Uno dei più importanti aspetti della critica, sviluppata dall'Internazionale Situazionista (IS), riguardava il problema della rappresentazione della classe operaia nelle lotte rivoluzionarie. Anche se la consapevolezza di tale problema, esisteva già fin dall'avvio del progetto, l'IS si concentra su di esso dopo il 1961, quando intraprende il suo periodo di attività che avrebbe portato agli eventi del maggio 1968. L'orientamento in tal senso, corrisponde all'arrivo nell'IS di un nuovo membro, Raoul Vaneigem, che più tardi sarà l'autore del "Trattato del saper vivere ad uso delle nuove generazioni" (1967), e col periodo immediatamente successivo allo sciopero generale in Belgio del 1960-61. Il fatto che Vaneigem provenga da un luogo e da un tempo specifico, il Belgio industriale del XX secolo, e che arrivi in questa storia in un momento particolare, è sempre stato trascurato dalla letteratura critica. Ma è attraverso questo contesto - il momento in cui emergono i problemi legati alla rappresentazione della classe operaia e alla rivoluzione - che può essere compreso il nuovo orientamento dell'IS, che porterà il gruppo ad influenzare gli eventi del maggio 1968.
Raoul Vaneigem, nato il 21 marzo del 1934 al n°9 di Rue des Carrières a Lessines, nella provincia di Hainaut, Belgio, era figlio unico di Marguerite Tilte e di Paul Vaneigem, operai. Il nome della strada in cui era nato conservava un certo simbolismo, dal momento che prendeva il nome dalle vicine cave di roccia ignea, le quali definivano la vita dei circa novemila abitanti di Lessines, così come facevano le miniere di carbone nella vicina area di Le Borinage. Il padre, Paul, era un lavoratore delle ferrovie ed un socialista convinto impegnato nel sindacato che condivideva la locale tradizione anticlericale. La lotta di classe è per Raoul Vaneigem, fin dall'inizio, un contesto familiare. Il padre ha preso parte alla Resistenza nel corso dell'occupazione nazista, e lo stesso Raoul ricorderà un particolare raid aereo come momento formativo della sua prima consapevolezza critica della barbarie capitalista. La sua prima esperienza diretta della violenza politica avviene quando assiste all'esecuzione di alcuni collaborazionisti, dopo la Liberazione.
Nel 1940, la famiglia Vaneigem si trasferisce ad Houraing, un sobborgo di Lessines, che Raoul ricorda come lo spazio sociale in cui si forma la sua identità di classe di adolescente. L'area era soprannominata "la piccola Russia" dalla borghesia locale, a causa della massiccia presenza di un sottoproletariato 'bolscevico'. Raoul partecipa alle organizzazioni giovanili comuniste. La "Maison du Peuple", è un altro punto importante dell'organizzazione della classe operaia e dell'attività culturale. Il suonare la tromba nella locale banda di ottoni, "Les Prolétaires", insieme ad altri aspetti di una classe operaia con una propria cultura e propri valori, vengono visti, nella parte autobiografica degli scritti di Vaneigem, con una certa, seppur disincantata, nostalgia. Cosa che mostra come Vaneigem, comunque, facesse parte di una comunità che era consapevolmente proletaria e, in un qualche senso, anticapitalista, almeno nella sua prospettiva. Per questo, c'era un motivo storico-sociale: Hainaut era stata la prima regione del continente ad aver subito la Rivoluzione industriale. Per tutto l'ottocento, e anche nel novecento, le condizioni lavorative, ed i salari, erano stati i peggiori di tutta l'Europa occidentale. L'industria pesante che dominava l'occupazione nella regione era fisicamente estenuante ed estremamente pericolosa. Le malattie legate al lavoro e gli incidenti mortali erano all'ordine del giorno. Ogni anno, morivano letteralmente centinaia di uomini nelle industrie estrattive di Hainaut. Nel 1932, per esempio, rimasero uccisi