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La famiglia: scuola di vita e di formazione al lavoro

Creato il 21 giugno 2012 da Propostalavoro @propostalavoro

La famiglia: scuola di vita e di formazione al lavoro

Ho 53 anni coniugata da 30 e madre di due figli: F 28 anni e G 23 anni. I ricordi più belli della mia infanzia sono quelli dei pomeriggi trascorsi nel laboratorio di sartoria di famiglia. Nei pomeriggi,finita la scuola e fatti i compiti, potevo scendere nel laboratorio dove mamma e papà lavoravano.In un angolo della stanza, sulla destra del loro grande banco da lavoro, essi avevano realizzato un piccolo banco per me. 

Utilizzando i ritagli di scarto di laboratorio io inventavo e realizzavo costumi fantastici per le mie bambole e per quelle delle mie amichette; ricordo che una volta mamma e papà guardandosi negli occhi, a proposito di un mio modello di abitino per la bambola, dissero: noi abbiamo tanto mestiere, ma la nostra piccola ha davvero un grande talento. Io non capii il significato di quella parola, ma sentivo che doveva essere una cosa molto bella su di me. Ero felice e facevo di tutto per meravigliare e stupire i miei genitori, volevo diventare brava come loro.

 

Ricordo che quando Papà tagliava le stoffe io potevo guardare, ma dovevo stare in silenzio, era un momento solenne, sembrava quasi una preghiera; quando invece lavoravano ai capi seduti sulle poltroncine si poteva parlare di tutto, spesso mi raccontavano le favole o raccontavano le barzellette ed io ridevo tanto anche per dimostrare a loro tutta la mia gioia. Quando la mamma stirava i capi, accarezzava le stoffe con tanta delicatezza come fossero i petali di un fiore e mi diceva: il ferro è la bacchetta magica della sartoria. Conseguita la licenza di terza media i miei mi chiesero cosa volessi fare e naturalmente il mio sogno era lavorare con loro e diventare una brava sarta.

Oggi, dopo circa quarant’anni posso dire di esserci riuscita. Ho perso purtroppo i miei magnifici genitori, ma non ho perso il tesoro che essi mi hanno lasciato: la serietà, la serenità, l’amore per il lavoro, la gioia del lavoro e la fiducia. Sono ancora in quel laboratorio e confeziono abiti di alta moda per una clientela ricercata . Mio marito ha un suo lavoro, ma tutto il tempo libero lo passa ad aiutarmi. In quel laboratorio sono cresciuti anche i nostri due figli, entrambi diplomati, ai quali abbiamo cercato di trasmettere tutto il bello ed il buono che avevamo scoperto e imparato nel corso della nostra vita. F, oggi ventottenne, lavora nel campo dei tessuti ed è in procinto di sposarsi; G, oggi ventitreenne, lavora accanto a me. L’abito per la festa dei suoi diciotto anni lo ha disegnato e realizzato con le sue mani.

Questa storia semplice e preziosa sottolinea come non esiste un altro ente sociale capace di competere con la potenza e le risorse della famiglia. Ma l’attuale ente famigliare tradizionale risulta ormai agonizzante e quello che dovrebbe essere il luogo sicuro e naturale rifugio della persona si va trasformando, sempre più, in un ambiente ambiguo ed anche minaccioso: violenza, rivalità, gelosie e i componenti risultano, sempre più spesso, pressoché estranei fra di loro. La famiglia ha smesso di essere il luogo dell’ amore gratuito, ha smesso di educare, di proteggere e di prendersi cura dei propri componenti. L’epidemia di amoralità ed egoismo che ha infettato la mente e il cuore dell’uomo lascia evincere spesso, proprio in seno alla famiglia, luoghi miseri, squallidi tanto da ipotizzare, proprio in essa, la cellula maggiormente responsabile, della crisi del lavoro, del disagio generale e della crescente sofferenza umana.

Dott.ssa Elisabetta Vellone


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