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La favola triste del Castel di Sangro

Creato il 22 febbraio 2016 da Calcioromantico @CalcioRomantico

C’era una volta in Serie B. 1° puntata: Il Castel di Sangro

Al momento della partenza della stagione calcistica 1996/97 c’è un fenomeno mediatico che non si può e non si deve ignorare. C’è un paesino di 6000 abitanti dell’Appennino abruzzese che si è ritrovato chissà come in Serie B. I sostantivi “favola” e “impresa” sono stati già usati a profusione. “Miracolo” è stato preallertato, metti che arriva addirittura la salvezza a fine stagione. “Simpatia” è ormai dilagante e questo ha spinto anche alcuni maghi dell’intrattenimento a interessarsi dell’intera faccenda. Gli ingredienti sembrano esserci tutti per poter narrare in modo epico o con saccente sorriso sulle labbra, a seconda della necessità, quanto sta per avvenire. Nessuno ha fatto, però, i conti con la realtà che già da sola basterà a rendere quella stagione impossibile da dimenticare.

Lo Stadio Patini

Lo Stadio Patini [da wikipedia.it]

Il primo passo viene compiuto il 25 giugno 1995. Il Castel di Sangro fa impazzire un intero paese. Titola così la Gazzetta dello Sport il pezzo che annuncia la vittoria degli abruzzesi nella finale playoff contro il Fano. Un match a dir poco rocambolesco che ha visto i sangrini andare prima sotto, poi avanti 3-1, farsi raggiungere e, infine, vincere ai rigori. Evidentemente, dopo cinque anni di onorata permanenza in C2 e due stagioni con Osvaldo Jaconi in panchina, la dirigenza si sente pronta ad affrontare il salto di categoria; altrimenti non ci si sarebbe presi la briga di far fuori il Livorno nella semifinale playoff.
Tutte le avversarie del girone B della C1 1995/96 sembrano blasonate se confrontate con la matricola Castel di Sangro, ma in fin dei conti solo Lecce e Ascoli sono davvero abituate ad altri palcoscenici. Così, per Jaconi non dev’essere troppo difficile convincere la squadra a credere nei propri mezzi e, quando alla quinta giornata arriva la vittoria per 1-0 sul Lecce grazie a un gol di Claudio Bonomi, la maschera viene definitivamente gettata. Segue una leggera flessione, i pugliesi scappano via, ma i giallorossi abruzzesi si attestano con autorità al secondo posto e conquistano i playoff. Col Gualdo in semifinale, a parità di gol, fanno valere il migliore piazzamento e in finale allo Zaccheria di Foggia bloccano l’Ascoli. In 120′ lo 0-0 non si schioda, si va ai rigori e Jaconi mostra più esperienza (o forse più incoscienza) di tutti i marchigiani messi insieme: per mischiare le carte manda in campo a un minuto dalla fine il secondo portiere Spinosa al posto di De Iuliis. Zero minuti in stagione, ma una parata decisiva, su Milana, al quattrodicesimo rigore. Il secondo passo è alle spalle, adesso c’è la Serie B, in molti si accorgono del Castel di Sangro e qualcuno comincia a soffrire di vertigini.

In Abruzzo dagli Stati Uniti arriva uno scrittore, Joe McGinnis, deciso a vivere una stagione in simbiosi con la squadra e convinto di poter raccontare il miracolo della non retrocessione nel libro che scriverà. Per celebrare il debutto in B si muove anche la banda di Fabio Fazio e di Quelli che il calcio, programma di intrattenmento del pomeriggio domenicale famoso per raccontare il calcio con ironia e distacco, un modo che fa, però, trapelare un senso di superiorità soprattutto quando gli inviati hanno a che fare con gente poco abituata a stare sotto i riflettori.
Il peggio lo riesce, però, di gran lunga a produrre uno scherzo architettato da una trasmissione di Canale 5, I Guastafeste, e dall’addetto stampa, Giuseppe Tambone, anche se in molti sospettano il beneplacito del presidente Gravina, che -a quanto farà capire McGinnis nel suo libro- vede l’esposizione mediatica come un’occasione da non perdere per finire e sogna una carriera alla Berlusconi.
In soldoni, viene data la notizia dell’acquisto del bomber nigeriano del Leicester City, tale Robert Raku Ponnick, che nella conferenza stampa di presentazione sparge letteralmente merda sulla squadra e si vanta del suo “grande uccello”.[1] Viene, quindi, organizzata una finta partita amichevole in cui il fantomatico nigeriano fa arrabbiare i suoi compagni, perde tutti i palloni, batte un rigore a porta vuota dopo aver simulato un malore che spinge il portiere ad abbandonare la porta e poi si reca sotto la curva, insieme con avversari e arbitro, per rivelare che è una candid camera: un bel modo per far capire a tutta Italia che il Castel di Sangro non è fenomeno da baraccone. È quasi la fine di novembre e, purtroppo, a far tornare tutti alla realtà sarà di lì a poco un evento tragico.

