Magazine Cinema
1955
Stati Uniti d'America
Regia: Bruno VeSota
Scritto: Bruno VeSota
La follia genera mostri, questo viaggio in celluloide ben descrive una situazione tale.
Lei viveva con due creature maligne, una fedifraga, femmina, l'altra rozza e violenta, maschio. La creatura uomo uccise la creatura donna e lei, figlia e protagonista, dopo aver visto la scena, accoltellò lui, il padre. Ciò rimarrà per sempre nella sua vita, squallida, pregna d'incubi, con un letto in un infimo hotel, con una luce intermittente che entra dalla finestra e fa da spola fra passato e presente, fra personalità violenta e pacata, con vicini che le ricordano le sue storie passate. Nella metropoli in cui vive, le cui strade e strutture paiono mondi asimmetrici, con marcate luci ed ombre, come nel'amato, da chi scrive, espressionismo tedesco, esistono altri obbrobri: reietti maneschi negli angoli bui, manichini indifferenti e lerci arricchiti sempre pronti a comprare con il loro sporco denaro, affamati di carne da masticare e da violare. Uno di questi ultimi, schifoso, con il suo egocentrico lacché riuscirà a circuire la donna, e dopo preamboli borghesemente falsi si dovrà arrivare al dunque carnale. Ma lo spettro del padre è ovunque: nell'attendente presente nel lussuoso stabile dove dovranno consumare il rapporto, nell'aspetto fisico delle forze dell'ordine, che una volta l'hanno anche aiutata (una lievissima accondiscendenza alle violenze paterne?), dappertutto, ovviamente anche nel viso del facoltoso. E con un peso del genere non si può che ripetere l'azione passata. Nessuno la perdonerà, anche se vivrà un momento di salvezza "artistico" in un jazz club, la raggiungeranno, la polizia/padre, il laido riccone risorto, gli ignavi delle strade.
Incubo? Forse no.
Capolavoro di chiaroscuri, mimiche caricate, sovrimpressioni geniali, si veda la metaforica sequenza con le onde.
Lei, a parer nostro, bellissima.
Altre sequenze di rilievo sono quella al cimitero, un grandissimo espediente per il flashback, che strizza l'occhio ai classici d'orrore del periodo e ricorda non poco alcuni film di Ed Wood, il direttore della fotografia è infatti William C. Thompson, suo assiduo collaboratore, e la bellissima conclusione dal serratissimo ed allucinante montaggio.
Musiche di George Antheil adatte perché martellanti ed ossessive, quasi nessun suono, se non nel finale.
Questa versione, in cui è presente la narrazione extradiegetica di Ed McMahon ed è chiamata Daughter of Horror, dura poco meno di un'ora, ne esiste un'altra di 61 minuti senza narratore, con qualche suono di sottofondo in più.
Scrittura e regia vengono attribuiti a John Parker, che invece è solo produttore, quei ruoli spettano a Bruno VeSota, interprete anche dell'uomo ricco.
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