Tra la ‘povna e i Merry Men c’è stata maretta. Il vortice covava già da giorni, ma si è scatenato con violenza alla prima ora di sabato scorso, al termine della lezione di storia. Il motivo del contendere non merita, tutto sommato, di essere raccontato nel dettaglio. Basti sapere che il rapporto di fiducia che li unisce è sembrato, per una lunga ora, essere andato per fatti suoi, in giro per il mondo. E, dopo un confronto complicato e serratissimo, ci sono rimasti, lei e loro, molto male.
“Sto meditando di non venire più in gita con voi” – li ha salutati la ‘povna – “E, sia chiaro” – ha aggiunto perfida – “questo non significa che per punizione vi faccia saltare il viaggio. L’Ingegnera Tosta, legalmente, basta e avanza: quello che vi tolgo non è qualcosa, ma me stessa, sappiatelo capire”.
“Professoressa, no” – si sono precipitati quelli. E le tre ore successive sono state tutta una processione a udienza: la Pesciolina, il Panda, Cirillo Skizzo e Soldino hanno tentato di venire a parlamento. Ovviamente, senza risultati.
“Basta parole” – li ha apostrofati infine la ‘povna prima di sparire in mezzo agli Anatri – “non le avete sapute usare, e in questo caso non servono. Fate parlare, se ne siete capaci, i risultati”.
Il fine settimana è tramontato così, mesto, sui cocci del loro idillio. La ‘povna ha meditato un po’ su quanto era successo (che è, in certi casi, fisiologico), poi è volata a Elsewhere per qualche tempo. E poi è arrivato il lunedì mattina.
“Chissà che succederà” – si chiedeva curiosa, al momento di varcare l’aula. Perché quelli sono come la pioggia a primavera, imprevedibili; e, colpiti nell’orgoglio, non si sa bene che possono inventare.
Succede così che la ‘povna li trova tutti schierati ai banchi: (a parte un timido tentativo di Weber, che sabato era assente: “Ma mi vuole spiegare che è successo, a me sembrano diventati tutti matti”) sono attenti, pronti, silenziosissimi. La spiegazione di Dante (la Commedia e le tre cantiche) caracolla via in scioltezza, mentre loro alternano mani alzate, penne che scrivono gli appunti, e gran compunzione di domande. La ‘povna li guarda ammirata, e una volta su tre vorrebbe scoppiare a ridere, ma si trattiene attenta: un’occasione del genere non si può sprecare. Spiega l’eternità che presiede ai due regni estremi (Paradiso e Inferno); e poi, di contro, quel tempo che lievemente corre, “nell’unico luogo che ricorda il mondo, e proprio per questo è destinato a svanire di fronte alla risurrezione ultima”, cioè la montagna del Purgatorio. Volano via così 60 minuti rapidi. Poi la campana suona.
La ‘povna raccatta, in tutta fretta, tutto. Ma, mentre si avvia dai Maculati, che la aspettano, la voce di Soldino la raggiunge nell’angolo.
“Posso chiederle una cosa, professoressa?”
“Certo, Soldino, dimmi”.
“No, forse è meglio di no, non è il momento”.
“Scegli tu, se vuoi parlarmi, accompagnami”.
“Aspetti, vengo fuori”.
Vicino alla porta, lui la guarda incerto: “No, ecco , prof., volevo dirle: ma quella cosa è irreversibile?”.
La ‘povna ridacchia, ma solo dentro.
“Quale cosa, spiegami”.
“Quella lì della gita a Venezia”. Tono di voce che si abbassa: “Perché lei lo sa che per noi è importante” – sussurro – “tanto, che lei torni a volerci accompagnare”.
“Soldino, ti darò una risposta indiretta. Secondo te, delle tre cantiche che abbiamo appena visto, quale è quella che più assomiglia all’esistenza umana così come la conosci, alla dimensione della vita reale?”.
Lui, pensieroso, si gratta la testa.
“Ma certo, prof., il Purgatorio, è ovvio!”.
E poi ecco il sorriso storto che si illumina:
“Questo significa che niente è perduto, se sapremo scalare la montagna. E anche noi, come Dante, possiamo salire e migliorare”.
La ‘povna corre via, senza risposta. Ma in cuor suo li ha già perdonati, tutti quanti. Ma per un po’ di giorni pensa che eviterà di dirglielo. Tutto sommato, prima di arrivare al paradiso terrestre, ci sono sette cornici, da scalare.