Cessi evoluti (Budapest)
Da quando ho letto Il rapporto tra i sessi di Goffman mi sollazzo a diffondere il terrore dello spettro del maschilismo nei miei amici e conoscenti a dir loro “EMANCIPATI”. Di fronte al cesso, infatti, non si può sgarrare. Impossibile non notare come in ogni locale pubblico ci siano due bagni: uno per i maschietti ed uno per le femminucce + disabili. Data questa evidenza, mi risulta facile far vergognare chicchessia delle sue convinzioni sessiste semplicemente spiegando la natura di questa divisione sociale. Troppo facile invece sarebbe additare Tizio e Caio come maschilisti in quanto troppo possessivi e o gelosi o protettivi, e facilissimo sarebbe da parte loro mentire spudurately o rispondere con mitologie ammuffite.
Solitamente la questione si evolve così: individuo il becero maschio o la becera femmina di turno e attendo paziente l’autodafé (e ci tengo qui a mantenere i termini, a mio avviso non necessariamente offensivi, “maschio” e “femmina” poiché laddove persistano tali fissazioni mantengo anch’io la mia che non c’è motivo di differenziare un crozzone da una mucca, ad esempio); di norma, essa avviene quando una donzella va in bagno e manca più tempo dello strettamente necessario. Ecco allora che partono affermazioni standard: “Minchia, ogni volta ci sta tre ore! Certo, le femmine hanno lo specchio in bagno, si devono incipriare… A noi invece ci basta un albero!”; a seguire, risatine spocchiose qui e risatine spocchiose lì ed io, che ho la pipì in pizzo ma la faccio sempre al volo pur passando un quarto del mio sabato sera in fila al cesso, non resisto alla voglia di mettere le cose a posto. Rispondo allora stizzita ma inizialmente soft con un’arringa contro quelle femminucce lobotomizzate che concepiscono i bagni pubblici come luoghi in cui andare in 2 o in 3 tenendosi la manina pure mentre si piscia, ché altrimenti il lupo cattivo se le mangia; loro che, dopo la pipì collettiva, DEVONO apparare sul lavabo del cessosemprepubblico la loro mini-trousse fashion per sistemarsi l’ombretto e devono infine re-infilare la troussettina dentro una borsa di un millimetro quadrato senza rigarsi lo smalto con la cerniera. Totale: 9 minuti chiuse in bagno a capoccia, di cui 47 secondi a fare pipì.
Su questo report, risate e assensi generali negli uomini del circondario e finalmente veniamo al dunque: il dunque, amici cari, è che mi aspettate 3 ore quando vado in bagno (anche se la faccio al volo ché manco mi siedo) perché le convenzioni sociali, come anche la maggior parte dei vostri impulsi uccellari, vogliono la donna perfettissima ad ogni ora del giorno e della notte; tali convenzioni sono le stesse che giustificano quelle cazzo di file stratosferiche che mi ritrovo in ogni gabinetto femmineo (dove non mi stupirei se una fighetta in odor di abbordaggio uscisse pure un rasoio per definirsi l’inguine).
Ancora risate, e allora incalzo: ma dov’è, amici cari, l’origine di questi mali? Nell’uovo o nella gallina? Perché le donne sentono questo indescrivibile bisogno di impuparsi nei cessi pubblici? E perché esistono cessi pubblici femminili implicitamente adibiti all’impupamento? Anche un uomo oggi sente il bisogno di “farsi i capelli” nel bagno di un pub col suo gel super-definente! Inoltre, come mai la toilette delle donne corrisponde ovunque a quella dei disabili? …Avete mai pensato al significato simbolico di questa divisione dei cessi?
Risponde l’uomo-medio: “Vabbé, è giusto, noi uomini facciamo pipì fuori dal cesso! Le donne invece sono più sistemate! …Eh… per voi non è neanche giusto…!”.
Dopo queste banalità il terreno è pronto per l’attacco: il pinnide maschilista non coglie che il sesso è un comportamento di ruolo appreso socialmente e che anche l’ambiente è spesso creato per l’esibizione dei genderismi, come nel caso delle “Pratiche di Toilette”: il bagno femminile deve essere raffinato, ampio e ricercato rispetto alle luride e striminzite latrine degli uomini, e questo per rispetto verso la classe sessuale femminile, intesa come debole, delicata e inadatta a tutto ciò che richiede sforzi o rischi, nonché facilmente esposta alla contaminazione. Et voila il motivo per cui, storicamente, quasi tutti i luoghi hanno 2 tipi di toilettes diverse rispetto alla qualità, eclatante estrinsecazione di disuguaglianza forte = maschio VS debole = donna, nonché di una separazione che assicura che le differenze sub-culturali siano affermate e mantenute pubblicamente.
Il paradosso è che ciò è realizzato a pigghiata pu culu, ovvero in nome del rispetto dovuto alle donne o come naturale conseguenza di differenze organiche che vogliono l‘uomo lordo (perché l’uomo vero ha da puzzà!) e la donna perfetta e seducente pure alle 5 del mattino.
…Accura perché in realtà, la segregazione delle toilette è un modo “benevolo” di onorare, se non di produrre, la differenza uomo-donna e la superiorità maschile: l’élitario cesso femminile non è che un cuscinetto protettivo, una forma di privilegio per deboli (dunque ecco l’associazione donne + disabili); di fatto, è uno dei frutti della dominazione maschile, una dominazione spesso scontata e molto speciale: c’è, ma non dobbiamo vederla, solo andare in bagni diversi; è ovunque, ma può essere esercitata in un’ottica di normalità, amore e gentilezza.
Il cesso, dunque, cari amici, è un’esibizione politica di un rapporto Asimmetrico “protettore-protetto”. Anche un semplice wc è un OGGETTO POLITICO in grado di trasfigurare il moderno egualitarismo in un mondo patriarcale caratterizzato da un rapporto uomo-donna dettato dai sessi biologici (donna strutturalmente più debole per allattamento, gestazione, mestruazioni, ossatura più piccola e leggera, meno muscoli e quindi meno forza).
Quindi, ricapitolando! Il genere è l’oppio dei popoli, “ceci n’est pas une pipe” e un cesso non è un cesso, ma UN PROGRAMMA PER LA RAPPRESENTAZIONE/DIVISIONE DI GENERE: un luogo separato che semplifica e protegge l’organizzazione sociale attraverso il mantenimento del proprio posto nel mondo: femmina = piccola donna fragile e bisognosa = famiglia, sottomissione e vita domestica.
Non ti ho convinto? Sono offensiva? Hai il pipino o la vulva in rivolta? …E che avrò detto mai?
Scusami, ma devo pisciare… e siccome mi scassa il cazzo interiore che ho da fare 17 minuti di fila perché questa cultura vuole la donna post-orinata radiosa come Moana Pozzi, vado nel lurido cesso degli uomini. Problemi?