La guerra in Ucraina, rappresenta, sotto questo aspetto, la linea rossa superata da Obama e soci che ha costretto il Cremlino ad alzare il livello di guardia, rimodellando il proprio approccio nei confronti del mondo occidentale ed attivando, benché riluttante, una più spinta collaborazione con la Cina.
Mentre restano invariati gli indirizzi del Cremlino sulle armi nucleari aventi scopi di deterrenza – che gli Usa percepiscono come un affronto alla propria sicurezza e a quella dei loro partner europei subordinati (proprio essi che hanno dislocato 350 testate atomiche nel Vecchio Continente) – mutano quelli legati agli armamenti “convenzionali” che saranno maggiormente sviluppati e resi più adatti agli obiettivi più flessibili della fase.
Non dobbiamo inoltre dimenticare che Washington non ha affatto rinunciato alle batterie antimissile (il c.d. scudo spaziale) da dislocare negli ex stati membri del Patto di Varsavia che, annunciate come unico strumento di difesa dagli (im)possibili attacchi dell’Iran, si sono presto rivelate di ben altra caratterizzazione. Gli americani vogliono isolare la Russia dal resto del consesso planetario perché la percepiscono come il principale competitore nel panorama geopolitico mondiale, ritornato insidioso e contendibile dopo la fine del loro eccezionalismo unipolare. I russi hanno ragione di temere le manovre yankees in Europa, volte a modificare i confini e le forme di governo di alcuni paesi traballanti, come accaduto con Kiev che ha recentemente abbandonato il suo statuto di paese neutrale, primo passo per entrare a far parte dell’Alleanza Atlantica, che hanno l’intento di impedire un recupero di potenza di Mosca, gravemente ridimensionata sul piano territoriale, militare e politico dopo il tracollo del 1991-92.
Ma quei tempi bui sono piuttosto lontani, anche se, come afferma giustamente Putin, non esiste conquista garantita per sempre, se non viene difesa con le unghie e con i denti da ogni connazionale. All’interno di questo quadro di ripetute spregiudicatezze statunitensi, di continue provocazioni e successive azioni destabilizzanti si riorganizza la difesa dei russi che puntano a ricollocarsi nell’epoca multipolare da assoluti protagonisti. La stampa nostrana chiama questo legittimo riposizionamento strategico mera paranoia. Ma immaginate che io mi appostassi con un coltello tra i denti e lo sguardo spiritato alla Jack Nicholson in Shining sotto casa di uno di questi scribacchini. Come si comporterebbero? La paranoia sarebbe la loro reazione minima, prima di chiamare la polizia o di acquistare una pistola per autodifesa.
Per questo la dottrina russa per il 2015 squarcia il velo d’ipocrisia sulla espansione islamista, nell’area medio-orientale, asiatica e nordafricana, rappresentante la simulazione dietro alla quale muovono i fili i nordamericani, e punta il dito direttamente contro la Nato, la quale è specularmente all’origine dei conflitti sui suoi confini prossimi e dentro la Federazione. Da qui le richieste di una maggiore attenzione alle operazioni delle agenzie straniere, atte a sobillare contesti etnici tradizionalmente divisi per linee culturali o religiose( già teatro di rivoluzioni colorate riuscite o no), che possono portare sul limite critico gli equilibri inclusivi fondanti l’attrazione storica di Mosca sui suoi partner. Inquietudini non differenti si evidenziano all’interno della stessa comunità nazionale, laddove esiste ancora un’opposizione finanziata da potenze nemiche che gode dei favori dei media esteri. Per tali motivazioni il documento menziona, nella sezione principali minacce militari interne, “le attività aventi un impatto sulle informazioni alla popolazione, in particolare sui giovani, e che sono destinate a minare il patrimonio storico, spirituale e patriottico della Russia”.
Mosca si sta semplicemente attrezzando a resistere e a reagire a intimidazioni che che non sono fantasmi slegati dalla realtà, sorti nella testa della sua leadership, come scrivono i nostri prezzolati pennivendoli dell’anglobalismo acritico. Lo so che gli Occidentali preferiscono sempre i liquidatori ai sovranisti ma dovranno farsene una ragione. La Russia non si compra più per un tozzo di pane e un po’ di vodka rancida. Eltsin, l’ubriacone, è morto ed anche Gorbaciov, il televenditore della pizza Hut, ormai non sta più tanto bene. Ora dovranno vedersela con un Presidente deciso e combattivo e con una classe dirigente all’altezza dei suoi compiti epocali che non regaleranno la pelle dell’orso per un sorso di coca cola.