La Donna che Sbatteva nelle Porte: Violenze ed Aspettative Frustrate

Creato il 13 dicembre 2011 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il dicembre 13, 2011 | TEATRO | Autore: Antonino Reina

«Dove sono cresciuta io non dovevi far niente per essere una troia, Mio padre mi ha chiamata così la prima volta che ho messo il mascara. Mio fratello la prima volta che l’ho rifiutato. Sì, proprio il mio fratellino di 12 anni e io ne avevo 14. Lo eri se ti lasciavi mettere la lingua in bocca, lo eri persino se fumavi…». Inizia con queste parole il monologo di Paula, protagonista dello spettacolo rappresentato al Teatro Novelli di Rimini in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Un monologo forte, crudo, tratto dal romanzo dello scrittore irlandese Roddy Doyle, autore già noto per aver consegnato, alla cinematografia, il più noto “The Commitments”. La dublinese Paula è una donna che ha imparato troppo presto quanto è difficile, talvolta, essere donna. Ha conosciuto umiliazione e sofferenza, sin dall’infanzia in famiglia; da quella realtà che, piuttosto che proteggerla, diventa per lei prima ed inaspettata tortura. Non l’ultima, purtroppo, perché il vero dramma nell’esistenza della donna si materializza nell’incontro con Charlo Spencer: il più bello, rispettato, invidiato del quartiere. Anche il più chiacchierato e temuto, per una condotta di vita non irreprensibile, ma non per lei. Per Paula l’uomo diventa subito speranza e redenzione: «Stava in un gruppo… ma era come se fosse solo, in confronto a lui gli altri ragazzi sembravano grossi e deformi. Io gli misi la testa sulla spalla. Mi aveva conquistata». Aspettative di felicità frustrate ben presto, e l’inferno a fare nuovamente capolino, per diciassette, lunghissimi anni: il lavoro perduto da Charlo, i figli da crescere faticosamente, i maltrattamenti, le botte, le sevizie del marito. L’alcool come rifugio da una realtà senza scampo.

A raccontare, tra continui flashback e ritorni al presente, la triste storia della 39enne irlandese, una splendida Marina Massironi, egregia nel rappresentare una donna che ride e al contempo si dispera; duttilissima nel dar voce ad una Paula alterata dall’alcool, e ad alternare, efficacemente, tutti gli stati d’animo della protagonista: giocosa, disperata, allegra, nevrotica, folle, pacata, seria, depressa. Con incursioni, seppur brevi, nel campo della spassosa comicità, con i racconti delle prime, goffe, esperienze sessuali scolastiche e di un brutale (quasi rivelatore) amplesso consumato all’aperto con il suo Charlo. In un drammatico crescendo che porta l’attrice di Legnano a porsi interrogativi e nutrire sensi di colpa («Ma come si fa ad amare una persona e a picchiarla? Ma io continuavo a dare la colpa a me stessa… e se io non avessi, e se avessi…»), a piangere, senza dolore, la scomparsa del marito-aguzzino, ucciso durante una rapina. Sul palco, una scena surreale ed espressionista, confusa e smarrita come l’animo della protagonista: il prato, vecchi elettrodomestici, un letto d’ospedale, la porta di casa ritratta dall’esterno, quasi a non voler mostrare il vero teatro degli orrori casalinghi. Non sarà inutile, infine, chiarire che il titolo del romanzo, “La Donna che sbatteva nelle porte” è sintesi efficace del dramma di Paula, che non sbatteva affatto contro le porte, come spiegato ai medici per giustificare i continui ricoveri: «Naso rotto, denti che ballano, dita spezzate, capelli che mancano, bruciature, ma perché non me lo chiedete? Mia madre, mio padre, i miei fratelli, il medico, non chiedevano mai niente». E nessuno, invece, ad accorgersi di lei.

I due scatti inseriti nell’articolo sono stati gentilmente concessi dal Teatro Novelli di Rimini – Fotografie di Bepi Caroli



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