A raccontare, tra continui flashback e ritorni al presente, la triste storia della 39enne irlandese, una splendida Marina Massironi, egregia nel rappresentare una donna che ride e al contempo si dispera; duttilissima nel dar voce ad una Paula alterata dall’alcool, e ad alternare, efficacemente, tutti gli stati d’animo della protagonista: giocosa, disperata, allegra, nevrotica, folle, pacata, seria, depressa. Con incursioni, seppur brevi, nel campo della spassosa comicità, con i racconti delle prime, goffe, esperienze sessuali scolastiche e di un brutale (quasi rivelatore) amplesso consumato all’aperto con il suo Charlo. In un drammatico crescendo che porta l’attrice di Legnano a porsi interrogativi e nutrire sensi di colpa («Ma come si fa ad amare una persona e a picchiarla? Ma io continuavo a dare la colpa a me stessa… e se io non avessi, e se avessi…»), a piangere, senza dolore, la scomparsa del marito-aguzzino, ucciso durante una rapina. Sul palco, una scena surreale ed espressionista, confusa e smarrita come l’animo della protagonista: il prato, vecchi elettrodomestici, un letto d’ospedale, la porta di casa ritratta dall’esterno, quasi a non voler mostrare il vero teatro degli orrori casalinghi. Non sarà inutile, infine, chiarire che il titolo del romanzo, “La Donna che sbatteva nelle porte” è sintesi efficace del dramma di Paula, che non sbatteva affatto contro le porte, come spiegato ai medici per giustificare i continui ricoveri: «Naso rotto, denti che ballano, dita spezzate, capelli che mancano, bruciature, ma perché non me lo chiedete? Mia madre, mio padre, i miei fratelli, il medico, non chiedevano mai niente». E nessuno, invece, ad accorgersi di lei.
I due scatti inseriti nell’articolo sono stati gentilmente concessi dal Teatro Novelli di Rimini – Fotografie di Bepi Caroli