Ultimamente ho avuto occasione di parlare di “code”, prendendo spunto dal post di Marzia "Cosa non sopporto della media" e in alcuni scambi tra amici in Rete.
Per “code”, gaussianamente parlando, intendo tutte le minoranze che, per diversi fenomeni, si trovano ai lati, schiacciate, anche in senso figurato, da una media la cui forza è solo nel numero.
C’è una possibilità che queste code possano aspirare a una certa felicità?
Ho imparato da tempo che è bene cercare di muoversi in un campo a noi favorevole. Non si può contare sulla velocità se gli altri corrono di più o pensare di farla franca saltando quando sono tutti più alti. L’ho sentito qualche giorno fa in un bel film di Ken Loach (“Il mio amico Eric”), quando un ex campione di calcio cerca di spiegarlo a un postino. Ve lo consiglio, potrei definirlo anche un filmsulla paternità.
Fare similitudini con un campo di battaglia è sempre poco simpatico ma rende l’idea. Si può persino vincere un esercito numericamente superiore al nostro se si sposta la battaglia su un piano che valorizzi le nostre caratteristiche. La storia lo insegna e si sa da centinaia di anni ("L’arte della guerra").
Può essere la numerosità, che le penalizza, la chiave di volta della felicità delle "code"? Forse sì e proprio grazie al web. Più si amplia il nostro mondo, più riusciamo ad “abbassare” la media e “alzare” gli estremi. Le code diventano più numerose e più consapevoli. Diventa così più facile incontrare persone con caratteristiche simili.
Anche se solo da punto di vista economico, questo concetto è stato ampliamente discusso in un libro divenuto famoso ("La coda lunga" di C. Anderson).
Ma io voglio parlare di persone.
La Rete permette di allargare in modo esponenziale i nostri possibili interlocutori, trovando persone con interessi e gusti simili. Permette di scambiare idee e, soprattutto, di organizzarsi per scardinare quella che possiamo definire l’egemonia della maggioranza.
Se il numero non è, e non potrà essere, la forza delle code, è necessario puntare sull’organizzazione.