non meno di 210 operai solo a Le Borinage, mentre nel 1956, ne morirono 262, in un unico disastro minerario a Charleroi, non lontano da Nivelles, dove, allora, Vaneigem lavorava come insegnante. Le cave di Lessines erano altrettanto pericolose. In una descrizione della sua città natale, Vaneigem cita un suo concittadino, il poeta surrealista Louis Scutenaire: "Durante la mia infanzia non consideravo la morte una cosa normale, salvo per i suicidi e gli incidenti nelle cave". Vaneigem aggiunge, attingendo alla propria esperienza, "Quando passava un funerale, la gente era solita chiedere: 'Dé Ké Trô' (in quale buco?)". Non era un osservatore di queste tragedie; lo interessavano personalmente. In uno dei passaggi più commoventi di una delle sue ultime opere ("Entre le deuil du monde et la joie de vivre"), descrive la sua reazione alla morte di un caro amico, 'Grand Belin', un ragazzo più grande di lui che morì cadendo da trenta metri mentre scalava la roccia per piazzare la dinamite: "La morte di Grand Belin mi ha fatto giurare solennemente di 'settembrizzare' (fare un'esecuzione di massa, come nei massacri del 2 e del 5 settembre 1792) i padroni e gli sfruttatori e di vendicare con un massacro dissuasivo gli olocausti quotidiani del capitalismo. Il ricordo di quei giorni di rabbia e di angoscia mi sono tornati in mente mentre scrivevo, con le parole di un furore mal contenuto, un opuscolo per l'abolizione della società delle merci e per la creazione di una società vivente." Qui, Vaneigem collega questa esperienza profondamente personale di perdita diretta alla sua critica del capitalismo e ai suoi tentativo di vincere contro di esso. Questo genere di esperienze traumatiche direttamente vissute erano ciò che definiva la vita quotidiana per la classe operaia di Hainaut. Per Vaneigem, molto chiaramente, era questa forma industriale di alienazione a dar forma alla coscienza della popolazione locale, dando loro un vantaggio radicale che andava oltre il contesto locale. Infatti, dalla metà del 1800 in poi, i lavoratori di Hainaut guadagnano velocemente una reputazione internazionale per il loro estremismo e, significativamente, per la spontaneità delle loro lotte. In un saggio sul surrealismo, Vaneigem fa riferimento ad uno dei più drammatici esempi di questa storia insurrezionale. Il 18 marzo del 1886, a Liegi si tiene una manifestazione degli anarchici per commemorare l'anniversario della Comune di Parigi del 1871. Ben presto, la manifestazione si trasforma in una sommossa con saccheggi da parte della popolazione operaia locale. In solidarietà coi lavoratori di Liegi, gli operai di Hainaut rispondono con una raffica di scioperi a gatto selvaggio ed atti di vandalismo. Circa 800 lavoratori, a Charleroi, distruggono i macchinari ed altre proprietà. A Jumet, una vetreria viene bruciata insieme al castello del proprietario. Lo sciopero, che rasenta una situazione rivoluzionaria, finisce solo con l'intervento dell'esercito, che spara sui lavoratori in sciopero. Vaneigem si colloca, nella sua autobiografia, in questa lunga linea di radicalismo storico che appartiene alla regione. La pratica dello sciopero selvaggio o quello a gatto selvaggio, uno sciopero spesso intrapreso spesso in opposizione alla dirigenza del partito e del sindacato, è un tratto saliente di questa storia, come lo era lo sciopero generale, uno sciopero che mobilitava i lavoratori di tutte le industrie. Nel 1936, per esempio, i lavoratori ottennero importanti concessioni dal governo dopo uno sciopero, inizialmente spontaneo, che ben presto mobilitò un gran numero di lavoratori del Belgio. Nel 1950, uno sciopero generale combinato con una marcia dei lavoratori su Bruxelles portò all'abdicazione di Leopoldo III a causa della sua collaborazione durante l'occupazione nazista.
