(Pubblicato su Trovacinema il 21 luglio 2002)
Non so se la questione si possa ridurre al fatto che debba in qualche modo tirare a campare e - non essendo Orson Welles, quindi incapace di interpretare Shylock o Macbeth - non gli resti che riciclarsi in nonno Libero. Certo è che la maschera indossata nelle "commediacce" erotiche degli anni '70 appariva più autentica, impregnata com'era di un sapore popolare schietto e genuino. Non voglio qui sdoganare quel genere come filone necessariamente da riscoprire, magari riconoscendone la dignità letteraria - pensiamo alle origini antiche del fescennino. Senza cadere nella trappola sempre aperta della rivalutazione del Kitsch, quelle farse funzionavano soprattutto come cartine al tornasole dell'ipocrisia imperante nella nostra società: tutta casa-e-chiesa ma con l'occhio al buco della serratura, clericaldemocristiana eppure prontissima a trasgredire le norme morali.
Quel filone si è esaurito da un pezzo e Banfi, meglio di altri suoi colleghi, è riuscito a inserirsi in un nuovo genere nazionalpopolare, la fiction, melensa e consolatoria come impongono i gusti del pubblico domenicale. Buon per il suo portafoglio, per i dirigenti Rai e i pubblicitari. Semplicemente, mi permetto di detestarlo quando indossa i panni ruffiani di Nonno Libero. Della serie: guardatemi, sono anche capace di recitare parti serie e sensate.
Capisco che Banfi non poteva ambire per tutta la vita alle grazie della Fenech senza cadere - stavolta davvero - nel patetico (tra parentesi, pure lei si è rimessa in circolazione come produttore cinematografico...). Questa parvenza di rispettabilità che si è creato suona però falsa, artificiosa, frutto del marketing televisivo che ne ha abilmente ripulito la facciata consunta dall'uso. E anche immeritata: Renzo Montagnani, lui sì, era un grande attore…