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La fine della strada di Barth

Creato il 15 luglio 2011 da Mdalcin @marcodalcin

La fine della strada di BarthAnche se si discosta leggermente dal concetto di Free Writing puramente inteso, voglio consigliare un libro, che ho terminato di leggere da poco: “La fine della Strada” di John Barth, uno dei padri della letteratura post moderna americana. Ci tengo subito a precisare che in questo libro mancano tutti gli artifici tipici di questo movimento letterario. La fine della strada è più di impostazione classica, per quanto, in contro luce, già si possono intravedere i germi di quella che sarà la cifra stilistica di questo grande autore. Consiglio il libro per la sua eleganza, la scorrevolezza, la sua intelligenza e il perfetto equilibrio tra le raffinate considerazioni filosofiche e la trama, che comunque funziona ed è avvincente. Non è facile trovare entrambi gli elementi in un unico libro. Come ho avuto modo di affermare più volte, non considero la trama essenziale, soprattutto se in nome di questa  l’autore sacrifica qualsiasi altro elemento. Non mi piaccciono i libri di pura trama perché in realtà quasi mai mi stupiscono, si riducono nella stragrande maggioranza dei casi in meccanismi narrativi scontati. Quello che fa la differenza e rende il libro unico è la voce dell’autore, il suo punto di vista. In questo consiste la sua originalità. in John Barth la trama esiste. L’autore ci ha lavorato, si capisce, ma non è centrale. E’ strumentale alla creazione di un’ opera d’arte: il suo romanzo appunto, un insieme di elementi che funzionano bene tra loro.

Lo stile di scrittura è misurato, pensato, nessun flusso di coscenza che va a scandagliare gli anfratti più reconditi della nostra mente, ma comunuqe  il libro contiene molto elementi di straniamento. Come diceva giustamente un critico in tv, di cui non ricordo il nome, “quello che rimprovero ai giallisti italiani è l’ assenza assoluta dell’elemeno straniante,  essenziale nella letteratura. E’ come se i giallisti italiani fossero degli alunni molti disciplinati che fanno bene il loro compitino, ma alla fine della lettura, manca sempre qualcosa… il sogno, l’ inaspettato, lo straniamento” Ecco, questo non succede nel libro di John Barth. Bastino due scene a rappresentarlo. Nella prima, il protagonista, il professore Jacob Horner, una sera si siede su una panchina e si paralizza. Non riesce più a trovare motivazioni valide per alzarsi. Gli capita uno di quei momenti che tutti hanno vissuto nella propria vita: la perdita di senso. Improvvisamente nulla ha più senso. A tal punto, che non trova più ragioni per alzarsi e continuare la vita di ogni giorno. Passerà l’intera notte su quella panchina, come un barbone. Questo si, che è straniante, vero? Altro esempio: Jacob con la giovane amante, mentre rientrano a casa di lei, una sera, vedendo la luce della camera del marito accesa,  propone alla ragazza di spiare il marito, perché, le spiega, lui adora guardare le persone che credono di essere sole e “non osservate”. Sporgendosi alla finestra vedono il marito, un prestigioso professore universitario, marciare in camera sua e provare passi militari. La moglie era completamente all’oscuro di questa passione dell’uomo per le parate militari… e questo? Non è straniante?

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