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"La donna di velluto": quando il tessuto è il plagio

Creato il 04 settembre 2010 da Dejavu
Lo scandalo è fresco e la mia città è in subbuglio. I fatti sono questi. Il prolifico ingegnere udinese Fabio Filipuzzi sforna sei libri in quattro anni, li presenta ad incontri con il pubblico, li mette in vendita sugli scaffali delle maggiori librerie ed essendo ben inserito nel mondo editoriale, li promuove con facilità attraverso la carta stampata guadagnandosi una certa fama letteraria. Ma c'è un piccolo dettaglio che nessuno sa. Due di quei libri non sono farina del suo sacco.
E un terzo sarebbe addiritura un sacco misto. Si tratta di scopiazzature. L'autore si è rifatto con ben poca ispirazione - e parolaperparola - a nomi ben più illustri: Peter Handke e Jean Paul Enthovèn, per dirne alcuni. Finché, l'altro giorno, casualmente, un interprete di Trieste lo scopre e fa scoppiare il guaio. Purtroppo l'autore non è Alessandro Manzoni, non ha copiato da un manualetto anonimo del '600. Se c'è una certezza che ho imparato a scuola è che è inutile copiare se non lo sai fare. No, la sua scelta è ricaduta su scrittori un pochettino più esposti ed è stato facile capirlo.


La difesa del suo avvocato? Il cliente è affetto dalla sindrome di Stendhal. Avete capito bene, miei cari. Secondo il legale, il suo assistito avrebbe provato un impulso irrefrenabile a "citare" intere pagine tratte dai libri plagiati. Ho sempre detto che gli avvocati sono scrittori mancati che hanno scelto il mondo forense perché sanno che carmina non dant panem. Questa sì che è un'idea geniale per cercare di scamparla. Ma al giudice piacerà come storiella?
In tutto questo mi chiedo anche: che scopo c'è nel voler scrivere dei libri quando non se ne ha la minima ispirazione?
Mimesis, la casa editrice per la quale lavorava e dalla quale Filipuzzi si è dimesso dopo aver chiesto debitamente scusa, ha intanto ritirato uno dei libri incriminati. Si chiama La donna di velluto. Va bene che non si dovrebbe giudicare un libro dalla copertina ma nessuno si è ancora reso conto che anche il titolo è un debito illustre? Vi dice qualcosa il film Una lucertola con la pelle di donna di Lucio Fulci, che fece irritare Dario Argento perché sembrava fare il verso a uno dei suoi titoli zoofili? Mi viene il dubbio che sia già stato inventato tutto. Ma fino a che punto si può veramente dire di "aver preso ispirazione da qualcuno"?


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