Un recente articolo pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, poneva seri interrogativi sull’effettiva efficacia della mappatura del genoma umano per elaborare previsioni sull’insorgere di malattie. Uno studio condotto all’Università di Harvard ha evidenziato invece come dall’analisi di gemelli monozigoti, il sequenziamento del Dna non risulta essere una tecnica capace di predire la futura salute di una persona. Stesse perplessità sussistono anche in merito al destino dei nati da fecondazione artificiale. Al contrario, il concepimento in laboratorio aumenta del 37% la probabilità di difetti alla nascita e non solo; è stato riscontrato un alto rischio di tendenza alla tumoralità per i bambini nati da fecondazione. La Fivet (Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer) dunque, oltre a creare un alto numero di embrioni umani scartati, congelati o distrutti, incrementa anche il rischio di far nascere bambini con problemi genetici importanti.
Questo dato però non viene particolarmente diffuso perché l’industria della fecondazione assistita fattura attualmente 6 miliardi e mezzo di dollari l’anno; motivo per cui far andare avanti il discorso nonostante i danni che arreca alle donne che si prestano a questo tormento; di matrice psicologica e fisica, come riportato in un documentario prodotto dal “Center for Bioethics and Culture”. L’insuccesso di questa tecnica , la morte degli embrioni e l’abortività che comporta, non ne consentano l’accettazione da parte della Chiesa. Ma è veramente così degradante questa tecnica? La rivista scientifica «HEC Forum» ha risposto di “si”: «La Fivet ha strette regole che lasciano le donne fisicamente ed emotivamente esauste. Il trattamento di Fiv può avere un tremendo impatto sulle donne: è un iter assai impegnativo dal punto di vista fisico con effetti di vasta portata sul benessere psicologico di una donna [...] oltre a causare rotture nel rapporto con il partner e nelle relazioni sociali».
Secondo uno studio condotto in Belgio, ancora, su 2995 nati tramite Fivet il 30% nasce prematuro e con gravi problemi di peso, necessitando nel 25% dei casi di cure intensive. I ricoveri ospedalieri neonatali sono 3 volte superiori. La sindrome di Beckwith-Wiedman, che provoca malformazioni e tumori, nei bambini nati da Fivet è 6 volte superiore. Ma non è finita: un’equipe svedese ha studiato oltre 13.000 bambini nati da fecondazione in vitro. Le conclusioni sono state così sintetizzate: «I bambini nati da FIV hanno conseguenze ostetriche peggiori rispetto alla popolazione generale. I nati singoli, indipendentemente se nati dopo trasferimento di un solo embrione o di due embrioni, hanno anch’essi conseguenze ostetriche peggiori, con tassi maggiori di prematurità e di basso peso alla nascita». Alla luce di questi considerevoli dati, delle conseguenze sottolineate da autorevoli ricercatori, la domanda cambia ancora. Possiamo tutto? E la risposta è evidente. Non ha bisogno di ricerche, o forse si. Quelle della coscienza e dell’etica. Non sempre ciò che vien dopo è progresso, spiegava Alessandro Manzoni.
Livia Carandente