A breve nella campagna della Loira, il grande ritorno
Avevo quattordici anni e stavo seduta su uno scatolone del nostro appartamento nel varesotto, nel caldo soffocante del luglio padano. Non ero più abituata a quel caldo. A Bruxelles non capitava quasi mai di sudare ancora a mezzanotte.Immersa negli scatoloni del trasloco scrivevo nel mio diario che avrei continuato a suonare il violino, anche se ci eravamo trasferiti. Che però l'unica opzione sembrava il conservatorio, e il conservatorio abbinato al liceo mi sembrava troppo pesante. Che c'erano un sacco di interrogativi su come avrei gestito e mie giornate, ora che sarei andata a scuola solo fino alle dodici.
Iniziai in quel momento a sentire tutta la pesantezza italica gravare sulle mie ambizioni.
D'allora in poi, durante tutta la mia permanenza nel Belpaese, se mi veniva in mente che volevo fare una cosa si apriva immediatamente un coro greco dietro che diceva "seeee...lascia stare. E' impossibile perché ..."(riassumendo: perché siamo in Italia)".
Una ventagliata di sfiducia cosmica, un freno a mano costante che intimava un'unica azione possibile: accettare e mantenere lo status quo. E infatti il violino lo mollai poco dopo. Non c'era il contesto, la mia motivazione non ancora abbastanza temprata per resistere al contesto.
Sedici anni e svariate battaglie dopo, atterrai di nuovo all'aeroporto di Zaventem. Istantaneamente, quella stessa pesantezza svanì. La sentii quasi salire sul volo di ritorno per Malpensa con la coda tra le gambe.
D'improvviso, quando volevo fare una cosa - piccola o grande - il riflesso condizionato era tornato ad essere "e allora rimboccati le mani e falla". Le sfide tornavano ad avere un senso, quando i risultati si potevano rapportare a ragionevoli investimenti di energia.
E' per quella me quattordicenne seduta sullo scatolone che io ci resto, qua.
Ci ho pensato molte volte, a quello che mi ha tenuta legata a questa città negli ultimi quattro anni. A quell'àncora che è rimasta salda anche nelle peggiori tempeste. Sta tutta in una differenza.
La differenza fra le parole sfiducia e possibilità.