Israel Joshua Singer è un maestro dimenticato, rimasto per troppo tempo nel cono d'ombra del più celebre fratello minore Isaac Bashevis, Premio Nobel per la letteratura. La pubblicazione di questo libro, fra i memorabili del secolo scorso eppure a lungo ignorato, ha quindi il sapore di un risarcimento: soprattutto al lettore, che può finalmente immergersi nel grandioso affresco familiare in cui si snoda, attraverso tre generazioni e tre paesi - Polonia, Germania e America -, la saga dei Karnowski.
Che comincia con David, il capostipite, il quale all'alba del Novecento lascia lo shtetl polacco in cui è nato, ai suoi occhi emblema dell'oscurantismo, per dirigersi alla volta di Berlino, forte del suo tedesco impeccabile e ispirato dal principio secondo il quale bisogna "essere ebrei in casa e uomini in strada".
Il figlio Georg, divenuto un apprezzato medico e sposato a una gentile, incarnerà il vertice del percorso di integrazione e ascesa sociale dei Karnowski - percorso che imboccherà però la fatale parabola discendente con il nipote: lacerato dal disprezzo di sé, Jegor, capovolgendo il razzismo nazista in cui è cresciuto, porterà alle estreme conseguenze, in una New York straniante e nemica, la contraddizione che innerva l'intera storia familiare.
Singer, in anticipo rispetto a qualsiasi storico, getta uno sguardo chiaroveggente sulla situazione degli ebrei nell'Europa dei suoi anni, rivelando quelle virtù profetiche che, quasi loro malgrado, solo i veri scrittori possiedono.
Recensione
'L'abbiamo già visto accadere a Spira e a Praga, a Cracovia e a Parigi, a Roma e a Padova. Da quando gli ebrei sono ebrei, la plebaglia brucia i loro libri sacri, marchia i loro abiti con segni distintivi, ne disperde le comunità, ne perseguita gli eruditi. Del resto non è solo con gli ebrei che la plebaglia si comporta così, ma anche con i saggi delle altre nazioni, che detesta per la loro scienza e il loro ingegno. A Socrate fecero bere una coppa di veleno. Galileo fu condannato. Ma a perdurare non è la plebaglia, sono Socrate, rabbi Akiva e Galileo, perchè non si può annientare lo spirito, come non si può annientare il Divino, rabbi Karnowski...'
Leggere questo bellissimo romanzo-simbolo della cultura yiddish che ripercorre i dolorosi tragitti di un popolo attraverso la storia di una famiglia in tre generazioni porta a creare dei paragoni con altre vicende simili, quasi contemporanee. Una sicuramente è la vicenda dei parenti stretti dei Karnowski, i Mosqat, dei quali racconta le vicissitudini Isaak Singer, lo scrittore premio Nobel per la letteratura del 1978 e fratello minore di Israel, vicissitudini che per molti versi ricalcano quelle dei Karnowski, con tutti i temi dell'antisemitismo in Polonia e la tragedia della Shoah. L'altra vicenda, forse con un accostamento più peregrino ma meno scontato, è quella dei Buddenbrook di Thomas Mann, anche lui premio Nobel, ma appartenente all'altra parte in causa, quella degli oppressori.
In tutti e tre i casi le storie famigliari portano impresso, attraverso le generazioni, il marchio della decadenza e della rovina, ognuna a modo suo. Del resto, in un famoso incipit Tolstoj sostiene che le famiglie infelici, a differenze di quelle felici, sono infelici ognuna a modo suo. E così i Karnowski prendono la loro strada distaccandosi dalle radici del piccolo shtetl di Mielnitz, il villaggio ebraico in Polonia, per trasferirsi verso le luminarie seducenti e ingannevoli di una Berlino cosmopolita, e trovarsi poi costretti a riprendere ancora il cammino, come un gruppo di ebrei erranti, verso il barlume momentaneo di salvezza che brilla sull'altra sponda dell'Oceano, nella città che non dorme mai.
In questi passaggi la storia della famiglia si dispiega in un progressivo e doloroso abbandono non solo della terra di appartenenza, ma anche delle radici più profonde, quelle della fede e della tradizione. Il personaggio che parla nella citazione riportata in epigrafe, Reb Efraim, è un vecchio maestro rabbinico che per vivere commercia in libri insieme alla figlia zitella, e si rivolge con quelle parole a David Karnowski, capofamiglia che si trasferisce a Berlino e riesce ad accreditarsi nella cerchia delle famiglie israelitiche più influenti della capitale tedesca, grazie al suo atteggiamento moderno e illuminista, distante dal conservatorismo del chiuso ambiente polacco, ma mantiene sempre un legame stretto con le radici della sua stirpe, con le tradizioni della Torah e con la storia del suo popolo, pur disprezzandone gli aspetti più popolani e volgari, come la famiglia di Solomon Burak, il prototipo del commerciante arricchito, con il suo refrain 'soldo più, soldo meno, l'importante è vendere'.
