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La Favola delle api

Creato il 24 novembre 2010 da Fabio1983
Questo post di Mantellini che dà risalto al commento di Valentina, da un paio d’anni a Londra (“un neuroncino in fuga”, insomma), non so per quale oscura ragione, ma mi ha fatto tornare alla mente – reminiscenze universitarie – la Favola delle api di Bernard de Mandeville. Nel 1714, quando avvenne la stesura definitiva dell’opera, Mandeville teorizzò una società in cui i vizi e gli ostacoli che si incontrano per realizzarli sono i fattori alla base della vita sociale. Tali idee nascevano in seno alla Rivoluzione industriale e al principio di quello che successivamente avremmo definito “capitalismo” e tendevano a spiegare come l’egoismo dell’uomo, paradossalmente, rappresenti da sempre l’esigenza del vivere insieme: i vizi privati sostengono il pubblico benessere. Negli anni, poi, la globalizzazione ha fatto il resto estendendo la ricerca del vizio privato oltre lo “stato-nazione” (basti pensare all’Unione europea). Cosicché, considerando storie più vicine alle nostre e senza buttarla in caciara, si ritiene doveroso partire e andare in cerca di fortuna (vale a dire di “vizi” che non sono concessi in casa) altrove. Non sempre è quello che accade, ovviamente. C’è anche chi si accontenta di quel poco che ha a disposizione (un Mandeville dei giorni nostri sosterrebbe che questi individui sono dei fannulloni, che non sia Brunetta?) e che di andarsene proprio non vuol saperne. E magari va bene così, perché si è felici lo stesso. Al contrario delle api partite per alveari lontani, che pur offrendo di più non necessariamente fanno stare meglio.

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