E lo fa con una narrazione al contempo complessa e popolare, sfruttando i canali aperti dalla transmedialità, dilatando all’infinito l’orizzonte della partecipazione. La serie tv creata da J.J. Abrams e Damon Lindelof è a tal punto legata alla filosofia che alla filosofia non restano che due scelte. Spiare da dietro il buco della serratura il dispiegarsi di quello che è, a tutti gli effetti, un mondo. Oppure accantonare ogni falso pudore, ed esplorare l’Isola.
Simone Regazzoni sceglie questa seconda via, e s’imbarca a bordo del volo 815 col preciso intento di precipitare insieme a Jack, John, Kate, Hurley, Sayid, Sawyer. E a tutti i fan della serie. Accampato sulla spiaggia o perso nella foresta, l’autore apre botole, progetta mappe, sfida mostri e ridicolizza pregiudizi. Naufrago tra i naufraghi, decide di far abitare al discorso filosofico lo spazio dell’erranza. Qualcuno, certo, storcerà il naso. Ci vuole tempo per sentirsi perduti. L’Isola ce l’ha. La filosofia anche.
"Non c'è mondo, ci sono solo isole." Jacques Derrida
La filosofia può e deve occuparsi di serie TV. Proprio come si occupa di cinema e arte contemporanea... Ci sono opere d'arte visiva contemporanea che disertano musei, gallerie e vernissage per occupare i piccoli schermi: sono la new wave delle serie TV americane - nuova e interessantissima forma di pop art televisiva che ha la forza della grande narrazione. Ed è grande narrazione, come nel caso di Lost. Una narrazione al contempo sperimentale e popolare, che si espande su differenti piattaforme mediali. Una narrazione transmediale che non ha nulla da invidiare alle così dette opere di «cultura alta»."