Il potere, il potere ovunque...Questo suggeriscono le enormi pareti di sabbia che si sbriciolano in questo film del regista giapponese Hiroshi Teshigahara (1964), e non lasciano di certo inerte lo spettatore con la loro forza allucinatoria. Il film non andrebbe visto come un caso isolato, tuttavia, dato che appartiene a quel periodo del cinema - gli anni Sessanta- in cui la critica sociale produce molte pellicole di analogo impegno, come si diceva allora, che culminerà nel ben noto Zabrinskie Point (1970) di Antonioni. Film tratto dall'omonimo romanzo di Kobo Abe, La donna di sabbia narra la strana avventura di un insegnante con la passione per l'entomologia che trascorre gli ultimi giorni di vacanza cacciando insetti, quando incontra un uomo che abita in un villaggio e lo segue per passare la notte e trovarsi, il giorno dopo, lungo una spiaggia ricca di esemplari interessanti. Il problema è che l'esemplare da studio è, in realtà, proprio lo studioso - interpretato dal bravo Eiji Okada (l'abbiamo visto in Hiroshima mon amour di Resnais e in altri film più commerciali come Odissea sulla Terra, del '67)- che finisce nella casa di una donna sola e disperata. La donna di sabbia, appunto. Molte belle le sequenze del corpo nudo di lei coperto di infiniti granelli di sabbia, nella prima parte del film, che preludono all'immersione ossessiva dell'uomo nel regno del potere assoluto e avvolgente al quale finirà con il sottomettersi. Con la sceneggiatura dello stesso Kobo Abe il film non rischia di finire in sviluppi narrativi fini a sè stessi; anzi, si direbbe che Teshigahara abbia voluto assecondare quanto più era possibile le idee poco "ortodosse" dello scrittore...Caso più unico che raro, direi, di confluenza tra regia e immaginazione letteraria. Le idee giungono alla mente dello spettatore come proiettili in un bianco e nero da incubo nucleare: un corpo eroso dalla sabbia dal Capitalismo. Ad ogni modo, è soltanto un caso eclatante di "paranoia giapponese", magari con l'aura del film d'autore? Sarebbe ingeneroso definirlo in questo modo. Vengono in mente anche altre cose, per esempio rimandi filosofici. Proprio negli anni Sessanta Michel Foucault sviluppava le sue idee intorno alla natura del Potere: esso non è un centro immobile, un Palazzo d'Inverno di memorie marxiste ormai deglutite dalla Storia, quanto una materia scivolosa e onnipresente senza centro né periferia. Senza volto, si direbbe senza una via di fuga. "La sabbia è umida e fa marcire le cose" dice la donna mentre l'uomo divora il suo primo pasto nella baracca dove lei vive. Ride, si direbbe che scherza. Lui non ci crede, le dice che la sabbia è secca e che il discorso non ha senso...Intanto la musica di Toru Takemitsu, il grande compositore giapponese, crea una colonna sonora di grande efficacia che fin dalle prime scene sembra fondersi con il paesaggio.
Pubblicato da Remy71 | Commenti Tag: cultura, cinema, critica, artisti, kobo abe, teshigaharaMagazine Cinema
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