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La finalina australe - Preview

Creato il 14 ottobre 2011 da Rightrugby
La finalina australe - Preview Le semifinali mondiali: finaline di due mini tornei disputati nei quarti, un Sei Nazioni d'élite da una parte (escluse le due da un decennio al fondo, Italia e Scozia) e l'anticipazione nuda e cruda del prossimo Quadri-Nations dall'altra.
Scopriamo oggi la seconda finalina, in onda domenica sempre dall'Eden Park; Australia - Nuova Zelanda, apparentemente scontata e prevedibile, nonostante l'ultimo incontro del 27 agosto scorso tra le due nazionali prima e seconda nel ranking mondiale fosse andato ai Wallabies. Non quello precedente, disputato appunto all'Eden Park il 6 agosto, dove nessuno batte gli All Blacks dalla metà degli anni '80.
Per l'occasione Graham Henry ripete la scelta del 27 agosto - perdente quella volta: niente tatticismi, All In, schiera il massimo che sente di avere a disposizione. Del resto devono affrontare una delle due sole squadre che li hanno sconfitti quest'anno (ironia della sorte, l'altra è il Sudafrica). Così ripesca dall'infermeria Israel Dagg e Richard Kahui che ottimamente s'eran portati nelle prime partite e fa stringere i denti (ma non c'è bisogno di incoraggiarlo) a Richie McCaw; all'apertura arriva l'inesperto a questi livelli Aaron Cruden, sette caps, una sola titolarizzazione poco convincente proprio contro l'Australia l'anno scorso, però giocatore in forma splendida nell'ultimo torneo Npc. In panchina torna dopo tanto tempo il poco amato Stephen Donald, già in partenza per l'Europa. Torna tra le riserve anche sensation Sonny Bill Williams. Eccetto apertura ed estremo ha giocato in tutti i ruoli dietro in questi mondiali, forse questa sua versatilità costituisce anche il deterrente a schierarlo titolare: un "tappabuchi" così quando ti ricapita? Confermatissimo in mediana Piri Weepu, emerso come leader in campo dei momenti più confusi e difficili, quando lo smarrimento incombeva, mentre il pack è quello confermatissimo sin dai tempi del Trinations - una volta chiarito che il pilone Crockett andava troppo oltre, per i regolamenti ancora vigenti e arbitri svegli.
Questi richiami un po' frettolosi tra i backs, Weepu leader inaspettato, Cruden "promosso" per il dopo Carter e Slade in mancanza d'alternative pronte: adeguamenti dopo una partita molto più faticata e  "ugly" di quel che s'è raccontato, il quarto contro l'Argentina. Non era la prima volta nel Mondiale che gli All Blacks andavano sotto nel punteggio, ma un conto è cinque minuti iniziali sullo 0-3 col Canada, un altro è trovarsi alla mezz'ora  6-7 coi Pumas e una meta nel groppone; anche in questo caso il recupero della leadership nel tabellino ha richiesto solo 5 minuti ma per il pareggio in termini di mete è stata necessaria un'ora abbondante di gioco. Alla fine tutto è andato come doveva, vittoria netta e sospiri di sollievo; ma nell'accigliato e iperteso camp neozelandese (vedi foto) un qualche retrogusto un po' agro è rimasto. In particolare nei riguardi di un reparto arretrato in cui il solo Cory Jane è riuscito a mettersi in evidenza. Tant'è che Jane a parte, il triangolo allargato è stato cambiato.
Il controllo delle operazioni dovrebbe rimanere saldamente nelle mani di Weepu, il che assicura una bella pressione offensiva. Ciononostante il gioco tattico rimarrà importante: pochi lo notano, ma gli All Blacks hanno usato il piede più dell'Argentina nei quarti. Una ulteriore responsabilità sulle spalle di Cruden.
A parte l'apertura, il vero problema degli All Blacks è quello di sempre, le aspettative e la pressione auto-inflitta. Peggio che mai in casa: questo abbraccio affettuoso ma morboso di tutta una nazione in armi ai suoi beniamini in a God's Mission, soffocante, quasi stile "Misery non deve morire".
Vedremo se ne sapranno uscire; per loro fortuna dispongono di una squadra dominante pressoché in ogni settore e anche se la pressione gli porta via un 15-30% di energie e lucidità, visti gli avversari rimasti (eliminato il Sudafrica, nessuna delle superstiti ha vinto tutte le partite) forse il molto che resta sarà sufficiente.
