Ezequiel Lavezzi, attaccante, dopo una lunga e proficua militanza nel Napoli, è stato acquistato dal Paris Saint Germain.
Fabio Borini, sempre attaccante, dopo una breve ma proficua militanza nella Roma, è stato acquistato dal Liverpool.
Se i partenopei cercano di confermarsi come solida realtà del campionato italiano, e se i capitolini vogliono lanciare un progetto basato sui giovani, perché lasciano partire questi loro giocatori? Non equivale ad imboccare una strada contromano, proprio mentre da questa sopraggiunge un camion a tutta velocità?
No.
Cioè, sì.
O meglio, dipende. Come cantavano gli Jarabe de Palo di Pau Donés.
Frase fatta di Andrea Giunchi: la crisi è una scusa per incassare, adatta a chi non sa trattenere i campioni o investire sui giovani.
Ezequiel Lavezzi, idolo argentino dello stadio San Paolo, in cinque lunghi anni di Napoli ha saputo decidere innumerevoli partite, pur senza segnare tanti gol. Si tratta di un giocatore difficilissimo da marcare, capace di spaccare le partite in due, partendo palla al piede e tagliando il campo in diagonale con tremende velocità e forza fisica. In grado, insomma, di disorientare le difese, liberando spazio per i compagni che lo seguono a tutta velocità.
È stato ceduto al Paris Saint Germain, per una bella somma.
Non più giovane, ed all’apice della carriera, è stato ben venduto al massimo storico del suo valore di mercato: un buon affare insomma.
Problema. Il Pocho, questo il suo soprannome, è un giocatore che sarà difficilissimo rimpiazzare. Perché ha caratteristiche difficili da rintracciare. E perché a queste sapeva associare un’ottima conoscenza del campionato italiano.
Frase fatta di Andrea Giunchi: il Napoli, senza un argentino da paragonare a Maradona, è come un cielo senza stelle.
Dunque. Se il Napoli vuole affermare il suo status di grande squadra, in un momento di contestuale difficoltà delle compagini milanesi e romane, perché cedere l’argentino?
Perché il problema del Napoli non è in attacco. Si è capito che la coperta non era “corta”, ma semplicemente un po’ troppo spostata dalla parte dei piedi. Attacco stratosferico, ma centrocampo e (soprattutto) difesa non all’altezza della situazione, per numero o per qualità. In altre parole, “Aronica” e “Dzemaili”.
Allora si vende una punta per andare a prendere un difensore ed un centrocampista, entrambi esperti e capaci. Gamberini e Behrami della Fiorentina, il 15 luglio, cambiano infatti maglia abbandonando il viola e scegliendo l’azzurro.
Frase fatta di Andrea Giunchi: chi ha avuto, ha avuto, ha avuto…chi ha dato, ha dato, ha dato…scurdámmoce ‘o ppassato, simmo ‘e Napule paisá!
E la Roma? Un anno fa, con l’inizio del “new deal” giallorosso-ma-a-stelle-e-strisce, Walter Sabatini, dirigente/capocantiere del progetto romanista, parlò ai giornalisti per più di un’ora.
Parlò di pianificazione. Dell’ampio budget a disposizione. Di gruppo.
Disse, citiamo, “vogliamo portare a Trigoria forti giocatori giovani e non dei liceali acerbi. Voglio rendere questa squadra meno sclerotizzata. Ci vuole una dialettica diversa e una sana competitività all’interno del gruppo.”
Elencò in poche sillabe tutti gli storici problemi della Roma, e disse come li avrebbe risolti.
Arrivarono Lamela, Bojan e Borini. Un trittico di giovani per niente “acerbi”, e capaci di far immaginare a tutti un attacco di caratura internazionale. Ebbravo Walter.
Però, Sabatini disse anche che “Totti è innominabile, è una specie di divinità. Totti nel progetto? Totti È il progetto tecnico della Roma, sarà modellata la squadra su di lui, è come la luce sui tetti di Roma che non scompare mai.” Ahia.
“La luce sui tetti di Roma che non scompare mai”!? Il Sabatini sfornò una frase eccessiva anche per un Bacio Perugina.
“Sei come la luce sui tetti di Roma, che non scompare mai” penso non la sussurrereste nemmeno alla vostra amata. Nemmeno se foste persi nella calda luce di un tramonto sui colli capitolini. Nemmeno se doveste farvi perdonare una scappatella con Flavia Vento mentre vostra moglie era in dolce attesa.
Frase fatta di Andrea Giunchi: a Roma l’ambiente è difficile da gestire, ci sono troppe voci e troppe personalità di spicco che influenzano la tifoseria.
Ed ecco che tutto torna.
Durante l’anno si parla delle ottime prestazioni di Borini. Di come sembri l’uomo del futuro. Di come il C.T. Prandelli lo stia soppesando per convocarlo ad Euro 2012. Di come 9 gol in 24 presenze, senza battere rigori o altro, non vadano sottovalutati. Di quanto potrebbe fare bene in Polonia ed Ucraina, visto che il C.T. ha deciso di portarcelo.
E di quanto abbiano pesato, nella sua cessione, i fraintendimenti con lo “spogliatoio”.
Sembra introvabile la ragione che ha indotto la Roma a cedere un Nazionale giovanissimo (classe 1991), con esperienza, di gran corsa, e per una somma modesta. Ci dev’essere qualcosa sotto. Qualcosa di non “calcistico”.
Quando la Roma non navigava in acque tranquille – praticamente da agosto 2011 a maggio 2012 – la squadra era solita chiudersi su se stessa, organizzando anche delle cene.
Cene alle quali, guarda caso, il Borini da Bentivoglio non era invitato, o non voleva andare.
Anche quelle volte in cui portava i dischi, per ballare i lenti.
Ed ecco dunque che Sabatini, per un istante, non è più pollo, ma volpe.
Fa passare sottotraccia i malumori dello spogliatoio, e cede Borini per poi reinvestire su un altro classe ’91 di roseo avvenire: Mattia Destro.
Destro, pensando al calcio proposto dal neo allenatore romanista, il signor Zdenek Zeman da Praga, sembra tuttavia tatticamente incompatibile con il Dio Capitano Innominabile, e pure con Osvaldo.
Un controsenso dunque?
Beh, da quella strada un camion a tutta velocità sta proprio arrivando, ed è targato Cecoslovacchia…
Frase fatta di Andrea Giunchi: alla Roma i problemi sono come Totti, non scompaiono mai.
Andrea Giunchi
@AndreaGiunchi