A prima vista sembra indignazione che si levi da argomenti forti, prima di tutto, però, chiariamo: la lettrice scrive al direttore di Avvenire nella “sper[anza] che [egli] possa fare qualcosa” e il direttore le risponde che “qualcosa l’h[a] fatta già da tempo” – non guarda più il Grande Fratello (chissà da quale edizione in poi) – ma si rende ben conto che boicottare non basta, “non è sempre sufficiente”. Per evitare che all’indignazione subentri la frustrazione, e alla frustrazione un moto di rivalsa, gli autori del programma dovrebbero rivedere la decisione che hanno preso ed espellere il blasfemo, sarebbe il minimo.Cambiare canale non basta. Non basta nemmeno l’implicito invito a boicottare il reality. Né basta l’implicita pressione sui responsabili del programma e/o sul direttore della rete e/o sulla proprietà dell’emittente: Marco Tarquinio (o chi per lui) troverebbe pace solo ottenendo ciò che chiede e cioè la punizione del blasfemo.Bisogna tener conto del fatto che gli autori del programma hanno commutato l’espulsione in una pena più mite e il blasfemo è stato “nominato” d’ufficio, sicché il direttore di Avvenire potrebbe chiedere ai suoi lettori di dar voce all’indignazione col televoto, ma non lo fa, neanche vi accenna. Non viene neppure sfiorata l’ipotesi di appellarsi all’art. 406 del Codice Penale per offesa al sentimento religioso (pena fino a un anno di reclusione) o al can. 1369 del Codice di Diritto Canonico per pubblica bestemmia (pena fino alla scomunica), evidentemente neanche queste sanzioni basterebbero.Chiarito questo, ci sarebbe da affrontare l’argomento delle decine di milioni di cristiani che vengono perseguitati a causa della loro fede perché ingiustamente considerati blasfemi, mentre a un blasfemo vero, qui da noi, in Italia, culla del cristianesimo e cuore della cattolicità, non è torto neanche un capello. Par di capire che l’ingiustizia sia doppia e che la dirigenza di Mediaset potrebbe almeno dimezzarla.
A prima vista sembra indignazione che si levi da argomenti forti, prima di tutto, però, chiariamo: la lettrice scrive al direttore di Avvenire nella “sper[anza] che [egli] possa fare qualcosa” e il direttore le risponde che “qualcosa l’h[a] fatta già da tempo” – non guarda più il Grande Fratello (chissà da quale edizione in poi) – ma si rende ben conto che boicottare non basta, “non è sempre sufficiente”. Per evitare che all’indignazione subentri la frustrazione, e alla frustrazione un moto di rivalsa, gli autori del programma dovrebbero rivedere la decisione che hanno preso ed espellere il blasfemo, sarebbe il minimo.Cambiare canale non basta. Non basta nemmeno l’implicito invito a boicottare il reality. Né basta l’implicita pressione sui responsabili del programma e/o sul direttore della rete e/o sulla proprietà dell’emittente: Marco Tarquinio (o chi per lui) troverebbe pace solo ottenendo ciò che chiede e cioè la punizione del blasfemo.Bisogna tener conto del fatto che gli autori del programma hanno commutato l’espulsione in una pena più mite e il blasfemo è stato “nominato” d’ufficio, sicché il direttore di Avvenire potrebbe chiedere ai suoi lettori di dar voce all’indignazione col televoto, ma non lo fa, neanche vi accenna. Non viene neppure sfiorata l’ipotesi di appellarsi all’art. 406 del Codice Penale per offesa al sentimento religioso (pena fino a un anno di reclusione) o al can. 1369 del Codice di Diritto Canonico per pubblica bestemmia (pena fino alla scomunica), evidentemente neanche queste sanzioni basterebbero.Chiarito questo, ci sarebbe da affrontare l’argomento delle decine di milioni di cristiani che vengono perseguitati a causa della loro fede perché ingiustamente considerati blasfemi, mentre a un blasfemo vero, qui da noi, in Italia, culla del cristianesimo e cuore della cattolicità, non è torto neanche un capello. Par di capire che l’ingiustizia sia doppia e che la dirigenza di Mediaset potrebbe almeno dimezzarla.
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