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La faida

Creato il 01 settembre 2012 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

La faida

 

Anno: 2011

Distribuzione: Fandango

Durata: 109′

Genere: Drammatico

Nazionalità: USA/Albania/Italia/Danimarca

Regia: Joshua Marston

 

Quante volte abbiamo sentito parlare di “debito di sangue” e quante di queste abbiamo attribuito ad esso il giusto significato? Poche probabilmente e a dimostrarcelo arriva nelle sale, dopo la presentazione alla 61esima edizione della Berlinale, The Forgiveness of Blood (in Italia distribuito dalla Fandango a partire dal 31 agosto 2012 con il titolo La faida), opera seconda di Joshua Marston, apprezzato regista ebreo di origini californiane, che torna dietro la macchina da presa a otto anni di distanza dal pluri-premiato Maria Full of Grace e una proficua gavetta sul piccolo schermo al timone di serie come Six Feet Under, Swingtown, Law & Order e In Treatment

La pellicola racconta di Nik, un ragazzo di diciassette anni che frequenta l’ultimo anno di liceo in una cittadina nel nord dell’Albania. È un ragazzo dinamico, e il suo obbiettivo dopo il diploma è quello di riuscire ad aprire un internet point. A parte questo, pasa il suo tempo a corteggiare una sua compagna di scuola. La sorella di Nik, la quindicenne Rudina, ha a sua volta le idee molto chiare riguardo all’avvenire: vorrebbe andare all’università per proseguire nel suo percorso di studi. La vita dei due adolescenti, e quella della loro famiglia, è sconvolta da una faida che porta il padre dei ragazzi a uccidere un uomo. Nik e Rudina si ritrovano dunque invischiati in una storia di vendetta. Il rigido regolamento del Kanun, una secolare legge tradizionale albanese, impedisce a tutti i membri maschili della famiglia, compreso il piccolo Bora di appena sette anni, di uscire di casa.

La faida

Ne viene fuori una reclusione forzata che ricorda per certi versi quella imposta dalla pattuglia dell’esercito israeliano alla famiglia palestinese protagonista di Private di Saverio Costanzo. In entrambi i casi ci si trova al cospetto di significativi esempi di quella che gli addetti ai lavori e gli storici del cinema hanno definito “teoria dell’accerchiamento”, seppur con traiettorie ed esiti differenti. Anche nella pellicola del 2004 si assiste a un isolamento tra le pareti domestiche, ma voluto da un “nemico” visibile che si tramuta in carceriere, quello che nel film di Marston, invece, si rende invisibile nascondendosi all’esterno delle quattro mura, sorretto e aiutato da una regola appartenente al codice legale del XV° secolo, che ha costretto, dalla sua istituzione sino ai giorni nostri, qualcosa come 20.000 famiglie agli arresti domiciliari. Le loro vite vengono di fatto sconvolte: gli adolescenti smettono di andare a scuola, gli uomini di andare a lavoro, con le ragazze e le donne che devono andare a guadagnare quello che i padri e i mariti rimasti a casa non possono più. Da qui nasce anche il tema visivo che percorre tutto il film, ossia il ripetuto contrasto tra interno ed esterno, con tagli di luce e di spazio che stanno a simboleggiare oltre che un senso di realismo e immediatezza che si fa veicolo a sua volta dell’evocazione dello stato psicologico dei personaggi coinvolti, anche del senso opprimente di circoscrizione e isolamento di una casa che da focolaio si trasforma in prigione fisica e mentale. E pure in questo senso le assonanze con la pellicola d’esordio di Saverio Costanzo si arricchiscono di un altro tassello.

La faida ha sia il merito di portare sul grande schermo un argomento sul quale non sono state spese moltissime immagini e parole, sia quello di averlo affrontato in una chiave tutt’altro che scontata e prevedibile. Il regista sceglie, infatti, di non raccontare la storia delle cicliche uccisioni vendicative, piuttosto di concentrare l’attenzione sull’esperienza vissuta, quella del trovarsi coinvolti in una faida, ma dal punto di vista degli adolescenti le cui esistenze vengono stravolte quando la loro famiglia viene presa di mira. Dunque, sono proprio loro i protagonisti dell’opera, della quale diventano il centro di gravità drammaturgica intorno al quale ruotano gli eventi narrati. Per far ciò, Marston si attacca letteralmente ai piccoli protagonisti con una macchina da presa che li pedina catturandone i gesti fatti e quelli mancati, soffermandosi spesso sui volti dietro i quali si celano tempeste emotive che sono costretti a imprigionare dentro se stessi. Il tutto è reso possibile anche grazie alle toccanti, intense e sofferte performance dei giovani interpreti, due su tutti Tristan Halilaj (Nik) e Sindi Laçej (Rudina).

La faida

Il tempo per questi giovani protagonisti diventa l’altro elemento chiave dell’impianto drammaturgico, con una narrazione rarefatta che si dilata, restituendo allo spettatore l’idea di uno scorrimento delle lancette pressoché inesistente a separare il giorno dalla notte, quasi a volere cristallizzare sullo schermo l’idea di un dramma che non vuole consumarsi fino in fondo. Un dramma vissuto dall’interno, senza la necessità di dover fare la spola tra le due fazioni coinvolte nella faida. L’opera seconda di Marston da questo punto di vista mette in quadro una storia di formazione prima che di disfunzione, con un conflitto che dall’esterno si trasferisce tra le stanze della casa. La minaccia resta sempre confinata oltre il cancello, latente e onnipresente, pronta a palesarsi con attacchi notturni (l’incendio della stalla o i colpi di fucile che frantumano le finestre), ma è il dibattimento familiare, e ciò che ne scaturisce,  il vero motore portante de La faida: dallo scontro generazionale su cosa sia giusto oppure no fare al desiderio di libertà, dal rispetto della legge alla sua messa in discussione perché arcaica nell’applicazione, specialmente in un’epoca (e qui sta il grande paradosso che il film riesce benissimo a mettere in evidenza) che vede la società, in questo caso quella albanese, legata al 21esimo secolo per via di cellulari e internet, ma al contempo imprigionata nel passato per via di una secolare tradizione orale che porta il peso della legge. Come nel precedente Maria Full of Grace, anche ne La faida si assiste a un itinerario centrifugo di liberazione in cui i fieri protagonisti imparano in che misura la libertà comporti sofferenza, perdita, spaesamento, distacco e soprattutto solitudine.

Francesco Del Grosso

La faida
Scritto da il set 1 2012. Registrato sotto IN SALA. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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