La donna e il burattino – Romanzo spagnolo 2

Creato il 06 novembre 2012 da Marvigar4

La donna e il burattino

Romanzo spagnolo

Traduzione dall’originale francese La Femme et le Pantin – Roman espagnol

di Marco Vignolo Gargini

2. DOVE IL LETTORE APPRENDE I DIMINUTIVI DI “CONCEPTION”, NOME SPAGNOLO

Nel frattempo, la carrozza aveva svoltato l’angolo della via e si sentiva risuonare molto debolmente il rumore dei cavalli sulle lastre in direzione della Giralda.

André corse al suo inseguimento, ansioso di non lasciarsi scappare quella seconda occasione che poteva essere l’ultima; arrivò proprio nel momento in cui i cavalli entravano al passo nell’ombra d’una casa rosa della plaza del Triunfo.

Le grandi cancellate nere s’aprirono e si richiusero su di una rapida silhouette femminile.

Senza dubbio sarebbe stato più avveduto preparare le sue vie, prendere informazioni, chiedere del cognome, della famiglia, della situazione e del genere di vita prima di lanciarsi così, a testa bassa, nell’ignoto d’un intrigo dove, non sapendo niente, non era il padrone di niente. André, intanto, non poté risolversi a lasciare il campo prima d’aver fatto un primo sforzo, e, avendo verificato con mano rapida della posizione corretta del suo cappello e dell’altezza della sua cravatta, suonò risoluto.

Un giovane maggiordomo si presentò dietro il cancello, ma non aprì.

«Che domanda Vostra Grazia? »

«Date il mio biglietto da visita alla señora

«Quale señora?» continuò il domestico con una voce pacata, dove il sospetto non alterava troppo la deferenza.

«A quella che abita in questa casa, credo.»

«Ma il suo cognome?»

André, spazientito, non rispose. Il domestico riprese:

«Che Vostra Grazia mi faccia il favore di dirmi il cognome di quella señora a cui devo introdurla.»

«Vi ripeto che la vostra padrona mi attende.»

Il maggiordomo, inchinandosi, alzò leggermente le mani in segno d’impossibilità: poi si ritirò senza aprire e senza aver nemmeno preso il biglietto da visita.

Allora André, che la collera rese per nulla scortese, suonò una seconda e una terza volta, come alla porta d’un fornitore.

«Una donna così pronta a rispondere a una dichiarazione di quel genere», si disse, «non deve sbalordirsi dell’insistenza che si mette a penetrare a casa sua; era sola alle Delicias, deve vivere sola qui, e il fracasso che faccio solo lei lo sente.»

Non si sognò che il carnevale spagnolo autorizza delle libertà passeggere che non potevano prolungarsi nella vita normale con le stesse opportunità d’accoglienza.

La porta restò chiusa e la casa nel silenzio totale come se fosse stata deserta.

Che fare? Passeggiò per un po’ sulla piazza, davanti le finestre e i miradores dove sperava sempre di veder apparire il volto atteso, e, forse perfino, un segno… Ma niente apparve, e si rassegnò a tornare indietro.

Tuttavia, prima di lasciare una porta che si chiudeva su tanti misteri, avvistò non lontano un venditore di cerrillas [1] seduto in un angolo pieno d’ombra, e gli domandò:

«Chi abita in quella casa ?»

«Non lo so», rispose l’uomo.

André gli mise dieci reali nella mano e aggiunse:

«Dimmelo lo stesso.»

«Io non dovrei dirlo. La señora si rifornisce da me e se sa che parlo di lei, domani i suoi mozos [2] si rivolgerebbero altrove, al Fulano, per esempio, che vende le sue scatole mezze vuote. Almeno non ne dirò male, non ne sparlerò, cabayero! Soltanto il suo nome, dato che volete saperlo. È la señora doña Concepcion Perez, moglie di don Manuel Garcia.»

«Suo marito allora non sta a Siviglia?»

«Suo marito è in Bolibia

«E dov’è ?»

«In Bolibia, un paese d’America.»

Senza ascoltare oltre, André gettò un’altra moneta sulle ginocchia del venditore e rientrò tra la folla per raggiungere il suo hôtel.

Restava insomma indeciso. Pur venendo a sapere dell’assenza del marito, non aveva trovato che tutte le opportunità pendessero a suo favore. Quel venditore riservato che sembrava saperne di più di quanto volesse dire, lasciava credere all’esistenza d’un altro amante già scelto, e il comportamento del domestico non era fatto per smentire quel sospetto recondito… André ripensava che quindici giorni appena erano davanti a lui prima della data fissata del suo ritorno a Parigi. Sarebbero bastati per entrare nelle grazie d’una giovane la cui vita era senza dubbio già occupata?

Così tormentato dalle incertezze, entrava nel patio del suo albergo, quando il portiere lo fermò: «Una lettera per Vostra Grazia.»

La busta non portava l’indirizzo.

«Siete sicuro che questa lettera è per me?»

«M’è stata data adesso per don Andrès Stévenol. »

André la aprì senza indugio.

Conteneva queste semplici frasi, scritte su carta azzurra:

“Don Andrès Stévenol è pregato di non fare tanto strepito, di non dire il suo cognome e di non domandare più il mio. Se domani si recherà, verso le tre, sulla strada d’Empalme, passerà una carrozza, che forse si fermerà.”

«Come è facile la vita!» pensò André.

E salendo le scale del primo piano, aveva già la visione di intimità prossime; cercava i diminutivi teneri del più affascinante di tutti i nomi:

«Conception, Concha, Conchita, Chita. »



[1] Cerini

[2] Maggiordomi



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