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Non prendiamocela col povero prete che, lasciata la consueta riflessione teologica. si cimenta con la praticità della vita ed associa fede con diritto di parcheggio.
Non traiamone poi argute osservazioni sul progressivo restringersi del sacro al confine del sagrato. Oggi lo scarto tra il privato vissuto e la fede è evidente da ben altri indizi e la ricucitura non dipende dal posto macchina o dal comodo parcheggio.
Ma non è certo peccato o cosa irriverente notare come l'ovvio significato di una scritta in "buona fede" possa ingenerare queste considerazioni che, alla fine, son ben poca cosa di fronte alla drammaticità di un momento in cui "Dio lo vuole" si scrive in arabo e semina morte e distruzione. Ed io da buon laico ipocrita (ad esser buoni tre ave maria ed un gloria non me li toglierà nessuno) darò quei suggerimenti all'amico prete che salvino la sostanza modificando la forma, magari rendendola ancor più restrittiva.