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La democrazia attiva: una questione di presenza

Creato il 19 marzo 2010 da Dallomoantonella

   La democrazia attiva: una questione di presenza

Ciao  a tutti.

Questo  articolo vorrei dedicarlo  a quell’appuntamento   che tra poco ci chiamerà  tutti  a  votare,  ossia alla nostra ordinaria  scadenza  che c’invita alle urne.

Che dire? Le votazioni  appena  conclusesi in Francia  hanno denunciato  un preoccupante  astensionismo ( uno su due degli  aventi diritto al  voto  non è andato a votare);  in Iraq, dove si sono svolte per la prima volta delle libere elezioni  (per quanto  si possano definire  libere  visto che, ma era prevedibile, sono stati riscontrati innumerevoli  imbrogli, da parte dell’interessato  di turno, sia  in fase di espletamento del voto che  in fase di scrutinio elettorale)  la gente è andata comunque a votare anche sotto la minaccia  delle bombe.

Ecco cosa riportava  martedì 9 marzo L’unione sarda in proposito al tentativo  di Bin  Laden  di scoraggiare  il voto: “Le sue minacce per far fallire le elezioni non hanno funzionato. L’affluenza alle urne, è stata del 62,4 per cento, ha reso noto in serata la commissione elettorale. E ci sono state anche punte di oltre il 70 per cento in alcune zone delle province sunnite di Diyala, Salaheddin, al-Anbar e Ninive. Uno smacco per il ramo iracheno dell’organizzazione di Osama bin Laden, che aveva ammonito a non andare a votare, pena la morte, “in particolare nelle zone sunnite”.

Anche se è presto  potere  asserire che in Iraq le cose stanno  seriamente cambiando,  di certo si può  quantomeno  sostenere  che il primo passo è stato fatto.

Cosa significa tutto questo?  Che mentre  nei paesi dove la democrazia è una normalità   il cittadino ha perso in modo  significativo   il proprio interesse ad esprimere  la propria  idea  politica,  nei paesi dove la democrazia  deve fare ancora tutto il suo percorso  la gente non può ovviamente essersi stufata  a fare qualcosa che non ha mai   fatto o che deve ancora imparare a fare.

Per la cronaca,  questo non ci può  consolare. E infatti non ci consola.

Non vorrei ripetere  la solita paternale  che  ci direbbe  che è importante andare a votare, che l’esercizio  del voto è un diritto-dovere, che non andando al voto ci sottraiamo  alle nostre personali responsabilità, che poi non si può avere nessun diritto di lamentarsi, che l’incuria politica  dei nostri politici non è una scusante al nostro disinteresse e alla nostra demotivazione, che se non si va al voto non sì è nemmeno  di buon esempio ai giovani che già di per sé  ne avrebbero di motivi per essere totalmente assenti  a  questo loro impegno…

Cerchiamo allora di comprendere dove starebbe il vero male, dove risiederebbe  la fonte  del vero disagio  politico  che attraversa più o meno   tutte le maggiori  democrazie  in Europa e non solo.

Credo che il lettore già abbia una sua idea più o meno chiara  sulle ragioni che portano i cittadini a rinunciare al voto;  vediamo se corrispondono  con le mie:

  1. innanzitutto l’alto grado  di corruzione  del governo a tutti i suoi livelli, locali e centrali
  2. seguirebbe   il basso grado della politica  che ha raggiunto aspetti  talmente   sconfortanti  da rasentare l’indecenza
  3. al terzo posto metterei  l’anomalia tutta italiana d’avere  un Primo Ministro  che è anche  proprietario  di una vasta rete di stampa e d’informazione, oltre che chiamato a rispondere di un evidente  conflitto d’interesse
  4. al quarto metterei l’incapacità, anche questa tutta italiana,  della forza politica stante all’opposizione d’elaborare una strategia di   contrasto e di confronto  che sappia essere  unitaria e produttiva
  5. al quinto  l’interferenza e la collusione, anche questa tutta italiana se si parla di mafia, della malavita organizzata  con le politiche territoriali
  6. può seguire  un livello di  istruzione  generale  del Paese che risulterebbe essere   ad oggi tra i più bassi in Europa
  7. al settimo posto ci può stare   la complessità  storica generale dell’ultimo  ventennio,  portatrice di grandi cambiamenti, di sconvolgimenti  e mescolanze  planetarie  dove i vecchi equilibri  sono stati rimessi in gioco  da nuovi fattori e nuove esigenze, il tutto però  nell’immobilismo tutto italiano  delle vecchie  problematiche.
  8. non si può trascurare  di pari passo  la stessa obiettiva complessità della gestione della cosa pubblica che richiederebbe  non banalmente  corsi di formazione e di scambio formativo   per lo più assenti o inutili,  ma più severamente capacità da parte delle amministrazioni locali di rinnovamento  continuo e di puntuale e severa autoanalisi (il rigore eticomancante ogni dove)
  9. non ometterei  la complicazione, sempre tutta italiana,  d’avere un passato storico  che attraversa l’ultimo sessantennio   profondamente travagliato  e attraversato da conflitti di ogni sorta ( oltre la rivoluzione giovanile,  vedere  il terrorismo politico locale,   le logge massoniche,  gli scandali finanziari  ad esse collegati, la debolezza di governo, la disparità mai risolta del paese, gravemente  diversificato tra nord e sud…ma ancora più concretamente, lo slacciamento tra vita politica e vita reale, la cultura dell’omertà che purtroppo attraversa trasversalmente non solo le istituzioni ma il sentire comune, la cultura della violenza e del disimpegno che sembra iniziare e dare i suoi primi segni preoccupanti già in età adolescenziale), tutte questioni che per quanto in parte remote, di fatto hanno contribuito e contribuiscono a formare nel tempo una certa insensibilità ed incapacità di affezione e di interesse  pubblico partecipato continuo e sensato  verso  il tema che stiamo trattando
  10. chiuderei  l’analisi  delle possibili  motivazioni all’assenteismo  di massa  con  quello che in genere gli stessi addetti ai lavori  dicono per se stessi,  ossia quando dichiarano in anteprima  che non andranno a votare  per la ragione stessa  di  non sentirsi rappresentati ( e che lo dicano loro  non è  incoraggiante né corretto)

