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La donna cannone

Creato il 17 gennaio 2016 da Abattoir

di Marco Giglio

“Non capisco perché ogni anno, da vent’anni ormai, mi obblighi a venire al circo: lo sai che sono contro lo sfruttamento degli animali… ho anche firmato la petizione!”

La serata è umida e fredda. Il tendone blu è immenso e copre una luna gialla vestita di pioggia. Molte auto portano i segni della condensa. Cerco i biglietti mentre vengo sorpreso dalle insegne abbaglianti: è l’ultimo spettacolo del Circo, l’ultimo senza proroghe, di un altro anno finito, senza senso.
Come da tradizione, mia figlia mi accompagna insieme ai silenzi degli ultimi vent’anni, recitando alla perfezione la sua parte.
L’odore dei popcorn lo sento già all’ingresso: si insinua per il foyer, scavalca il cordone e mi schiaffeggia, obbligandomi a guardare mia figlia, ormai più alta di me. “Quando avevi cinque anni spendevo più in popcorn che per il biglietto d’ingresso… ti ricordi?”
Sbuffa e rotea gli occhi.
“Papà, per favore, mi fanno venire la nausea, è grazie a quelle porcherie che passo le giornate in palestra”.
Sorrido.
“Sei permalosa e bellissima come quindici anni fa”.

Il cordone si apre al mondo: bambini dai due ai novantanove anni stanno per prendere posto in uno dei luoghi senza memoria e senza tempo, abitato da esseri magici dotati di ali invisibili, nasi buffi, forza sovrumana, capaci di parlare due, tre, cinque lingue: i circensi.
Prendiamo posto intorno al palco, è quasi tutto pronto.
“Ti ho mai detto che molti di loro nascono, crescono e muoiono all’interno del circo senza mai uscirne?”
Mia figlia si irrigidisce, conosce già la risposta, ma fa la guastafeste, come al solito.
“Parli degli animali, vero?”
“Sai già la risposta. Se ci pensi, al di là di ciò che si dice, ogni circo è un piccolo mondo perfetto: miscugli di popoli che parlano decine di lingue, professano credi e usanze diverse. Quanto agli animali, c’è lo stesso mutuo interesse di chi cavalca un cavallo, e da veterinario ti assicuro che ci sono studi approfonditi che…”
“Papà, sei di parte… e poi basta così, concentrati che sta per iniziare”.

Nel buio della sala, nello stesso luogo magico, ogni anno la mente torna indietro nel tempo e vi si arrampica a fatica, sanguinando sul trapezio.
Milena, una splendida creatura dotata di ali invisibili, si è portata via anni di certezze dentro un solo mese di passione clandestina. Alla fine, mi sono detto, certe cose non si spiegano, succedono e basta. Le metti dentro la scatola dei ricordi ed ogni tanto le prendi in mano, cercando di non macchiarle troppo con i rimpianti e i rimorsi.
“Non lascerò il circo. Sono nata qui, appartengo ad una generazione che qui dentro ha tutta la sua vita. Ed anche tu hai la tua…”
Avrei potuto seguirla lasciandomi alle spalle una moglie ed una figlia che non avrei mai concepito, un lavoro, una vita fatta di certezze, di vie familiari; di luoghi e di pietre calpestate con la sicurezza di una vita stabile, ma ho capito che, l’equilibrio del cuore, a volte, resta sospeso in aria, in attesa che qualcuno l’afferri con le stesse mani per poi lasciarsi cadere nel vuoto o per volare in cielo tra le stelle, per non tornare più.

Il giorno in cui il circo lasciò la città, tornai a cercarti per un ultimo saluto.
Nel tragitto, già all’alba, la neve cadeva copiosa, coprendo le tracce lasciate da chi mi aveva preceduto. In cuor mio speravo che la neve avesse rallentato le operazioni per un ultimo saluto, per quel salto nel buio dentro un mondo a me sconosciuto, un tuo sguardo, un ultimo tuo bacio…

“Papà? Che fai, dormi? Proprio sul finale… ti sei perso i trapezisti!”
Le luci si spengono, usciamo dal circo con sopra l’odore dello zucchero filato.
Il parcheggio è una distesa bianca. Sono sfinito.
“Te la senti di guidare tu? Io proprio non ce la faccio”
“Va bene, ma la musica la scelgo io… niente Dalla, De Gregori, o cantanti vari…”
“Poeti, prego.”
Da un’altra auto in sosta arrivano le prime note de “La Donna Cannone”.
Ridiamo.

“Milena? Vuoi sapere perché ogni anno ti costringo a venire qui?”
“Magari!” grida.
“Perché ti amo, sei la mia unica figlia, insomma, non voglio essere mieloso… Ti lamenti sempre, ma alla fine mi fai felice accompagnandomi in un posto in cui veniamo da sempre e che, in fondo, amiamo entrambi. Queste cose le dobbiamo proteggere, le cose che amiamo intendo…”
“Lo sai che non amo il circo”
“La vita stessa è un circo, Milena: veniamo presentati al mondo tra gli applausi, cresciamo, impariamo un mestiere, amiamo o pensiamo di amare, credendo di aver capito tutto. Perfetti e accettati. Ma alla prima caduta, in fondo, al primo grande sbaglio, si rimane un fenomeno da baraccone: un disordine non accettato ma essenziale allo stesso ordine delle cose, allo spettacolo inaspettato della vita.”
“Sei proprio un ruffiano!”
Sto per chiudere gli occhi.
“Sì. Ti amo, Milena” penso, ma forse l’ho detto veramente.


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