La disoccupazione giovanile

Creato il 19 aprile 2011 da Pps @ppsposato
E' noto che, partendo dagli stessi dati statistici, si riescono a trarre conclusioni diverse, a seconda dei propri interessi o convizioni; un clamoroso esempio lo si può verificare sui dati che riguardano la disoccupazione giovanile. Molti giornali e televisioni, all'inizio di Febbraio, hanno ampiamente commentato i dati pubblicati dall'Istat relativi ai tassi di disoccupazione giovanile, rilevati a Dicembre 2010, sottolineando il fatto che, nella fascia di età compresa tra i 15 ed i 24 anni il tasso era salito al 29%, con un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,4 punti percentuali rispetto a dicembre 2009, segnando così un nuovo record negativo.
Il segretario confederale della Cgil Fulvio Fammoni, sulla scorta di questi dati, denunciava che, purtroppo, in Italia,un terzo dei giovani non era in grado di lavorare e Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche del Pd, affermava che, quando in un paese un giovane su tre non lavora (al sud il dato è di 2 su 3 in molte province), quel paese non ha futuro.
La prima voce che non si é mostrata d'accordo su questa interpretazione negativa dei dati sulla disoccupazione giovanile é stata quella di Giulio Tremonti a Washington che, durante i lavori del Fondo Monetario Internazionale, ha compiuto un'analisi del mercato del lavoro in Italia molto critica nei riguardi dei giovani; secondo il ministro dell'Economia l'Italia è infatti un paese che offre posti di lavoro, come dimostra il fatto che tutti i 4 milioni di immigrati che sono arrivati negli ultimi anni sono occupati. Tremonti, senza citare dati statistici ha affermato che, quando la disoccupazione giovanile sfiora il 30%, bisognerebbe chiedersi se i giovani siano effettivamente disposti a cogliere le occasioni di lavoro che vengono loro offerte.
Luca Ricolfi su Panorama del 14 Aprile, riprende questa tesi e, questa volta formula una lettura degli stessi dati statistici, basata su alcune considerazioni poco note al grande pubblico che andrebbero verificate poiché, se realistiche, smentirebbero decisamente le valutazioni pessimistiche sino ad ora fornite dai media.
Ricolfi sostiene che, nel 2009, su 100 giovani di età compresa tra 15 e 24 anni solo il 7,4% doveva essere considerato disoccupato e non il 30% o addirittura 1 su tre come hanno fatto balenare da alcune fonti.
Come si spiegano queste differenze? Ricolfi fa notare che se fonti qualificate affermano che la disoccupazione giovanile é al 30%, la gente comune é portata a pensare che 30 giovani su 100 sono senza lavoro. Ciò non é corretto perché il rilevamento Istat viene compiuto su quelli che vengono definiti giovani attivi, cioé quei giovani che lavoravano ed hanno perso il lavoro, più quelli che cercano attivamente un primo lavoro. Ora Ricolfi afferma che sul totale dei giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni, la percentuale di giovani attivi é solo del 29,1%.
Il 29% di 29.1% da 8.4 per cui non capisco da dove deriva il 7.4%, ma rimane il fatto che questa percentuale é ben lontana dal temuto 30%. Ricolfi, poi, spiega perché non deve essere considerato il rimanente 70.9% di giovani; il 70,5% di questo gruppo seguirebbe degli studi ed il rimanente 28,2% , ufficialmente, non farebbe nulla, ne studi, ne lavoro, ne ricerca di un lavoro.
Tradotte in cifre assolute le considerazioni di Ricolfi porterebbero a questa interpretazione della disoccupazione giovanile. Fatto 100 l'universo dei giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni e se i mie calcoli sono corretti si potrebbe affermare che: 20.66 sono occupati, 8.4 sono disoccupati, 50 studiano, 20 non hanno alcuna attività e 0,94 non  sono definiti.

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