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La fiamma del peccato

Creato il 31 marzo 2015 da Nehovistecose

(Double Indemnity)Poster - Double Indemnity_01

Regia di Billy Wilder

con Fred MacMurray (Walter Neff), Barbara Stanwyck (Phylis Dietrichson), Edward G. Robinson (Barton Keyes), Jean Heather (Lola Dietrichson), Tom Powers (Mr. Dietrichson), Byron Barr (Nino Zachetti), Richard Gaines (Edward S. Norton), Porter Hall (Mr- Jackson), Fortunio Bonanova (Sam Garlopis), John Philliber (Joe Peters).

PAESE: USA 1944
GENERE: Noir
DURATA: 107’

Agente assicurativo ligio ed onesto perde la testa per una bionda sposata e insoddisfatta e si lascia coinvolgere nell’omicidio del di lei marito per riscuoterne l’indennità. Un socio abilissimo ed esperto sente puzza di bruciato e gli sta alle costole…

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Dal romanzo La morte paga doppio di James M. Cain, adattato da Wilder e Raymond Chandler. Con pochi altri film, uno degli archetipi del noir. Racchiude in sé TUTTI gli elementi stilistici e narrativi di questo fascinoso genere americano: atmosfera notturna, piovosa e fumosa, clima sottilmente erotico (feticista?) e morboso, umorismo nerissimo, voce off che racconta “ciò che è già successo” (il film è tutto costruito su un lungo flashback), fotografia di taglio espressionista, intrighi e colpi di scena, una femme fatale sexy, fredda e feroce, emblema del male in gonnella. Un noir “classico” ma con molti elementi innovativi: il personaggio femminile, a differenza di molti altri, non finge mai di essere ciò che non è (appena appare capiamo che è una poco di buono), e la sua malvagità risulta quasi patologica; la suspense è ineccepibile nonostante un punto di vista decisamente poco hollywoodiano, quello dei “cattivi”: sappiamo chi è l’assassino, aspettiamo solo che qualcuno lo prenda. Forse manca un duro dalla forte etica professional personale in stile Bogart, ma ciò non significa che Wilder rinunci al suo consueto sguardo “morale”: solo, in questo caso è affidato ad un personaggio anomalo, quello – bellissimo – di Robinson.

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La mano di Wilder si vede nell’elegante regia, coadiuvata dalla superba fotografia di John Seitz: insieme lasciano spesso i personaggi nell’ombra, nell’oscurità, come se la loro surreale mancanza di lineamenti definiti rispecchiasse la loro caduta verso gli abissi della follia. Oscuri come la loro anima, insomma. Da scuola del cinema la sequenza dell’omicidio, lasciato fuori campo mentre la macchina da presa rimane sul volto della Stanwyck, impassibile come se stesse leggendo il giornale. Ma è un film molto wilderiano anche negli intenti satirici (il freddo mondo della assicurazioni è perfetto per irridere, ancoraq una volta, la burocrazia) e nel diventare, infine, un’ennesima, riuscita, potente metafora dello squallore umano e della “rapacità” che tutti ci contraddistingue. E, spesso, ci porta alla fine. Memorabili interpretazioni di MacMurray, bravissimo nonostante fosse una seconda scelta (i divi rifiutarono perché il ruolo era comunque quello di un assassino), della Stanwyck, con frangia e sensuale cavigliera, e, soprattutto, di Robinson, alle prese con uno dei pochi personaggi “positivi” della propria carriera. Memorabili la battuta iniziale (“Io ho ucciso per denaro… e per una donna. E non ho preso i soldi… e non ho preso la donna”) e l’inquadratura finale in cui Robinson accende la sigaretta a MacMurray. Sette nomination agli Oscar ma nemmeno una statuetta. Da vedere.

Voto



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