Sono passati la bellezza di 14 anni da quando fu pubblicato nel 1999 il Cluetrain Manifesto, insieme di 95 tesi organizzato e presentato come un manifesto, o meglio come invito all’azione, per tutte le imprese a comprendere ed adattarsi nelle pratiche alle nuove dinamiche rese possibili, facilitate da Internet.
Da allora ad oggi la penetrazione di Internet è cresciuta a ritmi vertiginosi arrivando agli attuali oltre due miliardi di persone che nel mondo utilizzano la Rete. Gli sviluppi della tecnologia hanno reso questo ultimo decennio come il più rapido della storia dell’uomo per rapidità di cambiamenti ed evoluzioni.
Il messaggio fondamentale del Clutrain Manifesto è contenuto nella prima delle 95 tesi, la più celebre e la meno compresa: “i mercati sono conversazioni”, affermazione tesa a sottolineare come Internet rispetto agli altri media consenta alle persone di avere, appunto, delle conversazioni di tipo “uomo a uomo” che trasformano, sovvertono in modo radicale le pratiche aziendali e commerciali tradizionali.
Paradossalmente è proprio il mondo dei media che meno di altri ha compreso la portata del cambiamento e non a caso ne sta pagando le conseguenze in maniera più profonda rispetto ad altri comparti, ad altri settori.
Nella pratica si continua prevalentemente, ad esclusione di rarissime eccezioni o virtuosismi tanto sporadici quanto inefficaci, a perseguire logiche di relazione e modelli di business tradizionali cercando, nella migliore delle ipotesi, di adattarli al nuovo scenario. Il risultato è quello che da tempo ho battezzato come il dilemma del prigioniero.
I termini chiave, da scolpire definitivamente nella mente, sono: conversazione e persone. Parole che sono opposte a target ed audience. Non è ovviamente una questione semantica è una questione di logiche, di approccio strategico per usare una parola tristemente abusata.
In particolare per quei gruppi di individui, per quelle fasce della popolazione che costituiscono la massa intelligente, e che rappresentano anche un pubblico interessante per le imprese che investono in comunicazione, le logiche del passato hanno sempre minor senso. E’ la fine del target, e per i media dell’audience, c’è la persona, l’essere umano con i suoi interessi.
Come trasformare tutto questo in una fonte di ricavo per i giornali online sembrano averlo ben compreso, ad esempio, al «The Texas Tribune» che infatti è profittevole.
La testata statunitense dimostra che un giornalismo senza pubblicità è possibile e che la morte dell’audience e la nascita di una comunità crea valore. La lettura delle notizie viene mantenuta gratuita ma esistono diversi livelli di membership – dalla modesta somma di 10 $ sino a quella di 5000 – che danno diritto a una crescente serie di benefits per le persone a seconda dell’esborso.
Idea di community opposta a audience che veniva già proposta come possibile modello dalla Nieman Foundation for Journalism at Harvard, che il caso del «The Texas Tribune» dimostra essere possibile, alla quale, a mio parere, soprattutto i giornali di opinione, ma anche i quotidiani locali che fanno del senso di appartenenza alla comunità la loro ragione d’essere, dovrebbero riflettere con attenzione.