Magazine America

La despensa solidaria

Da Darioanelli @dalmessico
La despensa solidaria
Un giorno la mia alunna Mitzi (nome inventato), studentessa di medicina, si unì ad un gruppo di dottori e li aiutò a raccogliere dati relativi alla salute in una comunità poco distante da Aguascalientes.
Fu un'esperienza importante perché, quella sera, Mitzi rifletté a lungo. In seguito, mi riferì che aveva pensato alla situazione prospera della sua famiglia e l'aveva confrontata con quella ben più misera degli abitanti della comunità.
Ciò le aveva causato una certo malessere. La famiglia prospera doveva qualcosa alla famiglia povera o poteva continuare a vivere come se niente fosse?
A Mitzi venne un'idea. Si avvicinava il suo compleanno così chiese ai suoi genitori di non farle regali ma di darle dei soldi per realizzare il suo progetto. Sensibilizzò anche i compagni di classe che apportarono altro denaro. Coinvolse suo fratello perché guidasse il pick-up e andò al supermercato a comprare genere alimentari di prima necessità: olio, riso, fagioli ecc.
Mitzi voleva preparare delle “despensas”, cioè delle provviste di base per le famiglie povere. Una ragazza che lavorava ai servizi sociali le aveva dato una lista di famiglie bisognose.
Il gran giorno Mitzi andò con suo fratello alla comunità con il suo carico di “despensas”. Una serie di foto pubblicate su facebook testimoniano l'evento.
Si vede un gruppo di signore e di bambini in attesa. Vi è la distribuzione degli alimenti già divisi nei sacchetti e infine le signore che parlano tra loro reggendo le sporte mentre i bimbi giocano e si rincorrono. Non manca poi la scena della gratitudine nella quale le signore abbracciano Mitzi e la benedicono.
Le avranno detto: “Gracias, que Dios te benediga”, grazie che Dio ti benedica, “Iras al cielo”, andrai in paradiso e altre frasi gentili.
Mitzi se ne tornò a casa tutta contenta. La scomoda sensazione di dover qualcosa per la sua situazione agiata era scomparsa. Ora si sentiva utile e altruista: aveva compiuto un atto d'amore disinteressato, utilizzando i soldi del suo regalo di compleanno e le offerte degli amici.
Scrisse anche una riflessione su facebook ringraziando tutti. E la cosa finì lì.
In effetti le famiglie di quella comunità hanno potuto mangiare una settimana ma rimane in sospeso un quesito: sono diventate un po' meno povere?
Innanzi tutto bisogna capire che cos'è la povertà in Messico. Qualcuno potrebbe facilmente confonderla con la generale mancanza di soldi.
In realtà la situazione è diversa. La povertà è un'orizzonte psicologico limitato è, se vogliamo, una serie di abitudini, valori, comportamenti, credenze, che hanno come conseguenza la non prosperità. Tutti i guru che scrivono sulla ricchezza dicono che i soldi sono un concetto astratto e la ricchezza è un modo concepire la vita. Qui sono d'accordo con i guru.
Il tema è senza dubbio complesso, il mio contributo sul tema si basa solo su osservazioni della vita quotidiana. Vediamo di descrivere un povero messicano dal punto di vista delle sue abitudini.
1) Un povero al 90% è figlio di poveri e conosce la povertà e le sue dinamiche sin dall'infanzia. Ciò che non conosce è il comportamento delle persone abbienti che vede come persone baciate dalla fortuna e quindi meritevoli di invidia.
2) Un povero frequenta le scuole pubbliche e termina gli studi presto. In genere la sua istruzione si limita a saper scrivere e leggere a livello elementare. Alcuni sono analfabeti. Difficilmente un povero legge libri e giornali. Un povero non riesce ad esprimere un'idea astratta e non ha ben chiaro il concetto di causa e effetto. Quando diventa adulto non incoraggia i figli a studiare.
3) Un povero si alimenta male. In genere in Messico è più facile incontrare poveri obesi che magri. Amano consumare bibite gassate, cibi grassi e salati. Molti soffrono di diabete, di pressione alta e di insufficienza renale. Non sono del tutto consapevoli che la loro dieta è la causa di malattie del metabolismo purtroppo molti di loro muoiono relativamente presto.
4) I poveri si vestono da poveri. Che c'è di male in questo? E soprattutto come potrebbero fare diversamente? Come sapete “l'abito fa il monaco”, anche in Messico. Non parlo di marche o di vestiti eleganti. Molti poveri si presentano ai datori di lavoro vestiti da delinquenti con cappellino all'indietro, jeans larghi e magliette cinque taglie più grandi il che li classifica adatti solo per lavori di bassa manovalanza.

