12 FEBBRAIO - Nella lontana estate del 1997 gli 883 con Max Pezzali cantavano “è la dura legge del gol, fai un gran bel gioco però…”. Credo che questo simpatico tormentone estivo sintetizzi alla perfezione il derby dello scorso sabato al Bentegodi. Una sconfitta molto dura da digerire maturata in maniera immeritata – il Vicenza ha fatto gol sull’unica azione offensiva di tutto il match – al termine di un incontro caratterizzato da un netto predominio dei gialloblù. Tuttavia gli spunti di riflessione certo non mancano.
La squadra scaligera è apparsa ancora una volta poco concreta in quanto non è riuscita a capitalizzare l’importante mole di gioco offensivo espressa. Il Vicenza – come oramai sono solite fare le squadre che arrivano al Bentegodi – ha disputato dal canto suo una partita di solo contenimento limitandosi ad aspettare i gialloblù nella propria metà campo e difendendo spesso con dieci uomini dietro la linea della palla. Il gioco molto in orizzontale e poco in verticale degli uomini di Mandorlini ha agevolato il compito dei biancorossi che, a parte due conclusioni di Sgrigna ben parate dall’estremo difensore berico Bremec, hanno corso l’unico vero pericolo su una combinazione Martinho – Sgrigna, conclusasi con un incredibile errore sottoporta da parte di Cacia. Senza dubbio se il pallone fosse entrato saremmo qui a parlare di un’altra partita, anche perché gli uomini di Dal Canto mi sono sembrati veramente poca cosa nonostante un organico “impreziosito” dalle presenze di giocatori come Tiribocchi, Bojinov, Malonga e Semioli. Nella seconda frazione di gioco a nulla è valso il cambio di modulo con Sgrigna alle spalle delle due punte Cocco e Cacia in quanto – è giusto dirlo – il Verona non ha praticamente mai tirato in porta. L’immediata contromossa dell’allenatore biancorosso – fuori una punta (Malonga) per un centrocampista (Castiglia) – ha poi aumentato la densità nella zona centrale del campo, impedendo di fatto le giocate di Sgrigna per i due attaccanti.
Dopo l’inatteso gol di Semioli, nemmeno la mossa della disperazione operata da Mandorlini – un 4-2-4 con due esterni larghi – ha sortito effetti positivi. Tuttavia, al di la del risultato negativo di una partita che il Verona meritava assolutamente di vincere, il nodo cruciale è che nella squadra gialloblù di quest’anno, troppe volte è mancata quella “furia” agonistica, quella voglia di “mangiare l’erba” alla quale ci eravamo abituati lo scorso campionato. Soprattutto, una volta subito lo svantaggio, non si è vista quella reazione veemente che tutti si aspettavano.
Secondo me proprio qui sta il punto, ovvero riuscire a ritrovare ben presto quell’atteggiamento e quella voglia di vincere con cui fare il definitivo salto di qualità, necessario per raggiungere un risultato importante. Domenica all’ora di pranzo, arriva la trasferta di Novara contro l’undici di Aglietti, la squadra più in forma del momento. Partita dalle mille insidie – non ultimo il terreno sintetico – che rappresenta fin da subito l’occasione per un pronto riscatto.
Enrico Brigi