L'allontanamento dei Karnowski dalla solidità delle tradizioni di un popolo è dovuto dunque, dopotutto, a un atteggiamento di superbia, e forse in qualche modo di inconscia vergogna per le proprie origini. Il processo è lungo e approfondito nel dettaglio attraverso il succedersi delle generazioni, come se fosse un meccanismo che si tramanda e si perpetua di padre in figlio: David, il polacco trasferitosi a Berlino per godere dell'apertura mentale della comunità ebraica tedesca, non cerca il distacco dalle sue radici, per quanto quello sia di fatto il risultato della sua scelta, ma un rinnovato modo di vivere la sua fede e la sua cultura, in un ambiente più libero e aperto. Suo figlio però, Georg, che diventerà medico e ginecologo di chiara fama, e per la formazione scientifica sarà portato ad affrancarsi dall'eredità religiosa dei suoi padri, non capisce e si rifiuta di praticare l'ambigua dottrina paterna dell'essere 'tedeschi in strada ed ebrei in casa': dalla professione al matrimonio con una schiksa, una donna gentile, non ebrea, la sua vita lo porta ad abbandonare la stessa relazione con i suoi genitori e tutta la comunità ebraica.
La componente identitaria viene sostituita dal successo sociale e l'ascesa consentita da un'abilità professionale riconosciuta portano Georg a diventare uno dei medici più importanti della città.
Sarà la storia a intervenire, con la disfatta tedesca nella Grande Guerra e il crearsi di un ambiente umiliato dalla sconfitta e dalle pesanti condizioni della pace, inasprito dalla crisi economica degli anni di Weimar e intriso sempre più di un odio sordo e nazionalista che ritrova negli Ebrei un capro espiatorio immediato e 'facile'. A poco a poco la città si fa ostile per la famiglia Karnowski, il cui stesso cognome denuncia l'origine non solo ebrea ma anche straniera.
La seconda diaspora non è più volontaria: rimanere nella Germania via via sempre più nazificata equivarrebbe a un suicidio e Georg decide di salvare il salvabile e portare la sua famiglia, i suoi genitori, moglie e figlio, in un nuovo shtetl, che stavolta sorge nella periferia di New York, nuova patria per la comunità ebraica che si ricostituisce attorno alle sue memorie e alle sue radici. Quelle che però attecchiscono meglio non sono quelle dei Karnowski, forse troppo orgogliosi per abbandonare tutto il passato alle spalle e ricominciare a costruire tutto da capo. Chi ce la può fare è Salomon Burak, lui sì, un mercante è mercante ovunque si trovi. Ma un medico no, cominciare da capo richiede un'umiltà che non appartiene a Georg, che si vergogna di dover studiare ancora, come non era appartenuta a David, che si vergognava delle sue radici polacche, e non potrà appartenere a Jegor, il germoglio della terza generazione, che si vergognerà di essere ebreo al punto di parteggiare per la sua metà gentile e per i miti falsi e bugiardi del Nazismo.
E così il racconto di questa vicenda dal sapore delle genealogie bibliche, ricca di personaggi memorabili, di descrizioni sapienti e profonde introspezioni, si interrompe lasciando in sospeso un destino che pare segnato anche nel Nuovo Mondo da un'appartenenza ancestrale, che si può solo accettare. Se la sospensione lascia il sapore del 'non conclude' nel momento più buio della famiglia, questo è un altro punto comune con le altre due famiglie in crisi, i tedeschi Buddenbrook, lasciati da Mann nell'oblio della decadenza, e i polacchi Moskat, abbandonati da Isaak Singer sull'orlo dell'abisso nazista.
Almeno in questo le tre famiglie infelici sono trattate allo stesso modo.
Giudizio:
+5stelle+Dettagli del libro
- Titolo: La famiglia Karnowski
- Titolo originale: Di mishpokhe Karnovski
- Autore: Israel Joshua Singer
- Traduttore: Anna Linda Callow
- Editore: Adelphi
- Data di Pubblicazione: 2013
- Collana: Biblioteca Adelphi, 602
- ISBN-13: 9788845927713
- Pagine: 498
- Formato - Prezzo: paperback, Euro 20