Vaneigem, quindi entra nella critica del capitalismo, nel contesto di una storia sociale impostata sulla vita della classe operaia e sulla lotta continua di questa comunità che va regolarmente oltre, e contro, le sanzioni della sinistra ufficiale. Quando nel 1950, i lavoratori marciano su Bruxelles, è solo un adoloscente, ma c'è nell'Inverno 1960, in quello che in molti modi è il più significativo di tutti gli scioperi generali a gatto selvaggio di tutta la storia belga, in quello che avrebbe definito il suo sviluppo politico e il suo successivo contributo all'Internazionale Situazionista.
Lo sfondo dello sciopero era una crisi economica che aveva colpito la capitale belga conseguentemente all'indipendenza congolese. All'inizio degli anni 1960, Hainaut era ancora una regione altamente industrializzata che aveva largamente mantenuto il suo carattere ottocentesco. Poche corporazioni, sotto il governo delle istituzioni finanziarie, governavano le industrie chiave (soprattutto carbone). La mancanza di concorrenza faceva sì che la capitale belga fosse riluttante ad investire in nuovi settori emergenti, come la produzione di moderni beni di consumo. Invece. il Belgio aveva sempre affidamento sull'industria tradizionale, per finanziare le importazioni. Perciò, il paese doveva sottostare ai prezzi sul mercato mondiale. Quando la domanda internazionale per le sue materie prime era alta, come nel corso della recessione americana del 1957-58, la produzione aumentava. La capitale belga aveva scaricato, storicamente, il peggio di questi effetti sulle sue colonie. La decisione di dare finalmente al Congo la sua indipendenza, nel giugno del 1960, richiedeva pertanto che l'economia venisse ristrutturata in modo da mantenere il normale tasso di profitto. C'era al potere una coalizione liberal-conservatrice sotto la guida del Primo Ministro, il cristiano-sociale Gaston Eyskens (1905–88). Verso la fine dell'anno, il governo annunciò un programma di riforme economiche strutturali. Non fu un caso che l'annuncio venisse fatto nel bel mezzo delle celebrazioni per il matrimonio di re Baldovino di Belgio con la principessa Fabiola di Spagna, che doveva aver luogo il 15 dicembre 1960. Si prevedeva il voto in parlamento per il fine-settimana dopo il matrimonio reale. Le riforme dovevano essere votate in un'unica legge (che poi verrà chiamata dagli operai, "la legge iniqua"). Dietro la retorica della riforma strutturale e del progresso, c'era un brutale programma di austerità. La proposta di un certo numero di nuove tasse, l'85% delle quali colpivano duramente i lavoratori, una riduzione di 3 miliardi di franchi nel settore pubblico, l'aumento dell'età pensionabile da 60 a 65 anni, ed il 25% di aumento dei contributi pensionistici. La "legge iniqua" inoltre minacciava il sistema di welfare. Si proponeva di escludere determinati lavoratori dal sussidio di disoccupazione e dall'assistenza sanitaria, dopo un certo numero di settimane. Le misure si accompagnavano ad un "sistema di inquisizione" nei confronti delle persone che godevano dei benefici.
