Eccomi qui con la recensione di un libro che mi è piaciuto molto. Vi spiego perché.
LA FIGLIA DEL MATEMATICO
Laura Kinsale
Mondadori
Trama
Inghilterra, XIX secolo. Archimedea Timms, detta Maddy, è una giovane riservata che dedica le sue giornate alle opere pie e ad aiutare il padre, insigne studioso di matematica. Christian Langland, duca di Jervaulx, è un dongiovanni e scavezzacollo, geniale scienziato amico del vecchio Timms. Può nascere l’amore tra due persone così diverse? Nessuno potrebbe immaginarlo. Eppure quando viene a sapere che Christian è morto in duello, Maddy è colta da un dolore lancinante, inaspettato. Si trasferisce in campagna presso un cugino che dirige un manicomio per occuparsi dei pazienti e trova tra i ricoverati proprio il duca di Jervaulx, fatto rinchiudere dalla famiglia. Ora tocca a Maddy, l’unica che sembra credere nella sua sanità, aiutarlo a dimostrare di non essere un pazzo. E scoprire con un brivido un modo nuovo, più pieno, di essere donna.
Recensione
Ho cominciato a leggere questo libro convinta che si trattasse di un semplice romanzo rosa, ma mi sbagliavo. La figlia del matematico concentra l’attenzione del lettore sui pensieri, sulle esperienze e sul vissuto di un uomo internato in un manicomio poiché ritenuto malato di mente. Il duca di Jervaulx è infatti sopravvissuto a un’apoplessia cerebrale che ha procurato danni al suo cervello: è come se fosse affetto da autismo infantile. Ma è un uomo, non un bambino, per cui la frustrazione e la rabbia per l’impotenza di percepire e agire come prima bruciano in lui rendendolo un soggetto violento. Ho trovato estremamente affascinante leggere cosa accade nella mente del duca. Tra l’altro le terapie utilizzate da un manicomio che si definisce all’avanguardia per quei tempi mostrano quanto in realtà si fosse indietro nella comprensione e giusta cura dei soggetti affetti da patologie del genere. Si immagina facilmente quanto abbiamo sofferto ingiustamente gli internati in luoghi inquietanti. Per questo dico che non è solo un romanzo rosa, ma sfuma anche nel sociale.
Jervaulx, essendo stato prima della malattia un genio della matematica, quando non riesce più a comunicare con il mondo trova nelle equazioni e nei numeri un solido appiglio alla realtà, alla ragione.
Maddy, la protagonista femminile, è una quacchera convinta che dapprincipio vede il duca solo come un essere da salvare, un incarico divino cui adempiere. La situazione prende risvolti inimmaginabili ma lei dimostra di essere una quacchera convinta, vera. A questo proposito mi viene in mente la protagonista del libro L’ultima fuggitiva di Tracy Chevalier: anche lei quacchera, ma una quacchera che si perde già davanti a nastri e cappellini. Proprio la fede di Maddy rende le cose difficili, ancor più complicate di quanto non siano.
L’abilità dell’autrice sta nel fatto di aver dipinto un personaggio maschile di spessore: Jervaulx ha una malattia, eppure il lettore non è spinto a provare pietà per lui, quanto piuttosto dispiacere. Il duca mantiene, nonostante la sofferenza e i soprusi, il proprio io vivo in un modo reale e credibile. Nell’ultima parte del libro, il rapporto tra il duca e Maddy ricorda un po’ il legame iniziale tra i due protagonisti di Magnifica preda di Kathleen Woodiwiss.
In definitiva un libro particolare ed emozionante, spesso toccante, da non perdere.
Valutazione: