Pensavo e l’ho scritto a Capodanno che il 2016 sarebbe stato un anno cruciale, quello in cui le logiche aberranti che hanno preso il dominio del mondo avrebbero cominciato a produrre i loro frutti velenosi. Ma non pensavo che già la prima settimana mi avrebbe reso buon profeta: lo scontro fra Arabia Saudita e l’Iran, il crollo delle borse asiatiche, il crescere della voglia di scontro di civiltà che si evince dalle reazioni ai fatti di Colonia a cui si attribuisce una valenza del tutto strumentale e che comunque rappresentano per numero un fenomeno di gran lunga inferiore a quanto normalmente avviene in Germania durante l’Oktoberfest o il periodo di carnevale.
I veleni cominciano tutti a venire al pettine, da quelli economico ideologici che non sono più in grado di spiegare quanto avviene, a quelli seminati attraverso la geopolitica del caos, a quelli della democrazia e al crollo dell’illusione che il mercato possa essere un regolatore universale. E’ un concerto di gufi come direbbe l’inarrivabile pensatore di Rignano che vent’anni fa sarebbe rimasto nella sua dimensione di maneggione di provincia, prima che il fango venisse smosso per far posto a un generalizzato progetto oligarchico. Il mondo sembra essersi rivoltato: una risorsa limitata e sempre più scarsa come il petrolio invece di aumentare di prezzo come da manuale delle giovani marmotte diminuisce, le azioni sopravvalutate grazie ai giochi resi possibili dai quantative easing stanno come d’autunno sugli alberi le foglie, il calo della domanda aggregata in occidente frena le fabbriche del mondo asiatiche, mentre le vicende geopolitiche e le guerre attraversano una fase che sembra una commedia di Feydeau con tutti o quasi i protagonisti impegnati in una doppia, tripla, ma sempre contraddittoria e ipocrita alleanza.
Le elites occidentali avvertono che il territorio è ostile, che alla lunga la narrazione globalista e mercatista, nutrita da una deviante e grottesca antropologia televisiva, è destinata a sfaldarsi e quindi seriamente cominciano a pensare alla guerra come sola speranza di uscire da un groviglio di contraddizioni inestricabili. Dopotutto lo scontro con la Russia in Ucraina ha visto come principale organizzatore dietro le quinte George Soros, lo speculatore miliardario che non investe solo in Borsa, ma che affianca o trascina la politica imperiale.
Ho volutamente tenuto il conto: dal dieci dicembre nella mia posta ho avuto circa sessanta volte la notizia che una mia presunta e inesistente richiesta di prestito era stata accettata per un totale attorno ai tre milioni, mentre mi venivano offerte non so più quante auto senza anticipo e un immensa gamma di altri oggetti e gadget. In fondo basta rimanersene a casa per sperimentare la natura un po’ truffaldina, un po’ ossessiva e un po’ disperata di un’economia che vorrebbe funzionare e crescere abbassando i salari, tagliando i servizi e creando sacche sempre maggiori di povertà, creare profitto tagliando i presupposti dello stesso. Per avvertire in corpore mail l’insensatezza che fa da terreno ai più lucidi e strumentali progetti di potere.
Ho la sensazione che ne vedremo della brutte in questo 2016 nonostante la campagna di ottimismo e fiducia che ci sovrasta. Ma al punto in cui siamo forse il brutto è meglio del bello illusorio