La risposta della Sinistra ufficiale a queste manovre fu debole e deludente, se non addirittura in sintonia col governo. "La Gauche", l'organo ufficiale della minoranza di sinistra del Partito Socialista Belga (PSB), dichiarò che quelle riforme erano tecniche e che non era un problema politico. La Federazione Generale dei Lavoratori Belgi (FGTB), l'autorità centrale che organizzava la maggioranza dei sindacati, acconsentì ad una limitata azione industriale dopo un'immensa pressione da parte della base. Domandavano, ad ogni modo, che qualche azione di sciopero fosse intrapresa solo da parte dei "Comunali e Provinciali", o dei lavoratori del settore pubblico. Il 20 dicembre del 1960, i lavoratori cominciano a scendere in sciopero in tutto il Belgio, sia nelle Fiandre che nella Vallonia. Lavoratori di tutti i settori, non solo quello pubblica, entrano in sciopero, in aperta opposizione con gli ordini della FGTB e con la politica dei partiti operai. Tra i primi ad entrare in sciopero spontaneamente, va da sé, organizzati fuori dalle strutture sindacali e di partito, c'erano i lavoratori del porto di Anversa, i metallurgici di Charleroi, e gli insegnanti. In tutte le fabbriche in quasi ogni parte del paese, ma particolarmente ad Hainaut e a Liegi, i lavoratori organizzavano i loro comitati di sciopero e le assemblee generali. A tutti gli effetti, i lavoratori avevano creato un'alternativa, direttamente democratica di organizzazione fuori del controllo dei sindacati e dei partiti. I rappresentanti sindacali che condannavano questi movimenti erano accolti con aperta ostilità e additati come crumiri. In almeno un caso documentato, un delegato sindacale venne mandato all'ospedale. Lo sciopero, diffondendosi, lentamente, fermò tutta la Sassonia. La risposta della direzione della Sinistra, era quella di invocare la "dignità", la "disciplina", la "calma", e di dare la colpa ad alcuni "irresponsabili". Un simile linguaggio, comunque, serviva a ben poco contro l'entusiasmo generale dei lavoratori che si sentivano dentro un reale movimento di emancipazione, creato da loro stessi, auto-organizzandosi, e si capiva che il senso dei discorsi dei dirigenti era quello di ostacolare qualsiasi azione efficace. Un giornalista riporta che aveva sentito lavoratori che rispondevano alle parole d'ordine sindacale con una frase lapidaria: "la dignité, je l’emmerde" ("la dignità, che si fotta!).
Il faccia a faccia con i sindacati raggiunse un tale livello che, il 22 dicembre, a Liegi, circa 200 operai si ammassarono fuori della sede della FGTB. Erano furiosi per il rifiuto ufficiale di sostenere lo sciopero. Vennero lanciati sassi contro l'edificio, e alcuni lavoratori cercarono di irrompere nella sede. Velocemente, la rivendicazione originale alla base dello sciopero, l'opposizione alla famosa "legge unica", cominciò a sbiadire via via che il movimento assumeva un carattere rivoluzionario. Nelle manifestazioni quotidiane per tutto il paese, lo slogan più comune era "le fabbriche agli operai!" I lavoratori controllavano già molte delle infrastrutture ed i numerosi comitati di sciopero erano una struttura alternativa di potere, una vera e propria dittatura del proletariato, fuori dal controllo dello Stato, del sindacato, del partito. In effetti, l'organizzazione reale dei lavoratori aveva prodotto un momento storico che andava oltre una semplice risposta al programma governativo di austerità. Il senso di emancipazione era palpabile nelle dichiarazioni di tutti coloro che prendevano parte al movimento.
Mentre lo scontro con la dirigenza non era del tutto nuovo, la scala e l'estensione con cui i lavoratori avevano organizzato la lotta da sé soli era ad un livello che era stato raramente raggiunto, se mai lo era stato, e non si era mai visto finora in Belgio. Fra le novità, c'era l'importanza ricoperta dai giovani nello sciopero. I bambini delle scuole elementari, gli studenti e i giovani operai erano fra i partecipanti più aggressivi e più rivoluzionari. Insieme a loro c'erano le bande dei Blousons noir, un gruppo sub-culturale di giovani ribelli influenzati dal rock'n'roll e da film come "Gioventù bruciata" e "Il Selvaggio". Il JGS, lo stesso gruppo comunista giovanile che Vaneigem aveva cominciato a frequentare da bambino, era uno dei più combattivi. Il disprezzo per la dirigenza arrivava a un livello altissimo fra questi giovani. Dopo che un boss del sindacato aveva dichiarato che "i lavoratori valloni non volevano essere i fellaghas (N.d.T.: banditi, in arabo) di Alger-sur-Meuse (la Meuse è il principale fiume che attraversa Hainaut), si sentirono gli studenti che urlavano "Vogliamo essere i fellaghas di Alger-sur-Meuse". Gli eventi raggiunsero l'apice il 27 dicembre, quando 700mila lavoratori scesero in sciopero. La normale vita quotidiana della Vallonia e di gran parte delle Fiandre si fermò del tutto. Le fabbriche erano occupate, le strade bloccate, e i lavoratori avevano sabotato le infrastrutture. Anche i lavoratori cristiani, di solito i meno combattivi, si erano uniti allo sciopero in contrasto col loro sindacato. Su "La Wallonie" era stata pubblicata una dichiarazione che chiamava l'esercito a fraternizzare con gli operai, anziché a sparare su di loro, e dove si annunciava che lo sciopero sarebbe continuato. Il governo aveva arrestato gli autori e aveva fermato la stampa, ma i manifesti della dichiarazione erano stati affissi su tutti i muri della città. La minaccia di un ammutinamento era tale che, a Charleroi, si era dovuto far ricorso alla polizia per impedite a soldati e operai di fraternizzare. Un soldato, intervistato, aveva detto chiaramente che, se gli fosse stato ordinato, si sarebbe rifiutato di sparare. La più grande paura del governo era che i lavoratori marciassero in massa su Bruxelles, come era accaduto nel 1950, o che si armassero. L'esercito era stato inviato a proteggere le fabbriche di armi e gli edifici culturali.
I lavoratori continuavano a controllare l'organizzazione del movimento dell' "Inverno '60" e non c'era davvero modo di sapere quanto lontano sarebbero arrivati. Ma non fu questo quello che successe. I dirigenti sindacali cominciarono a cercare un modo per prendere il controllo di quella che era diventata una realtà, nonostante la loro opposizione. Fra i primi dirigenti, fu André Renard a dichiarare, il 21 dicembre, l'appoggio della FGTB di Liegi allo sciopero generale. La direzione centrale della FGTB si dichiarò formalmente a favore dello sciopero il 27 dicembre, ma solo per Anversa e la Vallonia. Era l'inizio di un processo volto a prendere il controllo dell'organizzazione del movimento. A Flémalle, Liegi, i responsabili sindacali si rifiutarono di riconoscere il comitato di sciopero e ne identificarono i membri, di modo che venissero espulsi dal sindacato. Gradualmente, i sindacati si sostituirono alle forme spontanee di organizzazione con le loro burocrazie. Ora che lo controllavano, era in grado di poter dare una forma al discorso che limitava il carattere insurrezionale del movimento e si esprimeva solo come una critica al Primo Ministro Eyskens e alla "legge iniqua".
Un discorso tenuto da André Renard fu di gran lunga il più disastroso tentativo di fermare il movimento: dapprima Renard aveva salvato la faccia, essendo uno dei primi dirigenti sindacali ad appoggiare lo sciopero, ma dopo questo, ed essendo uno dei pochi leader che venisse ascoltato, per qualche strana ragione aveva arguito che il reale impulso dietro il movimento fosse la storica divisione etnica fra Fiamminghi e Valloni. Lo sciopero sarebbe stato, perciò, un appello all'indipendenza dei Valloni per sottrarsi al giogo delle Fiandre. Il discorso va considerato nel contesto storico, nel quale i fiamminghi non erano mai stati così industrialmente sviluppati come lo era la Vallonia. Per cui, la classe operai fiamminga era, tradizionalmente parlando, meno organizzata e meno influente. In Parlamento, questo si traduceva in una dinamica per cui la destra fiamminga veniva usata per opporsi alle politiche della sinistra vallone. Il discorso di Renard avrebbe suonato la campana a morto dell' "Inverno '60" e avrebbe definito, in molti modi, quella che sarebbe stata la politica belga del futuro, che si sarebbe basata sulla divisione etnica invece che sulla tradizione di solidarietà fra le classi fuori da qualsiasi confine etnico. L'aspetto ironico, relativamente al discorso di Rénard, era il fatto che i lavoratori di Anversa e delle Fiandre erano stati i più radicali, ed i primi a scendere in sciopero. Il discorso fu un duro colpo alla solidarietà che c'era fra lavoratori valloni e fiamminghi e che era stata la chiave per generalizzare lo sciopero. Troppi lavoratori valloni davano retta al discorso di Rénard, e i lavoratori fiamminghi cominciarono a sentirsi traditi. Lo sciopero finì nel gennaio 1961, quando i lavoratori cominciarono a tornare al lavoro. In Vallonia, alcuni settori tennero duro fino alla fine del mese, ma il 18 gennaio "Inverno '60" era arrivato alla fine. Il solo risultato - annunciato come una vittoria dai sindacati e dai partiti - fu che qualcuno dei leader della sinistra venne ammesso ad incontrarsi con il re per discutere la loro opposizione. Il momento rivoluzionario era passato e anche le aspirazioni più riformiste del movimento non erano state realizzate.
Inverno '60, ad ogni modo, non era stato solo una delusione. Per molti versi, incarnava un grande successo. Quasi tutta l'intera forza lavoro della Vallonia si era auto-organizzata in un movimento insurrezionale spontaneo che, almeno per un poco, era stato in aperta opposizione con i propri rappresentanti (sinistra e sindacati). In questo, Inverno '60, si legava alla Rivolta ungherese, avvenuta quattro anni prima, e insieme avrebbero portato a quello che sarebbe stato il maggio 1968. Vaneigem ed altri situazionisti, possono benissimo essere stati quel canale che avrebbe realizzato il collegamento. Vaneigem era situato dentro quelle comunità operai che erano state le sole a mettere in moto il movimento di Inverno '60. Quando scoppia lo sciopero, Vaneigem lavora in un liceo a Nivelles, una città acciaieria non lontano da Lessines, ed in quanto insegnante era parte di quell'importante settore che agirà a Parigi fin dal principio. E a Parigi, Inverno '60, veniva considerata come un momento importante dell'azione della classe operaia contro la sinistra ufficiale. Guy Debord, a quel tempo, collaborava con "Socialisme ou Barbarie", il cui giornale aveva in progetto di fare un'edizione speciale, su Inverno '60. Egli chiese a Pierre Guillaume (di Socialisme ou Barbarie) di farlo parlare con Vaneigem, in quanto compagno sul territorio, mentre era in Belgio per un'inchiesta. Non c'era stato finora nessun contatto fra Debord e Vaneigem, se non una lettera datata 24 gennaio, con cui Vaneigem aveva contattato Debord, per la prima volta. Debord aveva risposto amichevolmente, alla lettera, il 31. Si rammaricava di non averlo potuto incontrare, a Parigi, a causa di alcuni eventi, "ma comunque, era meglio lo sciopero". Né Vaneigem né l'IS avevano pubblicato una dichiarazione diretta a proposito di Inverno '60. Tuttavia, Vaneigem aveva detto chiaramente che Inverno '60 era un elemento centrale della sua collaborazione con Debord e della sua appartenenza alla IS: "Gli scioperi, che inaugurarono in Belgio gli anni 1960, ci consentirono di fare un brindisi alla rivoluzione della vita quotidiana, le cui parole si sono perdute, ma il cui eco non ha mai smesso di risuonare". Inverno '60 era la prova di un nuovo slancio del movimento internazionale dei lavoratori. Vaneigem suggerisce che abbia dato impeto allo sviluppo della critica situazionista negli anni 1960, il periodo che ha preparato il maggio 1968.
