di Michele Marsonet. Emilio Raffaele Papa ci offre una sintesi efficace dei dibattiti che su questo tema vede impegnato il pensiero occidentale sin dalle sue origini. Il problema è che, come nota subito l’autore, quando si tratta di democrazia tutti si sentono autorizzati a dire la loro senza remore. Se si chiede quale sia l’esatto significato di uno dei termini più utilizzati nel nostro linguaggio quotidiano, anche agli studiosi non viene in mente di fornire un’adeguata definizione scientifica. E, del resto, di adeguatezza in questo caso è arduo parlare considerata la molteplicità dei punti di vista in gioco.
Si tende invece a “ribattere semplicemente che tutti sanno quali sono i principi che rendono riconoscibili i valori della democrazia; difesi da maggioranze, le quali liberamente si affermano e governano alternative nel rispetto delle minoranze” (p. 7).
Naturalmente così non è, altrimenti i dibattiti cui accennavo prima sarebbero già terminati da un bel pezzo, e oggi potremmo starcene tranquilli ad applicare i principi della democrazia piuttosto che discuterne in continuazione e senza posa. Non è così proprio perché “il regime democratico si è, in effetti, venuto disegnando nell’immaginario popolare come una risposta quale ognuno può intenderla dentro di sé; e che lo porta a dire, come per istinto a proposito di un determinato comportamento ch’egli voglia giudicare: questa è democrazia, oppure, questa non è democrazia”.
Le risposte istintive, tuttavia, in questo come in altri campi, possiedono sì un loro valore, ma non giungono ad approfondire la questione. A ciò si aggiunge il fatto che, nella nostra epoca, il significato della parola si è progressivamente esteso. Valga per tutti il caso dei “diritti umani”, per un certo tempo considerati fissi e inalienabili.
Osserva però l’autore che oggi scienza, tecnica ed economia hanno “prodotto” un’altra serie di diritti che gli uomini avvertono e vogliono conquistare, con una conseguente frammentazione che rende la discussione ancor più complicata di quanto fosse in precedenza.
Il libro, pur di dimensioni ridotte, tocca tutti i temi relativi alla democrazia e i principali autori che ne hanno trattato a livello storico, filosofico, politico e giuridico, fornendo pertanto al lettore un quadro esaustivo e facilmente consultabile.
Dal mio punto di vista trovo particolarmente efficaci le sintetiche riflessioni che Papa dedica al problema dei rapporti tra informatica e democrazia. Qui siamo sul piano della più stretta attualità, come le recenti vicende politiche italiane dimostrano con dovizia di esempi. Scrive infatti che “alla riscoperta e all’innovazione di strumenti istituzionali tipici di forme di esercizio della democrazia diretta, apre ulteriori spazi – senz’altro rivoluzionari, secondo i più accesi sostenitori di sempre nuovi e sempre più importanti approdi della scienza informatica – lo sviluppo in atto di mezzi posti a disposizione dalla tecnologia al mondo della vita politica” (p. 109).
L’impressione diffusa è che tali sviluppi garantiscano un riscontro immediato della volontà politica popolare. La Rete, in questo senso, favorirebbe l’emergere di esigenze sempre nuove di partecipazione e di spazi sempre più ampi per il loro utilizzo.
Come spesso avviene nel mondo umano, le cose sono però meno semplici di quanto s’immagina. L’assimilazione della Rete alla “agorà” ateniese è piuttosto azzardata, se si pensa che in quest’ultima “parlare significava affrontare di presenza le conseguenze di quanto si diceva: con la propria persona, con il proprio coraggio, fisico e intellettuale; significava comunicare con quanti erano dinanzi e accanto”.
Che tutti siano uguali quando navigano in Internet, in effetti, è vero solo fino a un certo punto, giacché non è possibile risolvere con un gesto meccanico compiuto su una macchina un problema che meccanico non è. I vantaggi ci sono, bilanciati tuttavia da svantaggi di analoga (o maggiore) portata.
Ecco i motivi che inducono a rilevare che la tecnologia informatica non deve servire per attrarre le masse in un gioco comunicativo che possiede tutti i rischi dell’illusorietà: “non si può dimenticare che trasmettere tecnologicamente un pensiero è come vedere un fiore senza sentirne l’odore”. Un invito, quindi, a non confondere la Rete con il mondo reale, invito che purtroppo è spesso disatteso.
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