Le parole pronunciate ieri dal Presidente del Consiglio del governo italiano segna, laddove ce ne fosse ancora bisogno, il sigillo della fine della democrazia in Italia.
Pronti a sborsare più di 300 milioni di euro per spostare i referendum a dopo le elezioni amministrative cercando di minarne il quorum, ci si avvale adesso dell’art. 39 della legge 352/1970 che prevede che “se prima della data dello svolgimento del referendum, la legge, o l’atto avente forza di legge, o le singole disposizioni di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, l’Ufficio centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative non hanno più corso“. E’ sufficiente una moratoria di un annetto o due per evitare che il popolo italiano decida di NON avvalersi di un’energia pericolosa come quella nucleare. Che il governo dovesse trovare una via d’uscita all’empasse in cui si era ritrovato all’indomani della tragedia della centrale giapponese di Fukushima, era risaputo. Ma che si trovasse un’escamotage per far saltare il referendum e rimandare di qualche tempo i l’inizio dei lavori e che lo si dichiarasse così apertamente è tutt’altro paio di maniche. I cittadini sarebbero troppo sconvolti emotivamente dai nefasti avvenimenti e quindi impreparati ad affrontare serenamente la questione. Quindi meglio rimandare tutto a quando le acque si saranno calmate.
Qualcuno si è indignato (i soliti), ma forse non basta più. Il limite è stato passato tempo fa. La gente oramai segue la politica come segue il Grande Fratello o L’isola dei Famosi: ci butti un occhio per curiosità, tifi per uno o per l’altro, così per partito preso, ma alla fine non ti interessa un granchè di quello che succede.
State buoni, se potete… Fortunatamente il cittadino italiano può dormire sonni tranquilli visto che al governo siedono persone responsabili e dotate di buon senso. D’altronde se sono lì è perché la maggioranza li ha votati… Ma non è che anche in quell’occasione i cittadini non erano abbastanza savi per affrontare la questione e ne è nato un pastrocchio. Boh!
Il referendum potrebbe essere ancora salvato dalla Cassazione che potrebbe applicare la sentenza 68 del 1978 della Corte costituzionale secondo la quale “una nuova legge non provoca l’annullamento automatico del referendum, ma può impedirne lo svolgimento solo se abbandona i principi ispiratori della disciplina preesistente che si vuole abrogare”. Ma non è questo il punto. La questione è che viviamo in un paese che sembra non applicare più quei principi democratici di cui si riempie la bocca quando va ad imporla con le armi in giro per il mondo.