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La Falsa Pista quinta inchiesta del commissario Wallander.

Creato il 30 ottobre 2010 da Rstp

La Falsa Pista quinta inchiesta del commissario Wallander.Estate 1994. Gli svedesi siedono incollati ai televisori per seguire il campionato del Mondo di Calcio. Ma per Kurt Wallander, il commissario della squadra criminale di Ystad, la festa si trasforma in un incubo.
Nella magnifica estate nordica una ragazza si cosparge di benzina e si dà fuoco in un campo di colza in fiore. Poco dopo un ex ministro di grazia e giustizia, con un passato pieno di ombre, viene trovato sulla spiaggia con la spina dorsale spezzata e scotennato.
È l’inizio di una terribile serie di omicidi: come un indiano sul piede di guerra, un brutale assassino uccide silenziosamente e strappa lo scalpo al nemico sconfitto.. Ma qual è il legame tra un ministro in pensione, un antiquario affermato e un comune ricettatore? Perché l'assassino scotenna le sue vittime?

Poco prima dell'alba Pedro Santana fu svegliato dal fumo della lampada a petrolio.
Quando aprì gli occhi, dapprima non capì dove si trovasse. Era stato strappato da un sogno che non voleva perdere. Stava attraversando uno strano terreno roccioso dove l'aria era molto rarefatta e aveva avuto l'impressione che tutti i ricordi fossero sul punto di lasciarlo. Il fumo della lampada a petrolio era pene­trato nel suo subconscio come un remoto odore di cenere vul­canica. Improvvisamente però c'era anche qualcos'altro: il suo­no di un essere umano che soffriva.
E allora il sogno si era spez­zato ed era stato obbligato a tornare nella camera buia dove aveva passato sei giorni e sei notti dormendo non più di qualche minuto alla volta.

La lampada a petrolio si era spenta. Intorno a lui non c'era altro che buio. Rimase seduto completamente immobile. La notte era stata molto calda. Sotto la camicia il sudore era appic­cicaticcio. Si accorse di puzzare. Era passato tanto tempo dal­l'ultima volta che aveva avuto la forza di lavarsi.
Poi sentì nuovamente il suono ansimante. Si sollevò dal pavi­ mento di terra con cautela e cercò a tastoni la tanica di plastica con il petrolio. Sapeva che doveva essere vicino alla porta. Men­tre si muoveva nel buio, pensò che doveva avere piovuto mentre dormiva. Il pavimento era umido sotto i suoi piedi. Sentì un gallo cantare in lontananza. Sapeva che era il gallo di Ramirez.
Era sempre il primo dei galli del villaggio a cantare prima del­l'alba. Quel gallo era come una persona impaziente. Come quelle che vivono nella città, che sembrano sempre avere così tanto da fare da non riuscire a fare altro che preoccuparsi della propria fretta. Non era come qui nel villaggio, dove tutto avveniva con la lentezza che in fondo era quella della vita stessa. Perché la gente doveva correre quando le piante, di cui viveva­no, crescevano comunque con tanta lentezza?

