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La fine dei medici

Creato il 11 aprile 2014 da Postpopuli @PostPopuli

 

Siamo alla ventottesima puntata della serie di articoli di Luca Moreno sulla storia di Firenze. Le immagini sono numerate in continuità con quelle del ventisettesimo articolo.

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La fine dei Medici

di Luca Moreno

 

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Figura 81: Gian Gastone dei Medici (da Wikipedia)

Quando, nel 1723 morì Cosimo III, Gian Gastone de’ Medici (1671-1737) (figura 81), ormai unico figlio maschio, inevitabilmente divenne Granduca di Toscana. Avvilito da tutti quegli anni di vita trascorsi a Reichstadt con Anna Maria Francesca di Sassonia Lauenburg, Gian Gastone dovette reggere un impegno al quale non era affatto preparato. Inoltre, il contesto familiare che si trovò ad affrontare era davvero preoccupante, perché dal suo matrimonio non era arrivato nessun figlio; e nessun figlio era neppure nato dal matrimonio del fratello Ferdinando con la moglie Violante di Baviera, la quale, nonostante il suo ottimo carattere, non era riuscita a strappare il marito alla sua vita dissipata. Infine, neanche Anna Maria Luisa riuscì a procreare; e, se anche l’avesse fatto, l’erede sarebbe giunto tramite la linea femminile, e ciò avrebbe sicuramente determinato qualche difficoltà per lui – vista l’ansia delle potenze straniere di impadronirsi della Toscana – a essere accettato come legittimo erede di Gian Gastone. Ad ogni modo, non esisteva nemmeno questa possibilità: nessun bimbo circolava per i corridoi di Palazzo Pitti (in figura 82: “L’Apoteosi dei Medici”. Gian Gastone è il bambino sul cavallo a sinistra).

Questa situazione si era peraltro già annunciata con ancora in vita il padre Cosimo III, che aveva tentato di rimediarvi combinando un assurdo matrimonio tra suo fratello, il Cardinale cinquantenne Francesco Maria dei Medici, con una fanciulla che aveva venticinque anni meno di lui: Eleonora Gonzaga Guastalla. Francesco Maria dovette rinunciare alla sua veste cardinalizia per cacciarsi in un’avventura dagli esiti disastrosi, perché la ragazza si rifiutò categoricamente di compiere il suo dovere di moglie; il Cardinale infatti era ormai un relitto, carico di adipe e ributtante a guardarsi, e oltretutto omosessuale; lei invece, una donna di grande bellezza. Solo un grande spirito di sacrificio, nel nome di una dinastia che stava morendo, avrebbe potuto convincere Eleonora a darsi a un uomo del genere. Cosimo III, vista fallire ogni speranza di avere un successore maschio, aveva anche tentato di aggirare l’ostacolo facendo promulgare dal Senato fiorentino un atto con cui veniva concesso alla figlia il diritto di salire sul trono di Toscana; salvo poi vederselo annullare, in quanto ritenuto viziato sia per contenuto che per forma. Insomma, erano stati esperiti tutti i tentativi, ma una e sola era la conclusione: la Dinastia dei Medici si era estinta.

 

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Figura 82: “L’Apoteosi dei Medici” (da Wikipedia)

Nel trattato di Londra del 1718, Impero, Francia, Inghilterra e Olanda decisero che alla scomparsa dell’ultimo della famiglia, cioè di Gian Gastone, la Toscana sarebbe passata a Don Carlo di Spagna, il figlio di Filippo V e di Elisabetta Farnese. Gian Gastone dal canto suo, nonostante all’inizio del suo regno avesse mostrato una volontà di riscatto, ben presto cadde nell’inerzia più totale, circondato da una losca compagnia di fedeli, gente infida, capeggiata da un certo Giuliano Dami, prima suo servitore, ora suo segretario con potere di dirigere le cose dello Stato. Ormai più niente restava dell’antica gloria; anzi, regnava il degrado. Lamentarsi dei Medici e della cattiva condotta degli ultimi Granduchi era molto alla moda, ma non risolveva certo il problema: la verità è che si stavano raccogliendo i frutti di tanti errori precedenti.

