L'Eibar ha completato il terzetto delle retrocesse in Segunda Division, solo pochi mesi tra i giganti.
La favola dell' Eibar in Primera División è finita. Tra le lacrime e il rimorso di chi sa che avrebbe potuto fare di più, la piccola Cenerentola del calcio spagnolo torna tra i cadetti appena dodici mesi dopo la prima storica promozione in massima serie. Un epilogo che in molti si sarebbero aspettati a inizio stagione quando un paesotto di 27mila abitanti celebrava il secondo salto di categoria nel giro di due anni grazie al condottiero basco Gaizka Garitano, l'allenatore dei miracoli. Ma col passare dei mesi la sensazione era che l'Eibar potesse rendersi protagonista di un'altra impresa: la salvezza. Già perché nel girone d'andata los armeros hanno fatto registrare numeri da capogiro. L'ottavo posto in classifica al giro di boa è un primato che a poche neofite era capitato prima: l' Osasuna '35/36 (ma all'epoca la massima serie prevedeva soli dodici club) e il Málaga '68/69 (su sedici club).
Ma nel girone di ritorno il tracollo dei baschi è stato verticale: alla vigilia degli ultimi novanta minuti l'Eibar ha segnato soli sette gol in diciotto gare che gli sono valsi appena cinque punti. Una miseria che l'ha sprofondata in zona retrocessione. Nonostante l' harakiri però i ragazzi di Garitano hanno ancora solide possibilità di salvarsi: basta battere il derelitto Córdoba e aspettare che una tra Barcellona o Atlético Madrid batta Deportivo La Coruña o Granada. La pratica all'Ipurúa viene archiviata già nel primo tempo con un solido tre a zero, ma dagli altri campi non arriveranno risultati confortanti: scapperà il pareggio in entrambe le gare.
Quando si perdono quindici delle diciannove partite della segunda vuelta i rimpianti sono senz'altro tanti. L'inarrestabile squadra che aveva dominato in Segunda - costruita con un fatturato di 400mila euro - ha perso pezzi sul cammino: nell'estate scorsa la partenza di Jota al Brentford aveva lasciato una pesante eredità nel cuore del gioco basco, parzialmente colmata dall'arrivo di buone pedine come il buon Federico Piovaccari dalla Steaua Bucarest via Genova, sponda doriana, capace di riscoprirsi attaccante sulla soglia dei trent'anni. Ma in inverno l'Eibar cede alle sirene inglesi per svendere un altro prezzo pregiato al Championship: Raúl Albentosa, guardiano della difesa, finisce al Derby County. Forse da lì inizia la terribile picchiata degli armeros, tanto strepitosi nella prima metà di stagione, quanto impotenti nella seconda parte. E pensare che il vantaggio sulle sabbie mobili della zona rossa era arrivato a ben undici lunghezze, di fatto solo il Levante nel 2004/05 riuscì a perdere la categoria dopo esser stata così lontano dalla retrocessione.
Nella geografia spagnola Eibar ha significato la più piccola realtà in massima serie dalla fugace apparizione dell'Extremadura quindici anni fa. Dopo un'interminabile era di diciotto stagioni consecutive in Segunda, la squadra ha iniziato a saltellare a cavallo tra le serie minori fino all'arrivo del salvatore della patria Gaizka Garitano, in grado di trasformare uno stadio di 5mila posti del terzo gradino della piramide spagnola in un teatro sul quale hanno recitato la propria poesia i migliori calciatori del mondo nel giro di due sole stagioni. Un progetto ambizioso che rischiava di impantanarsi già la scorsa estate quando la burocrazia spagnola ha teso lo sgambetto a una società abituata a lavorare con le monete e obbligata a maneggiare le banconote. Già perché nel capitale sociale dell'Eibar c'era un problema di un milione e 725mila euro che, per una volta, non è l'ammontare di un debito protratto, ma un patrimonio che per legge impedirebbe a un club spagnolo di prender parte alla massima serie. La LFP, la Lega spagnola, pretende che il capitale sociale delle squadre iscritte alla Liga sia di almeno due milioni e 146mila euro. Anche per questo la cessione del talento Jota (appena un milione e mezzo di euro) sembrò quasi necessaria per sopravvivere.
Ora, dopo l'amaro epilogo col ritorno in Segunda, Gaizka Garitano ha annunciato la sua volontà di voler lasciare il club. Si chiude così un ciclo, un'era, la più florida della storia del club, e alla fine di tutto resta comunque una stagione indimenticabile, con la piccola cittadina di Eibar - meno popolata di Ciampino, Gubbio, Cervia, Ladispoli o Canicattì, tanto per citare qualche comune italiano - che sotto Natale era tra le migliori dieci squadre di Spagna. Un fugace bagliore di gloria che non verrà dimenticato, e che potrebbe alimentare la voglia e la determinazione di tornare a provarci prima possibile.
La favola (finita) dell'Eibar di Gaizka Garitano ultima modifica: da