Che Australia sarà quella che gli All Blacks si troveranno di fronte? Quella aggressiva e asfissiante di Brisbane, quella dell'ultima volta ad Auckland il 6 agosto scorso, travolta in contropiede nel primo tempo (17-0), poi decollata nel secondo ma non abbastanza, o quella un po' annaspante vista nelle partite che contavano al Mondiale?
Tanto per cominciare Robbie Deans conferma i vincitori del Sudafrica, con dubbi residui per Kurtley Beale, ed è andata di lusso, vista l'intensità fisica di quella partita giocata in trincea.
Per quanto riguarda il gioco, inutile illudersi, il magic moment di fine agosto è passato e non torna. Per di più non siamo nel Queensland anzi, l'ostilità del pubblico nei confronti dei cugini è a livelli sudamericani; c'è anche un preciso target, il "traditore" Quade Cooper, che sinora sembra decisamente soffrire la situazione.
Sul lato positivo, la squadra ha mostrato capacità di tenuta fisica ed emotiva di gruppo che probabilmente non sapeva d'avere e nessuno mai aveva potuto testare a tali livelli, assieme a un paio di straordinarie prestazioni individuali, una sorprendente - la tranquilla maturità messa in mostra da James O'Connor - e l'altra in linea con le aspettative, quella di David Pocock. Pur agevolato assieme a tutta la difesa, va ribadito, dall'arbitraggio "lasco" di Bryce Lawrence, che doveva farsi perdonare certe SUE ammesse débacle nella partita con l'Irlanda (incredibile Irb: come si fa a mandar due volte lo stesso arbitro, sotto pressione dalla stampa, alla stessa squadra nei due incontri più importanti?).
E' chiaro che con gli All Blacks, farsi schiacciare nella propria metà campo è più che pericoloso, è certezza di sconfitta. Nella partita con gli Springboks gli Aussie son riusciti a tenere grazie a uno spirito indomito, ma anche all'assenza di fischi arbitrali: quattro punizioni fischiate contro in tutta la gara, un po' strano in una partita dove han fatto 150 placcaggi; anche l'Argentina riusciva a tenere per oltre un'ora le offensive All Blacks, peccato per i Pumas che ci fosse un arbitro in campo che concedeva penalty a raffica (quattro piazzati neozelandesi nel primo tempo e tre nel secondo, per un totale di 21 punti subiti e non solo sei).  Stavolta arbitra Joubert, sudafricano (la storia si ripete: lo stesso arbitro del 6 agosto, lì), uno che di punti d'incontro in stagione ne vede più d'uno e contrariamente a Lawrence sa che in una ruck formata non ci si può metter le mani dentro, per quanto uno sia in piedi.
Agli Australiani insomma serve qualcosa di più. Deans ha deciso che non è Berrick Barnes, il quale ogni volta che è stato chiamato, anche col Sudafrica, ha mostrato utile razionalità e gioco tattico sopraffino; si insiste con Quade, incrociando le dita speranzosi in una sua estrazione del coniglio dal cilindro prima o poi, dàndo alla cosa il nome nobile di "play the situation". Più di Quade, la preoccupazione di Deans dovrebbe essere l'appannamento di Will Genia, il vero alimentatore costante della squadra, che ha mostrato nell'ultima partita di soffrire la pressione difensiva avversa.
Basterà puntare il mirino su Cruden, presunto anello debole dello schieramento contrapposto? Tanto per cominciare, bisognerebbe conquistarsi regolarmente l'iniziativa: Cruden, Donald o chichessia, se si lascia agli All Blacks la possibilità di  volare negli spazi, prima o poi si soccombe, di piede o di mano, vedi Argentina. Sottrargli il possesso sarebbe poi solo l'inizio: il punto di forza dei Tutti Neri sono le ripartenze, con quei soprannumeri già predisposti in giro per il campo e i backs "visti" perfettamente da Weepu, in grado di improvvisare tagli da tutte le parti, tanto che da "All Backs" verrebbe da rinominarli "All Centres".
Unico vero punto debole dei Tutti Neri potrebbe essere anni e acciacchi di Re Leone McCaw: il maschio Alfa sottoposto alla pressione del giovane rhodesiano col suo stesso numero in maglia gialla, che pretende il suo posto. Robe epiche, da Kipling.
Ah, scordavamo di sottolinearlo: tre allenatori su quattro delle semifinaliste sono neozelandesi. Comunque vada sarà un successo per i Kiwis; a meno che uno nato a Dakar, Senegal, tal Marc Lievremont, non li freghi tutti in curva ...

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