Non v’è qui però alcuna traccia dello scanzonato humor dei «gialli» (con tanto di happy-end canterino assieme a Barry White). Qui la routine cittadina è impregnata di demenza e i litri di scadente torcibudella che grondando dalle pagine accompagnano il lettore in visita ad una realtà profondamente violenta, oscurata da convinzioni ottuse e bifolche. Harry Crews, con questo suo romanzo breve – La fiera dei serpenti, Meridiano Zero, 218 pagine – ci trascina nell’angoscioso sfogo annuale di una tipica provincia meridionale a stelle e strisce, mostrandoci un’umanità decisamente scalena, composta per lo più da perdenti, gente a cui la vita ha sottratto (o si è lasciata sottrarre) qualsiasi vero scopo lasciandosi intrappolare in una cittadina ubicata Oltreoceano ma che senza troppe difficoltà potrebbe somigliare a qualsiasi cittadina del mondo, anche quella appena oltre il giardino di casa nostra.
Luoghi come ce ne sono a migliaia in cui le ambizioni
Il romanzo è un bel viaggio verso verso il basso in un crescendo che testardamente conduce il lettore verso il truculento finale, là dove il sangue imbratta l’intera vicenda senza uno straccio di catarsi. Lo stile è diretto e asciutto (ma lavorato al cesello), il linguaggio sboccato come si conviene ad un baluardo della narrativa southern contemporanea, con punte di incredibile efferatezza. Uno scandaglio nelle regioni più recondite dell’animo umano che non lascia scampo: consigliatissimo a chi non si aspetta alcuno sconto da una buona storia.