«Conosciamo la fame, siamo abituati alla fame: abbiamo fame due, tre volte al giorno. Nelle nostre vite non esiste niente che sia piú frequente, piú costante, piú presente della fame – e, al tempo stesso, per la maggior parte di noi, niente che sia piú lontano dalla fame vera».
Per comprenderla, per raccontarla, Martín Caparrós ha viaggiato attraverso l’India, il Bangladesh, il Niger, il Kenya, il Sudan, il Madagascar, l’Argentina, gli Stati Uniti, la Spagna.
Lí ha incontrato persone che, per diverse ragioni – siccità, povertà estrema, guerre, emarginazione – soffrono la fame.
La fame è fatto delle loro storie, e delle storie di coloro che lavorano in condizioni molto precarie per mitigarla e di coloro che vi speculano sopra, affamando tanta gente. La fame intende, soprattutto, svelare i meccanismi che fanno sí che quasi un miliardo di persone non mangino quanto è necessario.
Un prodotto ineludibile dell’ordine mondiale? Il frutto della pigrizia e dell’arretratezza? Un affare di pochi? Un problema in via di soluzione? Il fallimento di una civiltà?
L'autore, giornalista e scrittore argentino, con "La fame" è arrivato, tra l'altro, finalista al Premio Terzani 2016.
Qualcuno, a partire da una sbirciatina al titolo,magari potrebbe pensare che si tratti di un argomento superato, adatto a coloro che si occupano di solidarismo, quello stile anni '60, per esempio.I nostalgici di un "Mani tese" et similia, insomma
E,invece, no.
Sono più di 700 pagine tutte da leggere e sulle quali, ritornando indietro per soffermarsi, tutte riflettere.
Perché la fame degli altri è anche affare nostro. La fame, quella vera, amici miei, ci riguarda e come.
La fame è una cosa seria.
Non è certo paragonabile a quella della ragazzina occidentale,figlia del benessere di casa nostra, che dice di voler fare la modella e si sottopone per questo a diete allucinanti.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)