“La favola di Cristo”, libro denuncia di Luigi Cascioli

Creato il 22 maggio 2013 da Sulromanzo

Scrive Luigi Cascioli nel capitolo I del suo ottimo libro La favola di Cristo: «Se il tempo da me previsto per scrivere questo libro è stato molto più lungo di quanto avessi immaginato, ciò è dipeso dal fatto che ho voluto dare ad ogni mia affermazione una giustificazione logica e ponderata, in maniera che anche i più restii possano convenire con la conclusione che mi sono prefisso di raggiungere: dimostrare la non esistenza di Gesù». Attraverso una minuziosa e lucida analisi del testo biblico, «un castello di stupidaggini, di contraddizioni e di assurdità» l’autore dimostra che non esistono testimonianze autentiche sulla vita di Gesù. Perfino la nascita si basa su semplici profezie la cui attendibilità storica lascia molto a desiderare. Il cristianesimo, per far presa sulle masse, aveva bisogno di umanizzare il Messia dandogli carne e sangue terrestri. La profezia di Michea lo voleva betlemita: «Da te Betlemme, così piccola per essere tra i capoluoghi di Giudea, uscirà colui che deve essere il dominatore di Israele». Però un’altra profezia lo definiva nazareno. Per conciliare queste due esigenze, Matteo e Luca lavorarono separatamente, dando ciascuno la propria fantasiosa versione dei fatti. Secondo il Vangelo di Matteo, Gesù nasce a Betlemme poi si trasferisce a Nazaret dove vive per il resto dei suoi giorni terreni. Il trasferimento avvenne per far scampare il neonato alla strage degli innocenti ordinata da Erode Antipa. Morto il re, un angelo avverte Giuseppe che può tornare a Betlemme. Durante il viaggio però viene a sapere che il figlio di Erode, Archelao, era crudele quanto il padre, perciò per prudenza va ad abitare a Nazaret. Nel Vangelo di Luca Giuseppe e Maria, contrariamente a quanto detto in Matteo, non risiedono a Betlemme ma a Nazaret, e sono costretti a tornare a Betlemme, loro città natale, in seguito ad un censimento fiscale ordinato dal proconsole Quirino per l’annessione della Palestina ai domini romani.

Che entrambe le natività siano un’invenzione si deduce da diverse inesattezze. Primo, le genealogie di Giuseppe, tese alla dimostrazione che Gesù apparteneva alla stirpe di Davide, in sintonia con le profezie, sono talmente diverse che sembra si stia parlando di due persone differenti. Non soltanto non coincidono i nomi, ma neppure il numero degli ascendenti: 42 in Matteo, 56 in Luca. Questo accade perché i Vangeli non sono composti sulla base della verità storica, ma su una simbologia e numerologia cabalistica che, in questo caso, segue il numero 14. Matteo lo moltiplica per 3 e ottiene 42. Luca lo moltiplica per 4 e ottiene 56.

Secondo, le date di nascita a cui si riferiscono i due evangelisti, hanno uno scarto di almeno 11 anni. Matteo dice che Gesù è nato prima della morte di Erode. Luca dice che ha visto la luce sotto il censimento.

Terzo, cambia anche l’ambiente. Matteo dice che Maria ha partorito a casa sua: «I re Magi, entrati nella casa di Giuseppe, videro il bambino e Maria sua Madre e l’adorarono». Luca afferma invece che, essendosi i genitori recati lì per un censimento, non trovando un ostello e mancando di casa propria, optarono per una umile grotta dove c’erano il bue e l’asinello per riscaldare la carne di Nostro Signore, mentre i pastori portavano doni e gli angeli cantavano: Gloria a Dio nel più alto dei cieli.

Quarto, la strage degli innocenti, la fuga in Egitto e la visita dei Re Magi, sono episodi completamente ignorati nel Vangelo di Luca.

Quinto, il trasferimento a Nazaret della sacra famiglia è storicamente inattendibile perché secondo le leggi romane i cittadini dichiaravano i loro redditi presso gli uffici fiscali della città dove lavoravano, non nella città natale. Inoltre le autorità fiscali richiedevano soltanto la presenza del capo famiglia.

Sesto, e qui si sfiora il demenziale, Erode nei Vangeli chiede ai tre Re Magi il tempo in cui era apparsa la stella, raccomandandosi di fargli sapere dove si trovasse il bambino. Ma davvero Erode, il più potente re della Palestina, con una perfetta rete di spie e informatori, aveva bisogno di tre re stranieri per sapere dove si trovasse Gesù?

Queste osservazioni, dice Cascioli, sono niente rispetto ai problemi teologici e alle assurdità storiche generate dalla lettura di Bibbia e Vangeli. L’analisi dell’autore è perfettamente razionale. È lo studio di chi non ha paura di dire la verità, di chi non si mette le bende dell’ortodossia e della fede sugli occhi, ma le scosta per vedere cosa c’è dietro.

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