ll reato di tortura è al vaglio del Parlamento italiano, ma arrivano le critiche di alcune associazioni. La campagna “La Tortura è di Stato! Rompiamo il silenzio” cerca di far emergere tale problematica.
Il 18 giugno scorso si è aperto uno spiraglio nella giurisdizione italiana per far si che venga introdotto il reato di tortura. È stata intrapresa una campagna per far sì che venga introdotto il reato di tortura: “La Tortura è di Stato! Rompiamo il silenzio”.
La tortura è un metodo di coercizione fisica o psicologica, talvolta inflitta con il fine di punire o di estorcere delle informazioni o delle confessioni; molte volte accompagnata dall’uso di strumenti particolari atti ad infliggere punizioni corporali. In ambito di diritto penale preclassico non si considera una punizione ma un mezzo di prova. (Art. 1 Convenzione dell’Onu contro la tortura). La tortura è praticata in 112 paesi.
Nessuno, o quasi, immaginerebbe quanto sta per leggere: “La tortura fu introdotta da papa Innocenzo IV nella bolla Ad extirpanda del 1252, durante l’Inquisizione, come strumento da utilizzare durante i processi per estorcere una confessione”.
Essa comprende:
- in senso proprio, la torsione delle membra, con riferimento al barbaro tormento corporale che si infliggeva anticamente all’imputato, perché confessasse il delitto e rivelasse il nome dei complici, e anche, ma più raramente, ai testimoni per farli parlare;
- per estensione, ogni forma di costrizione fisica o morale ai danni di qualcuno al fine di estorcergli qualche cosa o per pura crudeltà.
La Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti è uno strumento internazionale per la difesa dei diritti umani, sotto la supervisione dell’ONU.
La Convenzione è stata approvata dall’Assemblea dell’ONU a New York il 10 dicembre 1984, ed è entrata in vigore il 26 giugno 1987. Al Giugno 2008, è stata ratificata da 145 Paesi. Il 26 giugno è la giornata internazionale di sostegno alle vittime della tortura.
L’Italia ha sottoscritto la Convenzione, ma, nonostante molti solleciti anche a livello internazionale, il Parlamento italiano non ha ancora approvato la legge di ratifica e conseguentemente la Convenzione non è ancora operante in Italia, che ha anche disatteso all’obbligo assunto di introdurre il reato di tortura nel Codice Penale
Il 18 giugno rappresenta una data importante, o meglio, potrebbe rappresentare una data di svolta. Proprio in questa data, la Corte d’appello di Perugia ha accolto l’istanza di revisione del processo che nel 1978 vide condannato per calunnia Enrico Triaca dopo che questi, arrestato il 17 maggio dello stesso anno nel corso delle indagini sul caso Moro, denunciò di aver subito torture fisiche e psicologiche fin dalle prime ore che seguirono la sua cattura.
Il prossimo 15 ottobre, dunque, saranno chiamati a testimoniare personaggi chiave che hanno ricostruito o custodito le confidenze di Nicola Ciocia, alias “Professor De Tormentis” – capo della squadra di aguzzini alle dirette dipendenze del Ministero degli Interni, istituita per estorcere confessioni ai militanti delle Br nel pieno della guerra civile che si combatteva in Italia alla fine degli anni ’70.
Un altra data cruciale è quella del luglio 2001, lo scenario è la città di Genova, e gli 8 stati più potenti del mondo si apprestano a discutere sul futuro del mondo. Ma proprio in quei giorni si verificano violenze e, appunto, presunte torture, fisiche e psicologiche, nei confronti dei manifestanti fermati e trasportati presso il carcere di Bolzaneto.
In Parlamento si sta discutendo sull’introduzione del reato di tortura, ma le associazioni Antigone e Amnesty Internetional Italia, hanno espresso disappunto per la definizione di tortura contenuta nel testo in discussione alla Commissione Giustizia del Senato, in quanto difforme dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. “Se questa definizione fosse introdotta nella legislazione penale, un singolo atto di tortura non sarebbe sufficiente a punire i torturatori”.
Le due associazioni hanno indicato la strada da percorrere: “Nel caso della proibizione legale della tortura il lavoro del parlamento può e deve essere facilitato dai testi internazionali. La definizione dell’articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984 non richiede sforzi di fantasia da parte del legislatore. È necessaria, piuttosto, una seria volontà politica, che purtroppo nell’ultimo quarto di secolo è mancata”.
Ecco la proposta di legge relativa al reato di tortura:
Art. 1.
1. Dopo l’articolo 608 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 608-bis. – (Tortura) – Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che infligge ad una persona, con qualsiasi atto, lesioni o sofferenze, fisiche o mentali, al fine di ottenere segnatamente da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o su di una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su ragioni di discriminazione, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La pena è aumentata se ne deriva una lesione personale. È raddoppiata se ne deriva la morte. Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che istiga altri alla commissione del fatto, o che si sottrae volontariamente all’impedimento del fatto, o che vi acconsente tacitamente».
Art. 2
1. Il Governo italiano non può assicurare l’immunità diplomatica ai cittadini stranieri condannati per il reato di tortura in un altro Paese o da un tribunale internazionale.
2. Nei casi di cui al comma 1 il cittadino straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale relativa.
Ma cos’è tortura? Tortura potrebbe essere l’ergastolo. È la sentenza numero 3896 della Corte Europea dei diritti dell’uomo, depositata il 9 luglio nel caso Vinter e altri c. Regno Unito a dirlo.
La Grande Camera della Corte CEDU ha deciso che l’ergastolo è una pena inumana e degradante che viola i diritti umani fondamentali riconosciuti e garantiti dalla Cedu.
Nel ribaltare il verdetto emesso il 17 gennaio 2012 dalla Quarta sezione della stessa Corte, ha in particolare affermato che l’ergastolo senza possibilità di revisione della pena è una violazione dei diritti umani, poiché l’impossibilità della scarcerazione è considerato un trattamento degradante e inumano contro il prigioniero, con conseguente violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea sui diritti umani.