Una delle sue mani urtò la tanica di petrolio. Tolse il pezzo di stoffa che era infilato nell'apertura e si volse. Il suono ansimante che lo circondava nel buio si era fatto più irregolare. Trovò la lampada, svitò il tappo e versò cautamente il petrolio. Allo stes­so tempo, cercò di ricordare dove avesse messo la scatola di fiammiferi. Si ricordò che la scatola era praticamente vuota. Ma forse restavano ancora due o tre fiammiferi. Posò la tanica di plastica e cercò a tastoni sul pavimento. Quasi subito, una mano urtò la scatola dei fiammiferi. Ne accese uno, alzò la campana di vetro della lampada e guardò lo stoppino accendersi.
Poi si girò. Lo fece in preda a un'enorme angoscia perché non voleva vedere quello che lo aspettava.
La donna stesa sul letto accanto al muro sarebbe morta. Ora sapeva che era così, anche se fino all'ultimo aveva cercato di convincere se stesso che la crisi sarebbe passata presto. Il suo ultimo tentativo di fuggire era stato nel sogno. Ora non gli rima­neva più alcuna via di scampo.
Un essere umano non può mai fuggire dalla morte. Né dalla propria, né da quella che aspetta una persona cara.
Si accovacciò accanto al letto. La lampada a petrolio gettava ombre irrequiete sui muri. Guardò il viso della donna. Era an­cora giovane. Anche se il suo viso era pallido e scavato, era an­cora bella. La bellezza sarà l'ultima cosa a lasciare mia moglie, pensò e si accorse che gli venivano le lacrime agli occhi. Le toc­cò la fronte. La febbre era nuòvamente salita.
Gettò uno sguardo verso la finestra rotta, che aveva riparato con un pezzo di cartone. Non era ancora l'alba. Il gallo di Rami-rez era ancora il solo a cantare. Basta che arrivi l'alba, pensò. Morirà di notte. Non di giorno. Basta che abbia la forza di respira­re/ino all'alba. Allora non mi lascerà ancora solo.
Improvvisamente la donna aprì gli occhi. Pedro le prese una mano e cercò di sorridere.
«Dov'è la bambina?» chiese con un tono di voce così fievole, che a malapena riuscì a capire le sue parole.
«Sta dormendo a casa di mia sorella» le rispose. «È la cosa migliore.»
La sua risposta sembrò tranquillizzarla.
«Quanto tempo ho dormito?»
«Molte ore.»
«Sei rimasto qui seduto tutto il tempo? Devi riposare. Fra qualche giorno non sarò più stesa qui.»
«Ho dormito» rispose Pedro. «Fra non molto, starai di nuo­vo bene.»
Si chiese se si fosse accorta che stava mentendo. Si chiese anche se lei sapesse che non si sarebbe mai più alzata da quel letto. Poteva forse essere possibile che entrambi, ciascuno nella propria disperazione, si mentissero a vicenda? Per rendere 'inevitabile più facile.
«Sono così stanca» disse.
«Hai bisogno di dormire per guarire» le disse volgendo allo stesso tempo la testa in modo che lei non potesse vedere quanto gli fosse difficile controllarsi.
Pochi attimi dopo, la prima luce dell'alba penetrò nella casa. Si sedette sul pavimento vicino al suo letto. Era così stanco da non avere più la forza di fissare i propri pensieri. Gli passavano per la mente senza riuscire a controllarli.
Aveva incontrato Dolores per la prima volta quando aveva ventun anni.
Insieme a suo fratello Juan, aveva percorso la lun­ga strada che porta a Santiago de los Treinta Caballeros per vedere il carnevale. Juan, che era più anziano di due anni, aveva già visitato la città in precedenza.
Per Pedro invece era la prima volta. Avevano impiegato tre giorni per arrivarci. Di quando in quando erano riusciti a fare qualche chilometro su un carro ti­rato da buoi. Ma avevano percorso gran parte della strada a pie­di. In un'occasione avevano anche cercato di viaggiare abusiva­mente su un autobus stracarico che era diretto in città. Ma quando a una fermata avevano tentato di salire sul tetto dell'au­tobus per nascondersi fra le valigie e i pacchi legati con lo spa­go, erano stati scoperti. Il conducente li aveva scacciati bestem­miando. Aveva gridato che non doveva essere permesso che ci fosse della gente tanto povera da non avere i soldi per pagare un biglietto d'autobus.

«Un uomo che guida un autobus deve essere molto ricco» aveva detto Pedro, quando avevano ripreso a camminare lungo la strada polverosa che si snodava fra le piantagioni senza fine di canna da zucchero.
«Tu sei stupido» gli rispose Juan. «I soldi del biglietto vanno a quello che possiede l'autobus. Non a quello che lo guida.»
«Chi è?» chiese Pedro.
«Come faccio a saperlo?» rispose Juan. «Ma quando arrivia­mo in città ti farò vedere la casa dove abita.»
Alla fine arrivarono. Era un giorno di febbraio, e tutta la città partecipava alla pazza gioia del carnevale. Senza parole, Pedro aveva visto tutti i vestiti variopinti, con lustrini cuciti lungo i bordi. All'inizio, le maschere che rappresentavano diavoli e ani­mali diversi lo avevano spaventato.
Era come se tutta la città si muovesse al ritmo di migliaia di tamburi e chitarre. Juan lo ave­va guidato espertamente per strade e vicoli. Di notte avevano dormito sulle panchine del Parque Duarte. Tutto il tempo Pe­dro aveva avuto una grande paura che Juan gli sparisse nel for­micolio di gente. Si sentiva come un bambino che ha paura di perdere il genitore. Ma non si fece notare. Non voleva che Juan gli ridesse dietro.

Eppure fu quello che successe. Era la terza sera, quella che doveva essere l'ultima. Si erano trovati nella Calle del Sol, la più grande delle strade della città, quando improvvisamente Juan era sparito fra la gente che ballava mascherata. Non si erano messi d'accordo su un punto dove incontrarsi nel caso si fossero separati. Pedro aveva cercato Juan fino a notte inoltrata senza trovarlo. Non lo aveva ritrovato neppure fra le panchine del parco dove avevano dormito le notti precedenti. All'alba, Pe­dro si era seduto vicino a una delle statue della Plaza de Cultu­ra. Aveva bevuto l'acqua di una fontana per dissetarsi. Ma non aveva neanche un soldo per comprarsi del cibo. Aveva pensato che l'unica cosa che potesse fare, era cercare di ritrovare la stra­da che portava a casa. Sarebbe bastato uscire dalla città per po­tersi infilare in una delle tante piantagioni di banane e mangiare a sazietà.
Improvvisamente si era accorto che qualcuno gli si era sedu­to a fianco. Era una ragazza della sua stessa età. Aveva subito pensato che era la più bella ragazza che avesse mai visto. Quan­do lei si era accorta a sua volta della sua presenza, lui aveva abbassato lo sguardo imbarazzato. L'aveva guardata di nasco­sto, mentre si toglieva i sandali e si massaggiava i piedi dolenti. Fu così che incontrò Dolores. Molte volte, più tardi, avevano parlato di come la scomparsa di Juan nel turbinio del carnevale e i piedi che le facevano male li avevano fatti incontrare. Seduti alla fontana, avevano cominciato a parlarsi.
Anche Dolores era in città per una breve visita. Aveva cerca
to lavoro come domestica ed era andata di casa in casa nel quar­tiere dei ricchi, senza successo. Come Pedro, anche lei era figlia di un campesino, e il suo villaggio non era lontano da quello dove Pedro viveva. Insieme erano usciti dalla città e si erano saziati rubando banane dagli alberi nelle piantagioni lungo la strada, e più si erano avvicinati al villaggio di Dolores, più ave­vano rallentato l'andatura.
Due anni dopo, a maggio, prima dell'inizio del periodo delle piogge, si erano sposati e si erano trasferiti nel villaggio di Pe­dro, dove uno zio di Pedro aveva dato loro una piccola casa. Pedro lavorava in una piantagione di canna da zucchero e Do­lores coltivava verdure per poi rivenderle ai compratori che passavano. Erano poveri allora, ma erano giovani e felici.
Solo una cosa non era come avrebbero voluto. Dopo tre anni Dolores non era ancora rimasta incinta. Non ne parlavano mai. Ma Pedro aveva potuto notare che Dolores era diventata sem­pre più irrequieta. Senza che lui lo sapesse, si era persino recata, in gran segreto, a cercare aiuto da una curiositas al confine con Haiti, ma niente era cambiato.
Dovevano passare otto anni. Ma una sera, quando Pedro stava rientrando dalla piantagione di canna da zucchero, lei gli era andata incontro e gli aveva annunciato di essere incinta. Alla fine dell'ottavo anno del loro matrimonio, Dolores diede alla luce una figlia. Quando Pedro vide sua figlia per la prima volta, si rese immediatamente conto che la bambina aveva ereditato la bellezza di sua madre. Quella sera, Pedro era andato in chiesa e aveva offerto una moneta d'oro che aveva avuto in dono da sua madre quando questa era ancora viva. L'aveva offerta alla Vergine Maria e aveva pensato che anche lei, con il suo bimbo in fasce, gli ricordava Dolores e la loro bambina appena nata.
Dopodiché, era tornato a casa cantando a voce talmente alta e forte, che la gente che lo incontrava lo guardava e si chiedeva se avesse bevuto troppo estratto di canna da zucchero fermentato.