E infatti Vaneigem si unì alla IS nel periodo immediatamente successivo ad Inverno '60. Il suo ingresso nella IS avviene in un periodo di profondi cambiamenti nell'organizzazione. Precedentemente, c'erano stati alcuni dibattiti promossi dall'ala "destra", o "artistica", del gruppo circa la natura "politica" della IS; essi erano in disaccordo con la possibilità di una rivoluzione proletaria, a causa dell'apparente soddisfazione dei lavoratori e alla loro incapacità di agire contro le proprie burocrazie. Vaneigem fu fondamentale nel rifiuto di questa tendenza artistica, nel corso della conferenza di Göteborg nell'estate del 1961. L'Internazionale situazionista, da quel momento in poi si focalizzò sullo sviluppo di una critica coerente del capitalismo contemporaneo in un contesto rivoluzionario. Vaneigem fu la chiave di questo processo, in quanto autore dei principali testi teorici, come "Banalità di base" e il "Trattato del saper vivere ad uso delle giovani generazioni". Certamente, un certo numero di temi tratti dall'Inverno '60 appaiono direttamente nel "Trattato" (scritto fra il 1962 ed il 1965). Il fenomeno dei Blousons Noirs, per esempio, visto come un gruppo sociale ribelle emergente è uno dei punti di interesse di Vaneigem: "Se oggi esiste un fenomeno internazionale molto simile al movimento Dada, esso va riconosciuto nelle più belle manifestazioni dei Blousons Noirs. Anche il disprezzo dell'arte e dei valori borghesi, anche il rifiuto delle ideologie, anche la volontà di vivere. La stessa ignoranza della storia, la stessa rivolta rudimentale, la stessa assenza di tattica."
Vaneigem rileva il potenziale di questo gruppo che era stato così attivo negli eventi in Belgio. Tuttavia, i Blousons Noirs sono anche oggetto di critica. I loro sentimenti sono fondati. Rifiutano la sinistra ufficiale, insieme alla società borghese. Ma è ancora un ambito che manca di coerenza critica dietro la pratica. E' essenzialmente un rifiuto nichilista della società capitalista che manca della "coscienza di un possibile superamento". E' ancora una coscienza intrappolata dentro le categorie sociali capitaliste. E' importante il fatto che una tale considerazione arrivi in quello che è probabilmente il capitolo centrale del "Trattato", "Il rifiuto in bilico". E' qui che Vaneigem esamina le varie ideologie che hanno pervertito la storia rivoluzionaria. La cosa più significativa, forse, è il modo in cui una rappresentazione del proletariato si erge contro di essa nei suoi momenti di ascesa rivoluzionaria: "Non appena il popolo in armi rinuncia alla sua propria volontà per seguire quella dei suoi consiglieri, essa perde l'uso della sua libertà, e incorona, sotto il titolo ambiguo di dirigenti rivoluzionari, i suoi oppressori di domani." E questo era esattamente quello che era accaduto nel mezzo dell'Inverno '60. In questo, Inverno '60 non era stato molto diverso dai così tanti altri movimenti sociali che si sono dati nel corso della loro gestione una struttura rappresentativa. Ma Inverno '60 era stanto anche il più recente, ed il solo, movimento di questo tipo nel quale Vaneigem aveva avuto parte diretta.
Gli argomenti, qui, sono gli stessi di quelli di Guy Debord nel capitolo centrale de "La società dello spettacolo", "Il proletariato come soggetto e come rappresentazione". La classe operaia è arrivata al punto in cui la sua rappresentazione è diventata una forza autonoma che le si erge contro. Così, molti lavoratori hanno incontrato questa teoria come realtà concreta, in Belgio, nell'inverno 1960-1961, come Vaneigem e Debord ben sapevano. Quel che è interessante è che è solo dopo Inverno '60 che queste questioni arrivano al centro della loro scrittura.
Il maggio 1968 sorpassò in molti modi Inverno '60, soprattutto nel suo rifiuto e nel rigetto di una rappresentazione autonoma del movimento rivoluzionario che si erge contro di essa. Ed era stata l'IS, in quegli che avevano separato Inverno '60 dal maggio 1968 a portare avanti la critica necessaria a fare di questo una realtà. In tal modo, la lotta degli operai durante il maggio 1968 si sarebbe collegata direttamente a quella degli operai di Inverno '60, per mezzo del lavoro critico di Raoul Vaneigem e degli altri situazionisti.