
Dalla prospettiva della
divinizzazione, il fenomeno del postumano perde così tutti i suoi caratteri di
inquietante arroganza per apparire perfino troppo timido e avaro di fantasia e
di desiderio: sono le promesse postumane a impallidire dinanzi alle promesse
cristiane deificanti, e non viceversa.
Il Dio che brama la
divinizzazione dell'essere umano e che non si perita a chiamare ogni tipo di
vignaiolo riconduce provvidenzialmente l'attenzione sul punto omega della
storia. Il postumano, in questa ottica, non è affatto una minaccia, ma un utile
richiamo e uno stimolo, oltreché, come premesso, una rassicurante
prefigurazione.