La Fame di Camilla è una band pugliese formata da quattro ragazzi (il cantante e chitarrista Ermal Meta, il chitarrista Giovanni Colatorti, il bassista Dino Rubini ed, infine, Lele Diana, specialista nel reparto percussioni) che insieme, dal 2007 ad oggi, hanno intrapreso una vera e propria scalata nel panorama musicale, partecipando a Sanremo, vincendo numerosi premi ed ottenendo grandi riconoscimenti da parte di pubblico e critica. Le loro canzoni puntano quasi esclusivamente su quel sentimento che maggiormente riesce a lasciare segni indelebili nell’anima delle persone, ovvero l’amore. L’autore dei brani è il frontman di origini albanesi Ermal Meta, il quale indubbiamente possiede una notevole sensibilità verso ciò che vede e vive nella sua quotidianità e vita privata, e di conseguenza riesce ad essere un cantautore, un messaggero di emozioni, un comunicatore di stati d’animo. Ermal vive di aria e note, poiché ancor prima di nascere, quando giaceva ancora nel grembo della madre (violinista e pianista), impara ad amare la musica e di conseguenza lascia che quest’ultima diventi il mezzo, primo e unico, per comunicare, per arrivare al cuore della gente.
Sono tre i lavori pubblicati dal quartetto: La Fame di Camilla, Buio e luce e L’attesa. Con quest’ultimo album, edito lo scorso gennaio, intraprendono un tour che li porta in giro per la nostra penisola, fino ad arrivare nella bellissima Catania. Ogni concerto de “L’attesa Tour” porta sempre nuove soddisfazioni alla band, che più affamata che mai attende un responso positivo anche dai fan della città etnea. Il Barbara Disco Lab organizza l’evento e l’inizio della serata vede il dj del locale passare musica rock e le ultime uscite del panorama indie, come gli Is tropical. Alle 23,00 il club non è certo gremito di gente, ma questo permette a coloro che sono già dentro di poter fare quattro chiacchiere senza sacrificare le corde vocali. Verso mezzanotte si possono scorgere sempre più visi, ma non tantissimi, nel frattempo il gruppo si fa aspettare, o perlomeno aspetta che più persone riempiano il Barbara. Passano altri trenta minuti e finalmente il luogo è abbastanza affollato da poter vedere l’ingresso della band, la quale energicamente si presenta suonando uno dei suoi pezzi migliori, ovvero La stagione dell’amore silenzioso; la risposta dei fan c’è, si può intuire dalle grida felici di chi ha ascoltato chissà quante volte la traccia nel proprio lettore MP3 ed ora può gustarsela in versione live.
Intanto, mentre continuano ad arrivare nuovi spettatori, la formazione pugliese snocciola un repertorio davvero generoso, suonando molte canzoni del nuovo disco ed anche del precedente, ovvero Buio e luce. La gente canta all’unisono i loro successi: Globuli, Astronauti, La mia parte più debole, Non amarmi così, Nuvole di miele, Campi di grano, Un pezzo di cielo in più. Vi sono però brani, soprattutto quelli dell’ultimo lavoro, che non tutti ricordano ed allora si lascia il compito di cantarli ad Ermal, il quale lungo il corso della serata chiede più di una volta la partecipazione di un pubblico che va ad intermittenza, alternando momenti di euforia con altri di stasi. La Fame di Camilla, dal canto suo, dimostra tutta la sua professionalità ed esegue sempre al massimo ogni canzone. L’atmosfera non è da Woodstock, ma neanche da monologo brechtiano. Il pubblico è presente, ma non eccessivamente caldo. Ermal presenta le sue composizioni e spiega come sono nate. Ad esempio, Un uomo è una dedica al bassista Dino Rubini ed alla sua recente paternità. Giuda è sarcasticamente rivolta a «tutti quegli stronzi che ci hanno tolto il futuro», mentre Storia di una favola trae ispirazione da una vicenda d’amore vissuta da Ermal. Qualunque sia l’argomento trattato, brani comunque mai banali. Pensate a Sperare, presentata con un «perché oggigiorno l’unica cosa che ci resta davvero è sperare» oppure a 28/03/1997, che richiama alla memoria una giornata infausta per il popolo albanese: in quella data, infatti, una nave militare italiana sperona un’imbarcazione carica di profughi causando un centinaio di morti.
La serata giunge quasi al termine e la band lascia la scena. Ovviamente, si tratta di una falsa chiusura. La gente li chiama, li vuole ancora sul palco gridando: «abbiamo ancora fame!». I ragazzi rientrano e regalano tantissimi altri momenti di buona musica cantautoriale, fin quando arriva il momento di salutare definitivamente l’auditorio cantando come ultimo pezzo della serata Come il sole a mezzanotte, praticamente «un po’ quello che potrebbe tranquillamente succedere in Sicilia». Insomma, bella serata, tanto dal punto di vista della performance live quanto, tutto sommato, a livello di calore da parte del pubblico. Ciliegina sulla torta: riesco a parlare con Ermal, che mi concede gentilmente una breve intervista.
Il nome dell’album è L’attesa. A quale tipo di attesa vi riferite?
«Ci riferiamo all’attesa generazionale, ai giovani che attendono che il loro futuro possa avere un senso. Nel frattempo che noi attendiamo, abbiamo voluto dare un senso a tale attesa attraverso le nostre canzoni».
Quali differenze si possono scorgere tra L’attesa e le precedenti opere de La Fame di Camilla?
«Sicuramente questa è un’opera che raccoglie delle canzoni nate in un periodo di forte attività live, quindi sono impregnate di immediatezza. Abbiamo visto tante cose in giro che non ci hanno lasciato indifferenti, per cui abbiamo lavorato duramente affinché tutto ciò potesse prendere forma all’interno delle nostre canzoni. Quindi, questa è la differenza sostanziale».
Quindi un’analisi di ciò che avete visto in giro con i vostri occhi
«Assolutamente sì, tanti giovani che sono in cerca di speranza e amore. Giovani in preda alla disperazione e ad una serie di domande sul futuro. Noi ovviamente siamo parte di quei giovani, anche noi ci poniamo gli stessi quesiti, è stato come guardarsi allo specchio».
Quale messaggio volete lanciare con la vostra musica?
«Rivoluzione».
Come nascono i tuoi pezzi? Qual è la condizione emotiva favorevole che ti porta alla creazione di una canzone?
«Sicuramente la riflessività. La riflessione, il fatto di sentire determinate cose che voglio dire ma che non riesco ad esprimere se non attraverso un pianoforte o una chitarra».
Il tuo primo approccio con la musica a che periodo risale? E quali sono gli autori che ti hanno maggiormente influenzato?
«Il mio primo approccio risale al periodo in cui ero ancora dentro la pancia di mia madre. Quest’ultima era una violinista, suonava ed amava la musica classica. Io stesso ho ascoltato solo musica classica fino all’età di dieci anni, dopodiché mi sono aperto a nuovi ascolti: gli autori che maggiormente mi hanno influenzato sono i Radiohead, Sigur Rós, e per certi versi, anche se non sembra, i Metallica. Sì, in passato sono stato anche metallaro!».
Per gli scatti inseriti nell’articolo si ringrazia il Barbara Disco Lab – Fotografie di Paolo Torrisi