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La divinità minoica di Punta Zambrone

Creato il 27 luglio 2013 da Kimayra @Chimayra

La divinità minoica di Punta Zambrone

Gli scavi di Punta Zambrone

Recentemente il promontorio di Punta Zambrone è stato oggetto di uno scavo internazionale che ha portato a riemergere testimonianze dell'antica storia d'Italia. La località era nota già negli anni Novanta del secolo scorso, grazie all'identificazione certa di un abitato dell'Età del Bronzo (datato ad un periodo compreso tra il XVII e il XII secolo a.C.). Questo villaggio aveva rapporti commerciali con il Mediterraneo orientale, rapporti testimoniati dal ritrovamento di vasi dipinti micenei. Nel 1994 fu ritrovata anche traccia di un fossato difensivo scavato nella roccia.
Recentemente nuove ricerche hanno confermato la presenza di questo fossato, della lunghezza di 80 metri, che fortificava il lato accessibile del promontorio. Sicuramente si tratta di un'opera eccezionale per l'epoca, dal momento che il fossato è stato interamente scavato nella roccia granitica e che, quasi certamente, era collegato ad una fortezza in pietra della quale, però, rimangono solamente poche tracce. Nel fossato, oltre alla ceramica, sono state recuperate ossa animali ed altri resti, che restituiscono un quadro parziale della vita della popolazione locale, dedita prevalentemente alla pesca, alla caccia, alla coltivazione del farro, delle fave e forse anche della vite.

La divinità minoica di Punta Zambrone

Manufatto per telaio ritrovato a Punta Zambrone

Ma i recenti scavi rivelano anche altro dell'abitato di Punta Zambrone. Innanzitutto i rapporti con il mondo miceneo che non sono solo concentrati all'Età del Bronzo Recente e che sono stati tutt'altro che sporadici o indiretti. Gli strati di riempimento del fossato di cui sopra hanno restituito frammenti di ceramiche dipinte micenee, prodotte in Grecia ed importate in un periodo compreso tra il XIII e il XII secolo a.C.
Il riempimento ha, poi, restituito un oggetto eccezionale, unico sinora: la più antica raffigurazione di un essere umano con caratteri naturalistici rinvenuta in Italia. Si tratta di una statuetta in avorio di elefante (materiale molto raro e pregiato proveniente dall'Asia o dall'Africa). La statuetta appare forgiata secondo i canoni della civiltà minoica dell'Età dei Secondi Palazzi (dal XVII al XV secolo a.C.) e raffigura un uomo in piedi con la gamba destra leggermente protesa in avanti e la parte superiore del corpo inarcata all'indietro. L'uomo porta in vita una cintura ed è rivestito di un succinto perizoma.
Statuette simili sono state ritrovate, finora, solo a Creta e solo in terracotta, bronzo e pietra. Queste statuette avevano solitamente funzione cultuale, ma non è stato sempre facile identificarle con divinità od oranti. L'uomo in perizoma con pugni sul torace raffigurato nel reperto di Punta Zambrone è stato, comunque, riconosciuto come rappresentazione di una divinità.

La divinità minoica di Punta Zambrone

La statuetta di Punta
Zambrone

Il materiale - l'avorio - con cui questa statuetta ed altre simili sono state forgiate non li rendeva prodotti per l'esportazione, ma manufatti dall'alto valore simbolico e religioso che venivano utilizzati esclusivamente dei centri di potere egei. Finora gli unici manufatti in avorio di sicura importazione ritrovati nel Mediterraneo sono un piccolo rilievo con la figura di un guerriero ritrovato in Sardegna ed una testa di anatra rinvenuta in Puglia.
La statuetta di Punta Zambrone, con la sua valenza cultuale, pertanto, è un unicum e va ad aggiungersi al sigillo minoico ritrovato a pochi chilometri di distanza, nel sito di Gallo di Briatico. Si tratta di un sigillo in corniola, forse contemporaneo alla statuetta, deposto in una tomba indigena. I ricercatori stanno ora cercando di dare una risposta alle molte domande inerenti la presenza di reperti così preziosi ed inusuali nell'Italia meridionale.
Le ricerche di Punta Zambrone sono condotte dal Ministero per l'Istruzione, l'Università e la Ricerca, dall'Università Federico II di Napoli, dal Fondo per la Promozione della Ricerca Scientifica dell'Austria, dall'Università di Salisburgo Gerda Henkel Stiftung e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria.

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