I rischi maggiormente correlati a questa fase sono di tipo compulsivo. Il soggetto che inizia a navigare nella rete scopre le sue infinite offerte e inizia ad attivarsi nelle modalità che gli sono più congeniali. Alcune sono a maggior rischio di divenire vere e proprie compulsioni: lo shopping, il giocare in borsa, il gioco d’azzardo, la visione di materiale pornografico. Non sono attività che si trovano solo su internet, con i rischi connessi, ma in rete sono facilitate dall’anonimato e dalla semplicità con cui è possibile praticarle in qualunque momento senza doversi recare sui luoghi, fare tutto questo quindi rimanendo comodamente a casa.
2. Fase relazionale-comunicativa.
Nella seconda fase il soggetto scopre e utilizza chat, MUD e altri giochi di ruolo online.
Rischi correlati alla seconda fase:
Incontri al buio pericolosi,
Isolamento sociale e dipendenza,
Dipendenza da sesso virtuale,
Perdita dei contatti reali,
Sentimenti di onnipotenza.
In questa seconda fase si manifestano le cosiddette net-dipendenze, per le quali le persone maggiormente a rischio sono quelle con difficoltà comunicative-relazionali. In questi casi la dipendenza costituisce un comportamento deviante attraverso cui il soggetto si rifugia nella rete per sfuggire alle sue problematiche esistenziali, per evadere, quindi, dalla propria vita quotidiana.
Non bisogna mai dimenticare che la rete può essere vista e vissuta come un’enorme bancone pieno di diverse cose sempre nuove, in cui ogni individuo riscontra una propria soggettività nel modo di viverla; come nella vita “reale” si possono imboccare strade “corrette” e strade “pericolose”. Così molti utenti rischiano di allontanarsi dai rapporti interpersonali “vis a vis”, quei rapporti indispensabili per una vita sana e socialmente equilibrata, preferendo una vita non reale con relazioni virtuali; queste inevitabilmente portano ad una spersonalizzazione e ad una proiezione del proprio SE in un luogo non fisico che, data la facilità, la velocità e l’ampiezza geografica dei rapporti, il soggetto preferisce. Chi usa la rete, quindi, può nascondere la propria identità dietro al monitor dove si sente protetto e può compiere “azioni” con più facilità.
La IAD, come detto, colpisce anche i giovanissimi con l’utilizzo frenetico di questo mezzo di comunicazione, controllo di posta elettronica, di social network o della messaggistica istantanea e quant’altro: tutto questo è tradotto in cyber dipendenza. Esso, con un ulteriore utilizzo da parte dei ragazzi stessi intenzionati a ledere, offendere, diffamare, molestare, diffondere informazioni riguardanti la privacy di un altro soggetto, appropriarsi di identità altrui, perseguitare, escludere da un gruppo, ai danni di uno o più coetanei o di uno o più soggetti di età inferiore o di un soggetto del sesso opposto, questo tipo di comportamento viene tradotto in una parola: cyber bulling.
Nel 2006 i dati istat – Uso Nuove tecnologie (istat- Istituto degli Innocenti) riportano l’uso di internet tra i 6 e i 17 anni cosi:
6-7 anni: 13%
11-13 anni 39%
14-17 anni 62%.
Queste ultime ricerche hanno portato gli esperti a maggiori studi per cercare di proteggere i minori.
Una notizia riportata a maggio 2010 su Libero, dice che:
“Robot protegge bimbi da pericoli online. L’inventore e’ della National University di Singapore.
(ANSA) – ROMA, 10 MAG – Peluche-Robot proteggono i bambini dai cyberbulli e dai pedofili ‘appostati’ online. Sono dei social robot chiamati Petimos. I robot sjembrano dei pupazzi di peluche ma in realta’ vigilano sul bambino quando e’ collegato in internet e avvertono i genitori se il figlio riceve una richiesta di amicizia sospetta. L’inventore e’ Adrian David Cheok della National University di Singapore. Per ora, e’ spiegato su New Scientist, i robottini funzionano solo sul loro social network.”
E ancora un’altra invenzione, sempre per proteggere i minori, notizia riportata a settembre 2010, da Libero, dice:
“Bambini seguiti online più degli adulti. In Usa siti teenager hanno +30% di cookie rispetto a grandi.
(ANSA) – NEW YORK, 18 SET – Bambini e teenager sono piu’ ’seguiti’ online degli adulti: hanno un +30% di cookie rispetto ai ‘grandi’. Lo rileva un’indagine del WSJ.Dall’inchiesta emerge che sui 50 siti Usa piu’ popolari per minori sono installati 4.123 cookie, beacon e altre tecnologie per monitorare e tenere sotto osservazione i navigatori.I dati di questi ultimi, che non includono il nome, ma eta’, gusti, hobby e citta’di appartenenza, servono a fare il profilo del navigatore e venduti a societa’ pubblicitarie e non.”
Tutti coloro che usano internet dovrebbero essere in grado di prendere le giuste precauzioni affinchè non si sviluppi il problema dell’internet dipendenza,Iad. Le terapie ritenute più efficaci per curare la Iad sono praticamente le stesse impiegate per gli altri tipi di dipendenza: tra esse la terapia cognitivo comportamentale, la terapia psicodinamica interpersonale (IPT), il tradizionale gruppo di supporto “dei 12 passi” e la terapia coniugale o familiare, a seconda dei casi. Come detto nel’articolo del mese scorso, negli Stati Uniti viene utilizzata anche la psicoterapia online, o per meglio dire il Counseling online. Tale pratica tuttavia è attualmente vietata in Italia agli psicologi, per disposizione dell’Ordine Professionale degli Psicologi, in attesa di una regolamentazione normativa.
Il consiglio che si da ,prima che si sviluppi l’internet dipendenza, e cercare di non perdere i contatti con la realtà, di non rinchiudersi tra 4 mura ma di uscire, di stare in luoghi frequentati da altre persone nei quali ci si possa relazionare vis a vis.