Dolores dormiva. Respirava sempre più affannosamente e si muoveva irrequieta.
«Non puoi morire» sussurrò Pedro notando che non riusciva più a controllare la propria disperazione. «Non puoi lasciare me e nostra figlia.»
Due ore dopo era tutto finito. Per un breve attimo il respiro di Dolores si fece completamente normale. La donna aprì gli occhi e lo fissò.
«Devi battezzare nostra figlia» disse. «Devi battezzarla e devi prenderti cura di lei.»
«Presto starai nuovamente bene» le rispose. «Andremo in­sieme in chiesa e la faremo battezzare.»
«Io non ci sono più» gli rispose chiudendo gli occhi.
Poi se n'era andata.
Due settimane più tardi, Pedro lasciò il villaggio con sua fi­glia in un cesto che portava sulle spalle. Suo fratello Juan lo seguì per un po'.
«Sai cosa fai?» gli chiese.
«Faccio solo quello che deve essere fatto» rispose Pedro.
«Perché devi andare in città per battezzare tua figlia? Perché non la fai battezzare qui nel villaggio? Quella chiesa è andata bene sia per te che per me. E per i nostri genitori prima di noi.»
Pedro si fermò e fissò suo fratello.
«Abbiamo aspettato un bambino per otto anni. Quando fi­nalmente nostra figlia è arrivata, Dolores si è ammalata. Nessu­no poteva aiutarla. Non aveva ancora compiuto trent'anni. Ed è morta. Perché siamo poveri. Perché siamo pieni delle malattie della povertà.
Ho incontrato Dolores quella volta che sei sparito durante il carnevale. Adesso tornerò alla grande cattedrale che è nella piazza dove ci siamo incontrati. Mia figlia sarà battezzata nella più grande chiesa del paese. È il minimo che possa fare per Dolores.» Non attese la risposta di Juan, ma si girò e riprese a camminare. La sera tardi, quando arrivò al villaggio dove Dolo­res era cresciuta si fermò nella casa della madre di lei. Aveva spiegato ancora una volta dove stava andando. Quando finì di parlare, la vecchia donna aveva scosso il capo con tristezza.

«Il tuo dolore ti porta alla pazzia» disse. «Pensa piuttosto che a tua figlia non farà bene essere sballottata sulla tua schiena fino a Santiago. La strada è lunga.»
Pedro non rispose. Al mattino presto riprese il suo cammino. Per tutto il percorso continuò a parlare alla bambina che era nel cesto sulle sue spalle. Le raccontava tutto quello che si ricordava di Dolores. Quando non ebbe altro da dire ricominciò da capo.
Arrivò in città di pomeriggio mentre pesanti nuvole pregne di pioggia si stavano ammassando all'orizzonte. Arrivato alla grande porta della cattedrale di Santiago Apostol si sedette e aspettò. Di tanto in tanto dava alla figlia il cibo che si era porta­to da casa. Guardava i preti vestiti di nero che gli passavano davanti. Trovava che erano troppo giovani o che avevano trop­pa fretta per essere degni di battezzare sua figlia. Aspettò per molte ore. Alla fine vide un vecchio prete che attraversava a passi lenti la grande piazza in direzione della cattedrale. Si alzò, si tolse il cappello di paglia e tese in avanti sua figlia. Il vecchio prete ascoltò pazientemente la sua storia. Poi annuì.
«Battezzerò tua figlia» disse. «Hai fatto molta strada per quello in cui credi. Una cosa molto insolita per i tempi che cor­rono. Oggi, è raro che un essere umano faccia lunghi percorsi per ciò in cui crede. Per questo il mondo è nello stato in cui si trova.»
Pedro seguì il prete nella cattedrale. Aveva la sensazione che Dolores fosse al suo fianco. Il suo spirito fluttuava intorno a loro seguendoli passo per passo fino al fonte battesimale.
Il vecchio prete appoggiò il suo bastone contro una delle alte colonne.
«Come si chiamerà la bambina?» chiese.
«Come sua madre» rispose Pedro. «Si chiamerà Dolores. Vo-1 glio che abbia anche il nome Maria. Dolores Maria Santana.»
Dopo il battesimo, Pedro tornò nella piazza e si sedette vici-' no alla statua dove aveva incontrato Dolores dieci anni prima. Sua figlia dormiva nella cesta. Rimase seduto immobile, profon­damente immerso in se stesso.
Io, Pedro Santana, sono un uomo semplice. Dai miei genito­ri, non ho ereditato altro che povertà e continua miseria. Così non ho potuto neppure tenere mia moglie. Ma ti prometto che nostra figlia, avrà una vita diversa. Farò di tutto perché eviti di vivere una vita come la nostra. Dolores, io ti prometto che tua figlia diventerà un essere umano che vivrà a lungo e felicemente ' Una vita dignitosa.
La sera stessa Pedro lasciò la città dietro di sé. Ritornò al villaggio con sua figlia Dolores Maria.
Era il dieci maggio 1978.
Dolores Maria, tanto amata da suo padre, aveva allora otto mesi.

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