Inutile  ribattere ad  ognuno di questi  punti  che  nessuna presumibile argomentazione (né tra quelle espresse, né tra quelle non espresse) giustificherebbe  l’assenteismo. Nemmeno l’unica  condizione   concepibile al non voto, ossia   la presenza in atto di uno stato di dittatura feroce o mascherata   che non permettesse di per sé  l’affluenza  regolare alle urne, giustificherebbe tale  assenza, visto  che   lo stesso Iraq  ci ha appena insegnato  che dove questo accade,  la popolazione accorre al seggio  più che mai desiderosa  di esserci, di fare la sua parte, di  rendersi protagonista.

Ognuno faccia il prossimo 28 e 29 marzo  quel che crederà ovviamente opportuno,  vista l’assoluta   libertà  di  scelta  e di  espressione ancora esistente in Italia, nonostante  quel che se ne dica, ma personalmente  credo che votare  sia sempre meglio che non farlo, in quanto è un segno di per sé  di civiltà, di responsabilità e di democrazia attiva.

Non sia mai  che si debba  tornare  a  condizioni   in cui  rimpiangeremmo  tutta questa nostra  indubbia  quanto  sprecata libertà;  comprendo che  anche votando spesso non cambia nulla o cambia troppo poco o si rischia di cambiare in peggio, ma ritengo che il troppo poco  è meglio del niente, il nulla è meglio del peggio  ed il  peggio   potrebbe risultare utile  a  far maturare scelte  significative.

Comprendo  anche i sostenitori che denunciano   al contrario il bavaglio alla libera espressione; quelli che sostengono che non c’è affatto libertà  e che staremmo di fatto in una dittatura; a maggiore ragione  visto che questa sarebbe una dittatura  che per ora non ci viene  a prendere in casa per sbatterci al confino o nelle patrie galere,  ma che avrebbe  solo la pretesa di impedirci di parlare quanto vorremmo  e di impedirci di lavorare  come vorremmo,  è estremamente importante che abbia ad essere fermata e modificata,  prima che possa degenerare  in forme assai più gravi di intolleranza,  proprio con l’accorrere   numerosi alle urne.

Infatti  come esprimere  fermamente questo disagio se non andando a votare?

Così come il disagio che vivrebbe la destra  di sentirsi minacciata  da un’opposizione  che getta discredito  sul governo secondo necessità e che utilizzerebbe  una certa magistratura di sinistra  per i propri scopi  personali, potrebbe venire  ostacolato sempre con il rinnovo del voto e non certo con l’assenteismo (per chi la pensa ovviamente in questa maniera).

L’assenteismo  a mio avviso non farebbe  male alla destra che rischierebbe  di perdere voti,  ma farebbe male a tutti,  credo  ancor di più a chi a volesse  il   cambiamento.

Le cose non si cambiano da sole.

E’ semmai  vero che non è solo andando  al voto  che i vari problemi  esistenti  potranno essere migliorati;  votare qualcuno che ci dà  seriamente  fiducia  non è che il primo  passo verso  un qualcosa  che ha ancora tutto  da essere costruito; se l’esercito degli incompetenti, degli arruolati  solo per  caso e per  diritto di parentela o dei furboni del quartierino  che  si buttano in politica solo per trovare un posto   sicuro a costo zero non  viene in qualche modo  fermato o combattuto,  tale  esercito avrà la possibilità di continuare indisturbato il proprio  scempio…

E  se le regole del gioco non vengono cambiate  alla fonte,  il  gioco continuerà perverso a mietere i suoi danni.

La prima regola  non è avere un programma elettorale  serio  e  costruttivo per il bene comune,  che si abbia  fermamente intenzione di portare a termine una volta eletti?

Come dunque  asserire  che votare non serve?

Votare piuttosto  non serve   quando si ha già la ferma  convinzione  che i programmi presentati sono fasulli, sono sbagliati  o sostenuti  da  rappresentanti   inadeguati.

Solo in quel caso sarebbe legittimo non votare, o meglio,  esprimere sempre votando o manifestando   in maniera inequivocabile  il proprio  totale  disappunto.

 Non mi resta che augurare a  tutti  un buon auspicio  di scienza e coscienza   per  il prossimo  incontro  elettorale, anche se pensare di potere risolvere anche solo qualcosa  attraverso questa semplice operazione è senz’altro utopistico  e illusorio.  Abbiamo visto che serve ben altro.

Istruzioni per il voto 

fax-simile delle schede elettorali 2010


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