Danilo Di Vincenzo e Osvaldo Jaconi

Danilo Di Vincenzo e Osvaldo Jaconi

Parallelamente al campionato dei media, è infatti iniziata la Serie B vera e propria e la squadra di Jaconi tra settembre e dicembre ha saputo ben difendersi. Prete, Altamura, Bonomi, Cei, Galli e molti eroi della promozione sono rimasti. C’è l’esperto centrocampista Di Fabio, prelevato dalla Fermana e poi dalla vicina L’Aquila è arrivato Danilo Di Vincenzo, una mezzapunta che nel gioco molto all’italiana di Jaconi serve a dare un po’ fantasia. Nelle prime undici giornate ci sono state tre vittorie interne, due firmate proprio da Di Vincenzo: un rigore nell’1-0 col Cosenza, un gol sugli sviluppi di un corner addirittura a Zenga nell’1-0 col Padova. Buon inizio, ma il terzo gol non arriverà mai perché un incidente sull’autosole in un triste martedì di dicembre se lo porta via. Muore con lui anche il difensore diciannovenne Filippo Biondi, due sole presenze e una carriera ancora da scrivere.
La prima partita dopo la tragedia è un Castel di Sangro-Lucchese, che è anche il primo match a giocarsi nel nuovo stadio, ampliato per poter ospitare partite di B. All’inevitabile 0-0 fanno da cornice le due magliette di Biondi e Di Vincenzo, al resto della stagione farà da cornice la voglia di una squadra di dedicare la salvezza a qualcuno che non c’è più.

Citiamo due momenti chiave nell’avventura: la prima vittoria in trasferta, colta addirittura a Marassi sul campo del Genoa, e il gol con cui Claudio Bonomi sigla il decisivo 2-1 contro il Pescara che vale la permanenza in B con una giornata d’anticipo e di fatto chiude un ciclo. La cosa paradossale è che a Castel di Sangro anche in questa seconda parte di stagione continuano a succedere cose strane: Galli ha una strana infezione al sangue, Prete finisce in un’indagine per spaccio di cocaina, tutta la squadra è sospettata di essersi venduta la partita che all’ultima giornata consente al Bari di andare in A.
A nessuno, però, viene in mente di rimettere il piccolo paesino abruzzese e la sua squadra sotto i riflettori. Niente più sorrisetti quando si nomina Castel di Sangro. Nel giugno 1997 tutti gli addetti ai lavori si limitano a celebrare con sobrietà il terzo e più difficile passo del miracolo sportivo Castel di Sangro.
Il paese, intanto, si prepara a veder tornare la propria squadra nei ranghi e la retrocessione in C1 al termine della stagione successiva non rappresenterà altro che un l’inizio del viaggio di ritorno verso la realtà.

federico

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[1] In inglese Ponnick dichiara: «Ho visto questa Serie B ed è una merda, io segnerò più gol di chiunque in questo campionato perché sono il migliore […] E’ meglio che gli abitanti di Castel-che-ne-so stiano attenti, se tenete alle vostre donne lasciatele chiuse in casa, se sono carine me le faccio tutte e non mi frega di chi sono […] Ho l’uccello più grosso di tutta Italia, Robert Raku Ponnick vi farà divertire come mai in vita vostra», cfr. calcionews24

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