UNA RIFLESSIONE SULL'ARTICOLO PRECEDENTE
Accontentarsi di bassi livelli di studio non è una soluzione: i giovani devono studiare.
L’anomalia italiana non può essere spiegata solo con il parziale insuccesso del sistema formativo “3+2”, che spinge la maggior parte dei laureati triennali a proseguire gli studi e ritardare l'ingresso sul mercato del lavoro.
Ma non basta.
Considerando la bassa domanda da parte del sistema produttivo di figure professionali altamente qualificate, sembra che il motivo dell'alta disoccupazione intellettuale sia da ricercare ancora una volta nell'arretratezza della nostra economia, povera di strutture adatte ad accogliere giovani lavoratori qualificati.
PERCHÉ?
Il problema della disoccupazione intellettuale e della sua durata lunga potrebbe essere la difficile spendibilità immediata delle qualifiche date dal sistema formativo italiano. In altre parole, il nostro sistema soffre di dispersione formativa.
L'Italia si distingue, in negativo, a causa della mancanza o della insufficienza di qualificazioni tecniche con grado pari al diploma superiore o alla laurea (cioè, livello terziario).
Per il nostro Paese e per le sue prospettive di competitività, sarà cruciale istituire anche un sistema di formazione superiore terziaria non accademica. Lo scenario delle previsioni tracciate nei post precedenti evidenzia l’imprescindibile necessità di una formazione professionale superiore “differente ed altra” rispetto ai percorsi di higher education incentrati sull’università.
UNA SOLUZIONE ANCORA POSSIBILE
Compensare con percorsi paralleli le mancanze del sistema tradizionale.
Questa mancanza potrebbe essere ovviata grazie ai percorsi di Istruzione e Formazione Professionale* (IeFP) gestiti ora dalle regioni, ma solo a patto che si integrino meglio con il corrispettivo sistema statale.
Ancora, in Italia manca del tutto correlazione tra il sistema dell’offerta di filiera e il sistema delle professioni e dei fabbisogni reali di lavoro come riferito attraverso la Nomenclatura delle Unità Professionali ISTAT-ISFOL**.
Nel nostro Paese, percorsi di questo tipo hanno ancora una limitata utilità per i lavoratori, che pure esprimono una forte domanda in questa direzione, poiché mancano i dispositivi di validazione, riconoscimento e certificazione delle competenze acquisite.
Esiste inoltre un ostacolo di natura “mentale”, ovvero la contrapposizione tra la gratuità dell'apprendimento nel sistema statale e l'onerosità della formazione professionale che retribuisce sia il lavoratore-studente che l'insegnante sul campo.
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*Cfr. ad esempio Regione Siciliana, Dipartimento dell'Istruzione e della Formazione Professionale, 2011, Linee guida per la realizzazione dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale.
**Disponibili su http://www.corriereinformazione.it/files/NUP_completa.pdf, url consultato il 25.12.2012