Quest’anno si celebra il centenario della drammatica morte della suffragetta Emily Davidson, gettatasi sotto il cavallo del re, alle corse di Epsom Derby. Nessuno sa, a distanza di un secolo, se la donna avesse deciso deliberatamente di uccidersi sotto gli zoccoli di Anmer o se, invece, la sua coraggiosa protesta, fosse sfociata in un epilogo tragico. Emily era originaria di Blackheat, un quartiere a sud est di Londra, ed aveva studiato letteratura ad Oxford, per poi unirsi alla Women’s Social and Political Union (WSPU) e rivelarsi come una delle suffragette più militanti, entrando e uscendo di prigione per azioni di protesta (finestre infrante, buche delle lettere date alle fiamme…) e resistenza politica. Le suffragette, ogni volta che finivano dietro le sbarre, protestavano facendo lo sciopero della fame. La polizia, inizialmente le rilasciava, ma poi cominciò a nutrirle a forza, tramite un tubo inserito nel naso. Emily Davidson fu spesso sottoposta a questa dolorosa pratica e, nel 1912, per sfuggire alla tortura, si gettò da un balcone della Holloway Prison. Una rete, tre piani più in basso, ne arrestò la caduta. L’anno successivo, Emily si recò alle corse di Derby. Nella borsa, aveva un biglietto di ritorno e un invito per un evento della WSPU, quella stessa sera. Vestendo la sciarpa tricolore delle suffragette, la donna si mescolò alla folla di londinesi in gita, che si assiepavano attorno al circuito; poi, raggiunse la stretta curva di Tattenham Corner e attese l’inizio della corsa. Passati i primi cavalli, Emily si infilò sotto alle sbarre, irruppe nella pista e cercò di afferrare le briglie del cavallo del re. Ma il destriero sopraggiunse ad una velocità tale, da colpirla mortalmente, per poi cadere sul fantino, che rimase ferito in modo serio. Emily non riprese mai conoscenza e morì quattro giorni dopo, all’Epsom Cottage Hospital. Il suo gesto, sconsiderato o involontario, fu talmente eclatante, da attirare la grande attenzione del pubblico sulla causa delle suffragette. Le quali approfittarono dei funerali e della presenza delle cineprese, per sfilare per le strade di Londra, le giovani vestite di bianco, le più anziane di nero. Le suffragette impressionarono molti contemporanei, tra cui Gandhi, e contribuirono alla trasformazione della democrazia in Gran Bretagna.
La National Portrait Gallery di Londra, bersaglio di una delle tante azioni politiche delle suffragette (le quali vi distrussero il ritratto Thomas Carlyle, nel 1914), conserva un gran numero di foto segnaletiche. Una di esse, epurata tramite fotomontaggio, mostrava in origine una guardia carceraria, cingere il collo e le spalle di Evelyn Manesta, costringendola a forza a posare per il fotografo. La collezione della National Portrait Gallery include svariate immagini di suffragette, alcune fotografie di buona qualità e una pregevole tela con il ritratto di Emmeline Pankhurst, fondatrice del WSPU, dipinto da Georgina Brackenbury, che si può ammirare nella sala 30.