Sdegnosa e irritata contro il fratello, e ancora tutta tesa a tenere alto il nome dei Medici, si mostra invece l’ultima grande protagonista della storia di questa casata fiorentina: Anna Maria Luisa, l’Elettrice Palatina. Da quando è ritornata vedova a Firenze, vive a Pitti, dove si è circondata di pochi amici e di una corte raffinata, segno di un passato glorioso appena sufficiente a far apparire meno dolorosa la misera conclusione di una storia di altissimo livello culturale e politico. Mentre infatti Gian Gastone sprofondava nel ridicolo, nel patetico e nella sporcizia – negli ultimi tempi il Granduca passava le sue giornate in un letto dentro il quale avveniva di tutto e di più – le potenze straniere decidevano di cambiare cavallo, ben contento Don Carlo di andare a fare il Re di Napoli, nonostante avesse già fatto visita a Gian Gastone per prendersi una vista dei suoi possedimenti.

Questo cambiamento di rotta era avvenuto perché, conclusasi la guerra di successione polacca, Re Stanislao Leszczyński, depredato della Polonia, aveva ottenuto la Lorena, che apparteneva a Francesco Stefano, marito dell’Imperatrice d’Austria Maria Teresa d’Asburgo; comprenderete che occorreva compensare quest’ultimo e così si pensò di regalargli la Toscana.

Questa decisione segna la fine della storia dei Medici, iniziata almeno cinque secoli prima come semplici contadini del Mugello e diventati poi commercianti, banchieri, papi, granduchi. I Medici si sono legati a tutte le più importanti famiglie europee: gli Asburgo, i Valois, i Savoia, i Borboni di Francia, gli Stuart, i Gonzaga, i Della Rovere, i Farnese. Senza di loro, Firenze e la Toscana non potrebbero vantare i tesori che offrono all’ammirazione del pubblico mondiale; senza di loro, lo stesso Rinascimento non avrebbe assunto i caratteri intellettuali ed estetici che lo contraddistinguono. Se poi riflettiamo sulla capacità dimostrata da molti degli esponenti di questa famiglia nel governare lo Stato – prima ufficiosamente, poi assisi su un trono – sorge il dubbio che, se questa famiglia e non i Savoia avesse assunto il rango di Re d’Italia, forse l’Italia avrebbe conosciuto giorni assai più dignitosi; ma, come è noto, la Storia non si scrive con il condizionale. Accanto allo splendore della loro vicenda, resta quindi la mesta considerazione che, con la scomparsa dei Medici, una delle più belle regioni d’Italia venne ceduta come un oggetto a una dinastia straniera ed estranea allo spirito e alla grandezza italiana.

 

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Figura 83: Anna Maria Luisa dei Medici (da Wikipedia)

Prima di chiudere la vicenda medicea, credo sia giusto dedicare qualche riga ad Anna Maria Luisa, perché a questa donna tutti noi dobbiamo molto, per avere speso parte della sua vita allo scopo di far sì che Firenze potesse preservare e offrire alla vista del pubblico i tesori raccolti dalla sua famiglia. Anna Maria Luisa (o Ludovica) de’ Medici, Principessa Elettrice del Palatinato (1667 – 1743) (figura 83), seconda figlia del Granduca Cosimo III e della Principessa Margherita Luisa d’Orléans, nonostante fosse cresciuta priva dell’affetto materno, fu donna di grande equilibrio, consapevole del ruolo che i Medici si erano conquistati in quattro secoli di storia. Durante il suo matrimonio visse a Düsseldorf, capitale dell’Elettorato, che l’accolse affettuosamente, anche perché Anna Maria Luisa si dimostrò all’altezza del suo compito, collaborando con il marito in una serie di imprese che migliorarono le condizioni del loro piccolo Stato. Quando Giovanni Guglielmo morì – era il giugno del 1716 , l’Elettrice decise di tornare a Firenze, portando con sé alcune opere di pittori da lei prediletti, che arricchirono le Gallerie di Palazzo Pitti e degli Uffizi.

