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La fabbrica nuova a Taskent

Creato il 27 dicembre 2013 da Enricobo2

La fabbrica nuova a Taskent

Taskent - Uzbekistan


Eh già, quando le racconto agli amici non ci vogliono mai credere, ma la Russia postsovietica, in pieno default era davvero un macello; non parliamo poi delle ex repubbliche del glorioso impero dove si stava scatenando il selvaggio west delle nuove ricchezza. Il fatto è che nessuno sapeva fare le cose. Settanta anni di personaggi che non si prendevano nessuna personalità per non correre il rischio di sbagliare e essere purgati, aveva condotto alla perdita di ogni abilità. Questa che si vede nella foto è una tipica fabbrica "nuova" di quel periodo. Tanta voglia di mettersi nel business, certi che così si facevano i soldi, così sorgevano queste costruzioni che appena finite parevano già completamente bombardate. Qui siamo in Uzbekistan a Taskent e il fatto che l'edificio sia nuovo si vede dal grande gruppo frigorifero che avevamo appena istallato. Dentro, tutta una serie di "operai" che non sapevano bene cosa fare, che bisognava istruire in breve tempo e ai quali passare in consegna l'impianto pagato a carissimo prezzo. Certo perché quando sei nel triste stato di vivere in un paese in cui è saltata l'economia e che non ha pagato i debiti, i tuoi soldi sono diventati carta straccia e ogni cosa che vuoi comprare dall'estero, la devi pagare il doppio o il triplo di quello che vale realmente, la paghi in anticipo e in dollaroni sonanti che le tue schifezze di lire uzbeke (che allora si chiamavano Sumi se non sbaglio)  le potevi buttare nel cesso a cielo aperto che stava dietro la fabbrica stessa. 
Una delle grandi furbate compiute dagli stati che avevano abbandonato l'unione era stata quella di abbandonare subito il rublo e tornare alle monete nazionali. Forse giravano lì allora, quegli imbecilli di sedicenti economisti che adesso si sono trasferiti nei nostri talk show. Certo che però le serate erano allegre, fiumi di vodka e ristoranti lungo il fiume a fare brindisi fino a notte in nome dell'imperitura amicizia italo-uzbeka. Lampi di luce abbagliante da file di denti d'oro. Nei piatti, mestolate di plof, una sorta di riso fatto in un pentolone in mezzo al cortile le cui conseguenze ti impegnavano per tutta la notte. E poi incontri con tanti possibili clienti futuri a cui mostrare gli splendori della nuova fabbrica, desiderosi di averne una uguale, senza sapere neanche che cosa produrre, ma non importa, la cosa essenziale era mettersi in affari, cominciare a produrre in un paese affamato di cose da comperare e senza un soldo per farlo. Però c'era un sacco di speranza, negli occhi di tutti, convinti per la verità che in fondo fosse facile fare ed arricchirsi. Qualcuno lo ha fatto e ci è riuscito. Adesso vengono in Sardegna o sulla Cote a comprarsi le ville e noi li disprezziamo perché non hanno l'aplomb dei ricchi veri, blasé e disincantati, che sanno come comportarsi in ogni situazione. Si faranno anche loro, intanto se adesso vai nelle repubbliche centroasiatiche ad Astana o ad Alma Aty, vedi grattacieli come a Shanghai e stanno sparendo quelle fabbriche che avevamo messo su e che sembravano bombardate anche se erano appena finite. 
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