5) Il povero ha uno strano concetto della religione.
Dio e i santi sono entità soprannaturali che fanno favori se li preghi e sono responsabili di ciò che ti succede in vita. Hai otto figli e sei disoccupato? “Es que Dios asì lo quiso.”, Dio ha voluto così.
6) Il povero non è molto disciplinato. Hai voglia di fare festa? Fai festa. Hai voglia di comprarti un cellulare ultimo modello? Compralo a credito. Sei stanco e non vuoi andare al lavoro. Non ci andare. Lavori in una casa e vedi una piccola somma di denaro? Te la prendi. Queste gratificazioni nel corto periodo, purtroppo precludono quelle di medio e lungo periodo.
7) Il povero ama le droghe. Tutti le amano, è vero. Tuttavia, una persona in questa situazione che beve, o sniffa solventi finisce in un tunnel di disperazione che spesso lo porta ad atti estremi come il suicidio. Un paio d'anni fa ad Aguascalientes si impiccava una persona al giorno.
8) Il povero fa tanti figli. In Messico ci sono molte madri adolescenti che si sposano con ragazzini immaturi con i quali generano altri figli. Spesso, ad un certo punto, i mariti si allontano e le ragazze con i bambini ritornano a vivere con la loro famiglia materna. Questi bambini crescono sapendo di non essere voluti e ciò causa in loro forti problemi di autostima che poi si manifestano con atteggiamenti aggressivi o autodistruttivi.

9) Il povero può far comodo al narcotraffico.
Immaginate che a una persona in queste condizioni si offra al mese quello abitualmente guadagna in un anno. La carriera di chi lavora nel narco dura in media tre anni, poi si prendono una pallottola ma tutto sommato, secondo loro, è una bella vita.

10) Il povero guarda oltre la frontiera.
Gli Stati Uniti sono visti come il paradiso. Solo che andare negli Stati Uniti alla ventura spesso si traduce a vendersi come manodopera a basso prezzo senza alcun diritto.
Potrei andare avanti ma il concetto è chiaro. Ora non immaginatevi i poveri come persone perverse o sgradevoli. Anzi, proprio queste persone con i limiti che ho descritto sono capaci di autentici gesti d'amore e di generosità. Gli europei che li incontrano subito pensano: “Qui c'è qualcosa che in Europa abbiamo perso”. Ed è vero. E' un paradosso incredibile.
Ci sono persone che sono nate povere e che sono riuscite a superarsi. Capite che uscire da uno schema mentale richiede molta energia, come un razzo spaziale che esce dall'atmosfera. Uscire dalla propria zona di comfort con risorse limitate è un'impresa coraggiosa. Ma non pensate che solo in Messico ci siano mentalità limitanti. Quanti in Italia sono disposti a mettere da parte il sogno di un impiego modesto ma stabile per diventare imprenditori o dei free-lance?
Anche se il contesto messicano e diverso da quello italiano, il meccanismo psicologico è lo stesso.
Torniamo quindi a Mitzi e alle sue despensas. Quanto, alla luce di ciò che ci siamo detti, gli aiuti materiali possono migliorare la situazione delle persone? Poco, al massimo aiutano a tirare avanti una settimana o due ma difficilmente un povero abbandona le forme di pensiero limitanti.
Possiamo dire che meglio questo che niente e forse è vero. Mitzi, con tutta la sua buona volontà, non poteva fare di più.
Mi viene in mente la storia che mi raccontò un'anziana psicologa messicana. E' una storia orientale, senza dubbio. Eccola.
Un maestro era in viaggio in compagnia del suo allievo. D'un tratto l'allievo vide una casupola modesta e la indicò al maestro. I due si avvicinano e il capofamiglia andò loro incontro.
“Sedetevi” li invitò. “La nostra casa è molto povera. Viviamo del latte che ci da la nostra unica vacca”.
C'era, lì vicino, una vacchetta magra magra che brucava l'erba. L'allievo domandò al maestro: “Come possiamo aiutare questa gente?” e il maestro rispose: “Questa notte prenderai la vacca e butterai nel precipizio.”
“Ma maestro!”
“Fallo!” A malincuore l'allievo prese la vacca e la buttò nel precipizio, poi i due continuarono il viaggio.
Un anno dopo l'allievo fece ritorno e vide che la famiglia aveva prosperato.


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog