di Michel Pelucchi
“In realtà non viviamo nel mondo, viviamo in una lingua: il solo fatto di maneggiare le idee ci fa sentire furbi;
e il poter dare definizioni ci fa credere di sapere cose, oppure le diamo per scontate.
Ma se vogliamo cambiare la nostra vita dobbiamo operare una mutazione mentale
aprendo le porte all’intuizione e alle energie creative,
considerando il nostro inconscio come un alleato.” (Jodorowsky)
L’idioma, tutti lo sanno, è la lingua parlata e scritta di una nazione, o di un popolo; ma la suggestione, in me almeno, prese corpo dalle seguenti righe… ultime del prologo che l’amato Borges dedica alla propria raccolta in versi: El oro de los tigres, L’oro delle tigri. Sta scritto e… per noi vale!
“Quanto alle influenze che si potranno scorgere in questo volume… In primo luogo gli scrittori che preferisco […]; poi, quelli che ho letto e ripeto; poi, quelli che non ho mai letto ma che sono in me. Una lingua è una tradizione, un modo di sentire la realtà, non un arbitrario repertorio di simboli.” (Borges)
Quello di cui ti avverto è un fatto, all’apparenza strano.
La parola, ciascuna delle parole che comunemente utilizziamo, prima ancora che le si conosca ad un livello semantico (di significato), quelle stesse hanno di per sé un suono, una vibrazione, un sentimento. E sebbene a noi la linguistica come analitica non interessa indagare, resta – come suggerito da Borges – che: l’insieme delle parole che compongono una lingua, l’insieme di quei suoni (acuto, grave ecc.) offre l’inciso costante di quel che in realtà siamo.
La figura del Poeta compare all’orizzonte come un diverso modo di avvertire noi stessi e gli altri, un modo fascinoso di trasmettere e comunicare.
Egli, con la poesia e la vibrazione che essa risveglia in noi lettori, ci fa intuire che principalmente:
comunichiamo sempre quel che di noi stessi avvertiamo, in termini di sentimento, emozione, impressione.1
Siamo noi a dare corpo, anima e colore alle parole. La Verità è dunque nostra – proprio come suggeriva Rimbaud – in un’Anima e in un Corpo.
Ciò detto si tratta di capire, che i nostri pensieri, le nostre intenzioni e frustrazioni, gioie e discordie, trovano nel gesto, nell’atto immediato, una trasparenza e assieme una fisicità che difficilmente potremmo riuscire poi a smentire, o ri-valutare. Siamo sempre e comunque rapiti o avviliti dal gesto, dall’Intenzione che scavalca le trame del pensiero, e a Sé (con Sé) ci destina.
La nostra parte in tutto questo – come più sopra abbiamo rilevato – è fondamentale.
“Ed ecco tutto il problema: avere dentro di sé la realtà inseparabile e la chiarezza materiale di un sentimento.”(Artaud)
Un modo di sentire appunto, che sia chiaro, cioè trasparente; e materiale, che abbia un corpo, che consista in qualcosa, in una fragranza, in una forma – fosse pure fantastica ma non irreale, illusoria. Non ci si deve illudere coi sentimenti. Mai. Per questo un grande maestro spirituale diceva:
“Cercare la soddisfazione attraverso la relazione significa essere in uno stato di paura, poiché la soddisfazione che dipende dalle relazioni è solamente gratificazione. La vera soddisfazione è invece uno stato di non-dipendenza. La dipendenza arreca sempre conflitto e opposizione e la libertà è la condizione necessaria alla felicità.” (Krishnamurti)
L’idioma – questo è un altro aspetto, quasi genetico, del problema – indica una relazione, una dipendenza “delle cose in generale” il cui strumento privilegiato, atavicamente presente in noi, è il linguaggio. Parole che nella loro costante interrelazione possono anche tradursi in un modo di sentire fiacco, imbastardito, depressivo, per questo illusoria macchia di quel che in verità siamo come individui.
Così, ogni autentico ricercatore, un Poeta ad esempio, sa che ogni lingua si trasforma assieme alle sue imperfezioni, con le disfunzioni che la caratterizzano.
Ogni idioma – da qui eravamo partiti – ha di per sé un carattere, il proprio modo di assecondare i deliri e le gioie del popolo che in esso, nel linguaggio, è posseduto.2
Trasformare queste “possessioni” in visioni chiare, palpitanti oltre il Velo e, per questo non più a dire:
“A quali gerarchie apparteniamo noi e in quali fauci …?” (Montale)
segnerebbe l’incertezza che scompagina l’individuo nel suo manifestare (comunicare) e manifestarsi. Nel suo “fare” e poi “disfare”.
Per questo la figura del Poeta è capace di rinunciare al linguaggio propedeutico che tutti abbiamo subìto; per questo modifica gli idiomi nazionali; per questo cita parole di altri (In primo luogo gli scrittori che preferisce…) che sono, a ben guardare, poco più in là delle nostre più recondite paure. Altri Poeti.
Vi sembra cosa di poco conto?
“Orsù uccidiamo lo spirito di gravità!
Ho imparato ad andare: da quel momento mi lascio correre. Ho imparato a volare: da quel momento non voglio essere più urtato per smuovermi.
Adesso sono lieve, adesso io volo, adesso vedo al di sotto di me, adesso è un dio a danzare, se io danzo.” (Nietzsche)
Sii poeta amico mio.
LIBERATE LA POESIA.
1 Ciò che nell’incarnato irradia verso l’esterno non è che l’uomo che si sperimenta come anima. Possiamo quindi dire: ciò che abbiamo davanti a noi nell’incarnato come colore è l’immagine dell’anima, veramente l’immagine dell’anima (Steiner).
2 Il linguaggio è la casa dell’essere. Nella sua dimora abita l’uomo. I pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora. Il loro vegliare è il portare a compimento la manifestatività dell’essere; essi, infatti, mediante il loro dire, la conducono al linguaggio e nel linguaggio la custodiscono (Heidegger).
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Michel Pelucchi
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Michel Pelucchi, scrive musica, poesie e saggi. Svolge un ruolo di ricerca indipendente in ambito metafisico, filosofico e letterario. Da queste discipline nasce il desiderio di suggerire ai suoi lettori un motivo di scoperta sempre nuova. Il che significa anche un’avanguardia multi-disciplinare che non può essere biecamente storicizzata ed inventariata. Tutto questo lo si ritrova nel blog TarocchiPensiero (http://tarocchipensiero.blogspot.it/). Dove la Tarologia assume i tratti di una feconda pratica itinerante del pensiero, una filosofia davvero indiscriminata.