Abbiamo visto tutti i tentativi andati a vuoto per consentire ai Medici di avere una discendenza e per far dichiarare Anna Maria Luisa principessa regnante. Tuttavia, alla morte del fratello Gian Gastone nel 1737, il rappresentante lorenese, Principe di Craon, offrì ad Anna Maria Luisa la reggenza del Granducato in nome di Francesco Stefano di Lorena, nuovo sovrano; ma la principessa declinò l’offerta, pur rimanendo a vivere in Palazzo Pitti e dedicandosi alla sua passione per l’arte e l’antiquariato. Donna di grande cultura, fu proprio questa passione a farle compiere il gesto per cui è rimasta famosa, e che fu la vera fortuna di Firenze: nel 1737 Anna Maria Luisa stipulò infatti con la nuova dinastia il cosiddetto Patto di Famiglia, che stabiliva che i Lorena non potessero trasportare o portare fuori della Capitale e dello Stato gallerie, quadri, statue, biblioteche, gioie ed altre cose preziose… affinché esse rimanessero per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei forestieri. In virtù di questo Patto, Firenze non perse le sue opere d’arte e non subì la sorte di Mantova o di Urbino, che all’estinzione della casata dei Gonzaga e dei Della Rovere, erano state letteralmente svuotate dei loro tesori artistici e culturali.

Occorre però essere chiari su un punto fondamentale: sotto l’aspetto puramente istituzionale, lo Stato di Toscana appartiene ormai ai Lorena; in questo senso i Medici non hanno più nessun ruolo pubblico. Il Patto, cioè, si preoccupava esclusivamente di far sì che i beni privati non si disperdessero e rimanessero pertinenze inalienabili della città di Firenze. Anche se è giusto ricordare che non tutte le clausole furono rispettate. In particolare, oltre agli argenti e ai gioielli, ciò che subì i danni maggiori fu il guardaroba mediceo, in parte venduto alla spicciolata e male usato. Molti abiti preziosi furono disfatti per vendere le perle che li adornavano; furono sacrificati velluti, pizzi, broccati, damaschi, calze di seta trapunte in oro e scarpe di finissima fattura, e furono anche, in seguito, alienate gioie e ricche collezioni d’argenti. Però si salvarono le grandi raccolte degli Uffizi, di Palazzo Pitti e del Museo etrusco-egiziano, insieme a tutte quelle opere che si trovavano ancora nelle residenze private dei Medici.

Quando il Patto di Famiglia fu firmato dai rappresentanti delle due parti a Vienna, il 31 ottobre 1737, Gian Gastone era appena morto (9 luglio). La Principessa Anna Maria Luisa morirà sei anni dopo, nel 1743. Erano i giorni del Carnevale. Poiché furono sospese tutte le feste in corso, chiuso ogni teatro, proibite mascherate e raduni, i fiorentini si lamentarono che fosse stata sciupata la loro festa, a causa di quel lutto. La notte del 21 febbraio suonarono per ore tutte le campane delle chiese cittadine, ed all’una – sempre della stessa notte – il corpo della Principessa fu posto su un catafalco sistemato sulla sua carrozza, tirata da sei cavalli neri. Gentiluomini di Corte, gendarmeria a cavallo e gran seguito di popolo seguirono il corteo funebre, che compì un ampio giro per le vie di Firenze, per arrivare, dopo circa due ore, a San Lorenzo, proprio in quel luogo in cui aveva avuto inizio la meravigliosa avventura di questa grande famiglia italiana.

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